Riprendiamo qui una rilettura del Discorso di Ursula Von der Leyen sullo Stato dell’Unione (13 settembre), proposta sullo sfondo del discorso tenuto a pochi giorni di distanza da Antonio Guterres, Segretario Generale dell’Onu, in apertura dell’Assemblea Generale Annuale delle Nazioni Unite. Un discorso apparentemente ben più consapevole dell’immenso rischio che l’umanità (e non solo quella europea) sta correndo.
La signora degli equilibri e le buone pratiche della Bulgaria
di Roberta De Monticelli, Il Manifesto, 24 settembre 2023 (titolo redazionale: L’ipocrita equilibrismo europeo)
Vale la pena riprendere il discorso sullo stato dell’Unione letto qualche giorno fa da Ursula von der Leyen, la signora degli equilibri. Ricordando che ci fu una stagione straordinaria, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, in cui le persone parvero improvvisamente risvegliarsi alla coscienza della fragilità dell’umano e le potenze vincitrici riuscirono nel miracolo di realizzare una parziale incarnazione normativa della ragione pratica. Nacque allora il costituzionalismo globale, la cui più limpida espressione è l’articolo 1 della Carta dell’Onu (1945), che istituisce il primato del diritto internazionale sulle sovranità nazionali relativamente almeno a due obblighi: l’obbligo di rispettare e implementare i diritti umani, e quello di ripudiare la guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti internazionali. La preoccupazione per un’umanità al bivio reggeva le fila anche dell’annuale discorso all’Assemblea generale dell’Onu che il segretario generale Guterres ha tenuto il 20 settembre scorso. O si riforma, l’Onu, per poter conferire efficacia normativa a quei due obblighi più forti di ogni sovranità, che visti nella loro idealità rivelano il profilo personalistico (diritti umani) e quello cosmopolitico (ripudio della guerra) del costituzionalismo globale, oppure va in pezzi, e quello che ne seguirà per l’umanità sarebbe meglio non doverlo soffrire.
Così dunque fa una strana impressione, sullo sfondo di queste considerazioni, riprendere lo stato dell’Unione della presidente della Commissione europea von der Leyen. Con il suo appello iniziale ai padri fondatori e «alla visione di coloro che sognarono un futuro migliore, dopo la Seconda guerra mondiale». Quindi esattamente a quei due principi ed obblighi, pilastri ideali di tutti quelli che seguono nella carta dei diritti dell’Unione europea. Tanto per fare un esempio: il diritto d’asilo, l’articolo 18, o il diritto alla protezione in caso di allontanamento, di espulsione e di estradizione, l’articolo 19 che così recita: «1. Le espulsioni collettive sono vietate; 2. Nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti».
Dunque von der Leyen, ancorché non un fremito smuova il suo inossidabile sorriso, parte con un riferimento alla Storia che chiama ancora una volta l’Europa e sembra così promettere bene. Chi ben comincia… Poi, man mano che i capoversi si succedono e il sorriso si fa sempre più scintillante, la lieve inquietudine di chi riascolta si trasforma gradualmente in uno straniamento sempre più totale. Il 90% del suo programma «verde, digitale e geopolitico» è realizzato. Come avevamo fatto a non accorgercene, distratti dalle apocalissi d’acqua e di fuoco? La lieve incongruenza di quell’aggettivo, «geopolitico», accanto agli altri due rivela il punto: significa che abbiamo quadrato il cerchio e alimentato anche la guerra e la produzione di munizioni a ritmi furibondi (qualcuno ricorda il famoso Asap, Act in support of ammunition production?). E lo abbiamo fatto con i fondi del Pnrr, che nel nostro paese peraltro servono particolarmente bene la devastazione olimpica (dunque sostenibile) delle Dolomiti e delle Alpi Retiche. Però che addirittura il finanziamento pubblico europeo delle industrie private nazionali degli armamenti e il riarmo à la carte dei singoli stati sovrani ci venga presentato come inizio di costruzione di una difesa e politica estera comune…niente, il sorriso non fa una piega.
Riascoltando von der Leyen, si sente che il tedesco le viene più spontaneo per parlare delle grandi foreste e delle zone umide d’Europa, che sembrano una parte cospicua delle promesse mantenute. Mentre il francese, lingua cortese, si presta meglio a parlare di migrazioni. Qui però veramente quel sorriso ti fa sobbalzare. Il nuovo patto sulla migrazione e sull’asilo! Ecco come ce lo spiega: «Abbiamo trovato un nuovo equilibrio fra la protezione delle frontiere e la protezione delle persone». Già, con gli accordi e i soldi al despota turco e a quello tunisino, ultimamente il secondo, più bravo a regolare l’apertura e la chiusura dei suoi campi di concentramento o gli sfollamenti nel deserto. «Fra sovranità e solidarietà», «fra sicurezza e umanità». Quanti equilibri nuovi! Europa giocoliera, che scalcia via sorridendo gli articoli 18 e 19 della sua Carta. Altro che proibire i respingimenti: c’è perfino un ringraziamento particolare per la Bulgaria e le sue «buone pratiche». Quali, di grazia? Usare i cani per sbranare i clandestini alle frontiere? «Abbiamo ascoltato tutti gli stati membri». Ah, senza dubbio. Ti tornano in mente le due signore bionde, una più giovane, che passeggiano fra la folla. A Lampedusa.
Qui il Discorso sullo Stato dell’Unione.
A questo link si può trovare ulteriore informazione sulla resistenza del Parlamento europeo alle pulsioni dei governi nazionali e agli equilibrismi della Commissione : https://www.euractiv.com/section/migration/news/eu-ministers-set-to-approve-controversial-border-control-powers-on-asylum-cases/?utm_source=Euractiv&utm_campaign=466964f8ea-RSS_DAILYUPDATE_EN&utm_medium=email&utm_term=0_24f4b280c0-b00d8877da-%5BLIST_EMAIL_ID%5D
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