Oggi è domenica, e la parola ha un senso nel suo chiaro latino. Ripresa qui volutamente oggi, e tardi, a polemiche politiche sul “funerale dello Stato” scadute, questa lettera aperta (uscita sul Manifesto del 16 giugno 2023), non è se non per accidens sul defunto onorato dalla cerimonia funebre: per essenza è sul senso della parola “Dio”, credenti o non credenti che si sia, purché non indifferenti al senso delle parole. E più in particolare sul senso di “compiersi”, nell’espressione “si compie in Dio“, proprio nella sua differenza da “sta di fronte al giudizio di Dio”. E’ quella sola parola, “compimento” (latinamente: “perfectio”, il trovare il proprio coronamento ovvero completamento, la realizzazione plenaria e assoluta della propria essenza finita e relativa) che la lettera contesta come blasfema. Anche se quasi nessuno l’ha notata, questa parola appare nella sua dirompente, latina precisione la chiave concettuale e tonale della lettera. Del resto, quasi nessuno ha notato che questa è proprio una lettera, e spera in una risposta; e che è una lettera aperta, e quindi se cerca un confronto è teologico, etico e filosofico più che politico. E non mi dite che chiedo troppo per l’accidente di cui si tratta. O mi confermerete che sono stata l’unica – officiante, pubblico e commentatori compresi – a prendere sul serio non solo il senso delle parole, ma anche il fatto che si è pur sempre trattato di un funerale di Stato.
Eminenza,
La sua omelia, trasmessa dal Duomo a reti unificate, ha suscitato in me una tristezza che non è solo tale – ma è anche mortificazione e sentimento di profanazione. Perché anche per chi non va a messa il Duomo ha un senso, e la parola dell’officiante si suppone aspiri al vero, che è uno dei nomi di Dio. Mi perdoni se riassumo i punti salienti dell’omelia, e mi perdoni se vi aggiungo le mie domande in parentesi.
«Tramontato nella luce di Dio l’uomo d’affari, l’uomo politico, il personaggio – che cosa resta? L’uomo: un desiderio di vita!». (Anche a costo di quella altrui? Il più grande fra gli artefici del lancio di quest’uomo al vertice della ricchezza e del potere sconta una condanna per mafia).
«Un desiderio d’amore!». (Per il serraglio di Papi? A ciascuna perla del quale fu promessa, e in moltissimi casi accordata, se non una carriera in televisione, almeno una in un parlamento).
«Un desiderio di gioia!». (Anche a prezzo dell’infelicità civile del Paese al cui declino, istituzionale, culturale, civile, morale che quest’uomo condannato per evasione fiscale ha contribuito come nessuno prima? ).
Un uomo «che trova in Dio il suo giudizio». Si fosse fermata qui, Eminenza. No. Ha aggiunto, ieraticamente: «e il suo compimento».
Il suo compimento. Si compie in Dio, dunque, la menzogna, la frode, la corruzione, lo svilimento di ogni virtù e merito civili, il disprezzo per la legalità e la Costituzione, la mortificazione della memoria dei giusti, e di tutti coloro che nel servizio della Repubblica hanno sacrificato se stessi, invece di sacrificare la sua dignità e le sue leggi ai propri affari?
Sì, tutto questo ora si compie in Dio. A me, Eminenza, queste sue parole paiono blasfeme. Ma chi sono io per giudicare un uomo di Chiesa. E lei, Eminenza, sarà elogiato quasi unanimemente per le sue parole. In fondo, de mortuis nihil nisi bene, no?
Ebbene: se pure la verità non fosse uno dei nomi del Dio che lei serve, a noi non è permesso, quaggiù, disonorare il precetto dei filosofi: se cerchi la verità, cercala tutta. «Una mezza verità è la più vile di tutte le menzogne».
Una lettera giustamente aperta. Il “vero” giustamente evocato.
Parole giustamente definite blasfeme.
E’ giusto esprimersi e non chiudersi, come in eccessivo numero si sta facendo, in malumori indignati e silenziosi. Dire, non maledire, in silenzio.
Ringrazio Valeria Monticelli per la bella lettera scritta al Vescovo di Milano. Una lettera equilibrata ma decisa che sottoscrivo in tutto.
Grazie
Come cristiano cattolico praticante sono indignato che un vescovo possa rendere omaggio ad un personaggio orribile, condannato penalmente, promotore di una subcultura mediatica che ha contribuito a degradare la già tristemente degradata società italiana. Ma come si fa a cancellare definitivamente questa secolare alleanza “trono-altare”?? Da noi non c’è il il trono reale, ma quello di Berlusconi era un trono di corruzione, mafia, ignoranza (per non dire delle sue orge ad Arcore, del traffico di prostitute organizzato da Emilio Fede). Chiesa: segui l’appello di Papa Francesco, già anticipato nelle sue Encicliche da Benedetto XVI, che nella sua Enclica sociale parlava dell'”abbraccio mortifero (cito a memoria) fra Chiesa e Potere”!