La verità in primo luogo. Chi è antisemita?

mercoledì, 15 Novembre, 2023
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Come scrive Moni Ovadia, L’uso strumentale della Shoà per fare propaganda menzognera, è osceno, ignobile, vergognoso. (Vedi qui uno dei suoi interventi sul tema: https://frammentivocalimo.blogspot.com/2023/11/moni-ovadia-lorrore-dellantisemitismo-e.html.) E’ certamente vergognoso accusare di antisemitismo chi  chiede la fine dell’occupazione – e quindi sì, la liberazione della Palestina dal Giordano al mare, perché la fine dell’occupazione e della segregazione, dell’assenza o della disparità di diritti per i palestinesi ovunque si trovino, è questo: a prescindere dalle forme statuali che la fine dell’occupazione potrà prendere. Oggi però questo ricatto è il veleno che ha paralizzato – con il loro consenso – le leadership occidentali e il grosso dei loro media, soffocando addirittura la voce del Segretario Generale dell’ONU, il solo, col papa, a chiedere fin dall’inizio il CESSATE IL FUOCO.

E SE VOLETE VEDERE IL FUOCO OGGI, ECCO IL REPORT DEL NEW YORK TIMES, 14 febbraio. SE QUESTI SONO UOMINI. https://www.nytimes.com/2023/11/14/world/middleeast/israel-gaza-al-shifa-hospital.html?smid=nytcore-android-share&fbclid=IwAR3ljwCKJpOeD4kga-DpPAeGkOj7a5fS4alb-VPvDamwKnfr5o9Gl9l3umg

Chi ha ridotto Gaza a un inferno indicibile ha per sempre sfigurato  l’umanità anche in noi, in noi comunità internazionale e Unione europea, che non abbiamo saputo fermare questa Nakba, più violenta ancora della prima: ma anche la Nakba quotidiana,  la pulizia etnica che non si è mai arrestata un solo giorno nei Territori Occupati e a Gersusalemme est. L’articolo che riproduciamo qui in versione integrale  (uscito ieri 14 novembre sul Manifesto: https://ilmanifesto.it/antisemitismo-confondere-e-dimenticare ) apre una questione che ha radici profonde nella relativizzazione del male “assoluto”, la Shoa: la sua politicizzazione, la sua strumentalizzazione, atroce quanto il suo fine, che è oggi sotto gli occhi del mondo. Chi è “antisemita” in questo confronto? 

«La verité d’abord». E’ in questa frase l’alfa e l’omega  della lettera aperta al presidente della Repubblica francese che  Émile Zola  pubblicò il 13 gennaio 1898 sul quotidiano di Parigi «L’Aurore», che denunciava dietro l’Affaire Dreyfus “l’odioso antisemitismo di cui la grande Francia liberale dei diritti dell’uomo morirà, se non ne guarisce”. “Se insisto – ribadisce Zola – è che l’uovo è qui, dal quale uscirà poi il vero delitto, la spaventosa negazione di giustizia di cui la Francia è malata”.

Certo il confronto è un po’ impietoso. Ma “la verità prima di tutto” non pare l’urgenza più intima che ispira a Paolo Mieli il suo più recente “allarme antisemitismo” (Gli sfregi contro gli ebrei e i silenzi di troppa sinistra, Corriere della sera 13 novembre). Mentre ai tempi di Dreyfus, argomenta Mieli, “gli stendardi dell’odio contro gli ebrei erano ben saldi nelle mani della destra” oggi “in tutti i paesi d’Europa l’asta di quelle bandiere è impugnata da mani di sinistra”. Ecco: i dati del Rapporto sugli incidenti antisemiti registrati nell’Ue negli ultimi tempi, a cura dell’Agenzia dell’Ue per i Diritti fondamentali sono tanto massicciamente a sfavore di questa tesi (per intenderci, invariabilmente a un ordine di alcune migliaia di “incidenti” con “motivazione politica di destra” corrisponde nella tabella relativa alla “sinistra” una cifra di alcune decine) – che bisognerà intendere questo allarme riferito non tanto alla crescita degli effettivi, inquietanti episodi di antisemitismo che si sono verificati in Europa, quanto alle grandi manifestazioni europee (e americane) contro l’eccidio dei civili palestinesi a Gaza, e più in generale contro la “soffocante occupazione” che il Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres aveva denunciato, a Gaza come negli altri territori, dove i palestinesi per 56 anni “hanno visto la loro terra costantemente divorata dagli insediamenti e piagata dalla violenza; la loro economia soffocata; la loro gente fu sfollata e le case demolite”. E’ ben noto che il gentiluomo portoghese, proprio per questo, era stato investito da un coro di accuse di antisemitismo, nonostante avesse introdotto e concluso queste sue parole con la “condanna inequivoca” degli “inauditi e orripilanti atti di terrore compiuti da Hamas”, che “nulla può giustificare”. Mieli fu fra i suoi accusatori: l’”onda antisemita” dalle proporzioni preoccupanti che, scriveva 25 ottobre scorso, si è levata nel mondo intero, “ha trovato eco addirittura al vertice delle Nazioni Unite”.

