PASQUA A GERUSALEMME. L’impercettibile sussurro della pace

martedì, 22 Aprile, 2025
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Nel giorno della morte del papa, la cui benedizione pasquale urbi et orbi è un testamento e un lascito, riassunto in quel sussurro uscito a fatica dalle sue labbra, (qui il video),  riprendiamo l’articolo uscito sul “manifesto” il giorno di Pasqua,  20 aprile 2025, che un simile, impercettibile sussurro di pace inseguiva.  Mentre l’accesso a San Sepolcro veniva interdetto ai cristiani palestinesi provenienti da fuori città vecchia. Mentre a Gaza almeno 41 palestinesi venivano massacrati in questa pasqua ebraica di morte, e 595 bambini nell’ultimo mese. (Vedi qui l’articolo contemporaneo di Eliana Riva). 

“Oh Gerusalemme che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono inviati….” (Marco,23,47). Mi balla in testa il versetto del Vangelo, mentre arranco fra la folla della Città vecchia, nel tentativo di salire alla Spianata delle Moschee, il luogo più tragico di Gerusalemme, perché è da qui che parte ogni svolta sanguinaria nell’escalation della violenza israeliana, come, nel 1967,  la distruzione dell’intero quartiere palestinese adiacente al Muro del Pianto e appena sottostante al Duomo della Roccia, o la famosa passeggiata di Sharon che scatenò la Seconda Intifada nel 2000, a coronamento di dieci anni di violazione degli Accordi di Oslo, con la ripresa sempre più massiccia degli insediamenti in Cisgiordania. O le ripetute, altrettanto provocatorie passeggiate di Ben Gvir in questi nostri anni tremendi, per non parlare delle irruzioni poliziesche dentro la stessa moschea di Al-Aqsa, “La Lontana”, così sacra all’Islam dell’intero Medio Oriente. Ma cosa avranno da festeggiare qui, davanti a questo Muro dove nessuno piange, mi chiedo assistendo perplessa all’ennesima fragorosa danza di una folla di famiglie in abiti tradizionali, i maschi coi cernecchi e i filatteri, le donne coi turbanti e i parrucconi, e le loro tribù di scatenati bambini…Certo, la settimana della Pasqua ebraica, che quest’anno coincide con la nostra, anzi con quella di tutte le confessioni cristiane, che sono tante quante le chiese di Gerusalemme.

Ma quale Pasqua di resurrezione, con le notizie che arrivano ogni mattina da Gaza e dalla Cisgiordania! Forse se c’è un tempo per capire quale abisso di disperazione ruppe i residui argini della civiltà greca e romana è questo nostro. Forse anche allora ci fu una resa incondizionata della mente al nulla, nel brivido dell’impotenza accertata della nostra ragione a fermare l’illimitata gratuità del male – della ferocia, dell’idiozia, della volontà di dominio – e della viltà. Come cedendo di schianto l’orgoglio dell’humanitas s’inginocchiò alla vittima, e nel grido di sconforto di un uomo nudo, spogliato di ogni potere, mentre viene ucciso – sospettò essere l’estrema e più alta parola divina, la sola libera dalla menzogna, la sola a non nominare invano il dio. “Quando non una eco/risponde/al suo alto grido/e a stento il Nulla/ dà forma/alla tua assenza”. Lo scrisse padre Davide Turoldo. E quarant’anni prima, in pieno sterminio, Edith Stein gettava la spugna della ragione: “Il mondo è in fiamme….la volontà umana è cieca…incapace di trovare la sua via”.

Che paradosso, allora, che la Terra Santa – santa, non sacra, perché luogo non separato del divino, luogo terreno di nascita e morte – sia un’invenzione d’epoca costantiniana, l’epoca in cui la religione diventa lo strumento dei regni. Da allora Gerusalemme è una vetrina di regni lontani, anche se mai lo è stata quanto oggi: salendo per gli spalti della Cittadella e della cosiddetta Torre di Davide, in realtà fortificazione eretta da Erode il Grande, che amministra il regno di Giuda per conto di Roma nel I secolo a.C., si ha una perfetta immagine di cosa sia prosperare all’ombra di un impero lontano. Del resto alla fine della “storia di Israele” che viene illustrata dentro la stessa Cittadella a partire addirittura da Davide (X secolo) assistiamo alla proclamazione di Gerusalemme “capitale unica e indivisa dello Stato di Israele”, nel 1980, senza la minima menzione dell’opposto parere dell’Onu, quindi del resto del mondo. Impossibile senza il sostegno imperiale degli USA.

E allora cosa resta della festa pasquale? Mah, lo sapranno quelle famiglie coi figli e i cernecchi e i filatteri, che danzano imperterriti sotto lo sguardo vuoto dei soldati armati fino ai denti, a presidio dei checkpoint verso la Spianata. Qui solo il soffio, tenue fino ad essere impercettibile, di una speranza si sta propagando, diciamo così, fra “il resto di Israele”, che non sai di quante persone sia fatto, perché non ha risonanza, appena se ne trova traccia sul web. Però si trova. È una rete di associazioni di pace – spesso israelo-palestinesi – che ne raccoglie da 50 a 160 a seconda di chi te lo racconta, e prende nome “It’s Time 4 Peace” (https://www.timeisnow.co.il/english). Stanno organizzando un vertice di pace dal basso, proprio qui, a Gerusalemme, per l’8 e il 9 maggio. Riverberata sul sito di Pressenza, è reperibile la lista in fieri di tutte queste associazioni. Me ne parla Nivine Sandouka, che incontro nello spazio Re:Street, un luogo di incontri creato nello spirito del Jerusalem Model, ovvero l’idea di una società civile animata da generazioni nuove, capaci di rompere le catene delle narrazioni contrapposte, e di operare con una certa dose di pragmatismo, e molte iniziative di emancipazione economica, sociale e culturale, verso una giustizia riconciliativa e riparatrice. Nivine, splendida quarantenne palestinese, con una straordinaria carriera di Advocacy dei diritti e della democrazia, è oggi Direttrice Regionale dell’Alliance for Middle East Pace, un gruppo di un centinaio di Ong finanziato in parte dall’USAID, il fondo, appunto, che Trump ha chiuso. Ma non basta a fermarla neppure per un attimo. Sono addirittura riusciti a proiettare qui No Other Land, nonostante sia proibito nelle sale israeliane. Ci vorrebbe un libro per raccontare la sua energia, la sua luce.

Poi apri il cellulare e vedi gli aggiornamenti su Gaza e Cisgiordania. E Libano. E ti capita di rientrare in Città vecchia dalla Porta dei Leoni. Da lì si può avere la visione della sola Pace Perpetua offerta a Gerusalemme. Già in ombra, affollatissimo di pietre e scritte, il cimitero arabo. Sullo sfondo, in piena luce, sulle pendici del Monte degli Ulivi, a perdita d’occhio, il cimitero ebraico. Che incombe sulla valle di Giosafat, dove l’Eterno giudicherà le vite, alla fine dei tempi.

 

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