E allora diventa chiaro che “l’asta delle bandiere” dell’antisemitismo “impugnata da mani di sinistra” è fuor di metafora, in questa sconcertante identificazione, l’asta delle bandiere palestinesi, che hanno indubbiamente sventolato su tutte le piazze d’Europa, mentre si chiedeva il cessate il fuoco, la fine della carneficina, la liberazione degli ostaggi. Vorrei fare due considerazioni. La prima è che c’è voluto ben poco ad assolvere gli eredi politici dei partiti fascisti d’Europa dall’antisemitismo che bevvero col latte: è bastato un abbraccio a Netanyhau, o il sostegno gridato a una politica di “autodifesa” che non ne vuole sapere dei principi di distinzione e proporzione, dei vincoli insomma che distinguono l’umanità civile dal fondo arcaico e ferino che ribolle in noi sotto le leggi che ci siamo dati. Come mai? La seconda considerazione riguarda un fenomeno molto più grave. C’è un’evidente e colpevole identificazione di antisemitismo e critica di quel versante del sionismo politico, anche liberal, purtroppo, che da più di mezzo secolo seppellisce nel buio della rimozione, in Israele e in tutto il cosiddetto occidente, lo stesso semplice fatto menzionato da Guterres. Con parole di Edward Said: “C’è una semplice verità: che sino al 1948 vi è stata un’entità chiamata Palestina e che lo stato ebraico deve la sua esistenza alla sua soppressione”. Una frase il cui senso va attentamente calibrato. In termini di tabelle, si traduce semplicemente nel fatto che 5 milioni di palestinesi sono classificati come “rifugiati” dalle Nazioni Unite. In termini di verità morale, invece, non dice affatto che Israele non dovrebbe esistere, ma interroga la forma in cui esiste, in primo luogo la ferocia del trattamento riservato ai palestinesi di Cisgiordania, Gersusalemme Est e – non certo da ora – Gaza; in secondo luogo la feroce disparità di diritti in vigore anche all’interno dei suoi virtuali (mai costituzionalmente definiti) confini. Disparità fra gli israeliani (ebrei) che godono e quelli che non godono dei “diritti nazionali” (tutti gli israeliani non ebrei): e basta viverci da palestinese, per sapere cosa comporta il non godimento dei diritti “nazionali”, anche dentro quegli incerti confini.

Perché a proposito di antisemitismo: se lo equiparate alla critica del sionismo politico nei suoi aspetti più “attuali”, sproporzione e indistinzione fra miliziani e civili comprese, voi fate di questa politica l’essenza dell’anima ebraica! E quindi la vera domanda è: E’ forse nella natura dello stato di Israele discriminare al suo interno categorie di cittadini, e all’esterno espandere sempre di più l’occupazione illegale di terre non sue? Ecco: uno si aspetterebbe che la risposta non antisemita sia: no certo! E come si può inchiodare l’ebraicità a una particolare dottrina politica e a una particolare pratica di esercizio del potere statuale? Quando sono più numerose, nella cultura ebraica, le dottrine, politiche e no, che le menti, per non parlare dei cittadini israeliani che ancora si oppongono  alla legge dello stato nazione approvata nel 2018, in seguito alla quale Netanyhau potè veridicamente dire che “Lo stato di Israele non è lo stato di tutti i suoi cittadini ma del popolo ebraico esclusivamente”? A proposito di quelle bandiere di una nazione negata, forse Paolo Mieli potrebbe mandare copia dei suoi articoli a tutte le associazioni che in Israele combattono questo regime. Ai tanti uomini e donne di buona volontà, a organizzazioni come B’tselem, Breaking the Silence, Jewish Voice for Peace, a molti editorialisti  di Haaretz e del Jerusalem Post, a tutti quelli che hanno tentato di spezzare con le armi della ragione e della giustizia le radici di Hamas nei disperati sottofondi di Gaza.  Tutti antisemiti?

 

 

 

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