Il piano impossibile e il ruolo dell’Unione Europea. Perché l’umanità ci giudicherà (male)

domenica, 26 Febbraio, 2023
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Il piano per la de-scalation in 12 punti della Cina, impropriamente chiamato dai giornali “piano di pace”, in sostanza richiama la necessità di riprendere la logica della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa del 1975 (Helsinki) mettendo direttamente in questione la strategia di espansione Nato in cui nel tempo si è concretizzata la politica americana delle cosiddette “porte aperte” alla “democrazia”.

https://www.avvenire.it/mondo/pagine/il-piano-della-cina-per-la-pace-in-ucraina-12-punti

Al contempo, richiama la necessità di salvaguardare il principio di sovranità territoriale degli Stati alla base del diritto internazionale, facendo correttamente intendere che le due salvaguardie sono logicamente connesse.

L’iniziativa non è né improvvisata né peregrina e purtroppo spicca positivamente messa a confronto con l’irrilevanza succube dell’Unione Europea, che pure non ha poco da perdere in tutti sensi dal progetto egemonico americano di cui la Nato non è altro che il terminale.

Un’idea della sproporzione tra l’espansionismo militare e politico americano nel mondo e quella delle altre potenze globali e regionali la danno le cifre sulle spese e sulle basi militari all’estero americane, una volta messe a confronto con quelle degli altri. Gli Stati Uniti vantano 766 mld di spesa per la difesa e 1,35 mln di soldati, la Cina 146 mld e 2,25 mln di unità, la Russia 67 mld e 900 000 unità, la Gran Bretagna 50 mld (ora raddoppiati a 100 mld, 3% del Pil). Nel 2020, prima dell’aumento al 2% del Pil, i Paesi Ue, avevano raggiunto quota 227,8 mld di dollari, 1,5% del Pil (+21% rispetto al 2015). Gli USA possiedono inoltre oltre parecchie centinaia di basi militari extraterritoriali sparse per tutto il mondo, contro le 6 della Russia, le 4 della Cina, queste ultime tutte esclusivamente dislocate in Paesi limitrofi. Quella americana è una “collana di perle”, che Limes illustrò ed espose perfettamente tempo fa in questa mappa:

https://www.limesonline.com/carta-basi-militari-americane-mondo-collana-di-perle/116197

Molti commentatori e amici paiono ignorare o mettere in secondo piano questi fatti stupefacenti, ponendo al primo posto delle loro argomentazioni favorevoli al sostegno “senza se e senza ma” dell’invio di armi la questione del “rispetto della sovranità e del diritto internazionale” e/o le loro preferenze d’ordine etico-politico in merito ai modelli sociali-politici-istituzionali dei contendenti. In breve, siccome preferiremmo “vivere negli Stati Uniti” piuttosto che in Cina e Russia o perché preferiamo che a espandere le sue basi militari nel mondo siano gli americani rispetto a russi o cinesi ecc, allora teniamo per secondario che vi sia un assetto globale divenuto drammaticamente squilibrato tra le grandi potenze, con tutto il suo potenziale destabilizzante. E chi non la pensa così, in genere viene tacciato di non avere abbastanza a cuore gli ideali di libertà e democrazia (si veda tra i tanti Stefano Feltri, direttore di Domani) e persino di scarsa sensibilità verso le sofferenze del popolo ucraino, che nel frattempo viene macellato.

Si fatica a comprendere la logica non soltanto politica, ma etica di questa sorta di fiat iustitia, pereat mundus cieco di fronte al problema di fondo che abbiamo numericamente davanti agli occhi, ammesso e non concesso che gli Stati Uniti e i loro alleati coloniali e post-coloniali abbiano le carte così in regola per proporsi come avanguardie dei valori e diritti umani nel mondo. È il refrain spesso pronunciato con enfasi della “pace sì, ma giusta”: una formula retorica che finge di ignorare o semplicemente sottovaluta questo squilibrio immenso di fondo, da cui dipenderanno le circostanze di pace o di guerra, di vita o di morte del nostro futuro, si viva o meno nelle porzioni di mondo che dichiarano di rispettare i diritti LGBTQIA+ sui quali sia Putin sia i suoi nemici insistono retoricamente, come se quello fosse davvero il punto.

I 12 punti della Cina, invece, mettono esattamente il dito nella piaga. E questa, però, è anche la ragione per cui quei 12 punti – proprio perché ben fondati – non porteranno probabilmente ad alcun piano di pace: mai e poi mai gli Stati Uniti accetteranno che la Cina svolga un ruolo “pacificatore” sulla base di una visione dell’equilibrio tra potenze che per decenni hanno mirato a compromettere.

Gli Usa sono i soli che possono fare la differenza in vista di un processo di pace, il che non è molto rassicurante, perché questi dati ci dicono che la maggior parte del loro establishment ha teso ad amplificare lo squilibrio, non a ridurlo. Con un solo problema: il loro teatro di potenza primario è il Pacifico, mentre si stanno svenando per armare l’Est europeo. Per quanto ancora reggeranno in questa contraddizione? Fino a quando non solo la GB ma anche la UE li puntellerà, forse. Anche gli europei, quindi, potrebbero in realtà contribuire a fare la differenza. Ma il loro establishment non vuole o non ne è capace, a quanto pare. L’umanità ci giudicherà.

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Un commento a Il piano impossibile e il ruolo dell’Unione Europea. Perché l’umanità ci giudicherà (male)

  1. martedì, 28 Febbraio, 2023 at 01:13

    “Non avere abbastanza a cuore gli ideali di libertà e democrazia”. “scarsa sensibilità verso le sofferenze del popolo ucraino, che nel frattempo viene macellato.” Questi, hai ragione Stefano, sono gli argomenti avanzati contro chi trova folle l’appiattimento completo dell’Ue sulla gestione americana della guerra Russo-Ucraina. Io concordo con il senso complessivo del tuo richiamo ad alcuni fatti militari, e relativi numeri. Del resto, lungi dal confermare il “declino” del dominio mondiale degli USA mi sembra che questi dati confermino in pieno quell’analisi di lungo periodo proposta da Aldo Capitini nel primo dopoguerra, e che pose le basi per l’elaborazione teorica del suo pacifismo, a fronte di uno squilibrio tale dell’accumulo di potenza nucleare da sconsigliare qualunque altra speranza che il graduale affermarsi di politiche di federazione e di disarmo. Ma il solo punto che vorrei sottolineare qui è complementare al tuo. Gli argomenti etici non ti fanno di solito grande impressione, anche se qui proponi uno spunto forte. Quelle due frasi citate all’inizio sono, è vero, il mantra del mainstream che ha finora tentato di soffocare perfino l’espressione di un dissenso su questa folle escalation. Io questo spunto voglio cogliere, invece. Dovrebbe suscitare disgusto e orrore, questo ennesimo blasfemo uso dei nomi di dio sulle bandiere dei cannoni, che dei nomi di valori, appunto – democrazia, sofferenze – fanno parole assassine. A fronte di un’estensione delle guerre per procura e dirette, nel mondo, da parte degli Usa, per le quali non occorre quasi far l’elenco: Irak, Afghanistan, Yemen – e dimentichiamoci tutte quelle di prima, la destabilizzazione dell’America Latina, il Vietnam. Ma c’è una particolare ignominia che gli Usa, paladini di democrazia, perpetuano da oltre 70 anni, in Medio Oriente. Proteggendo Israele e a prescindere, nell’escalation di violazioni mostruose del diritto internazionale perpetrato da Istraele ai danni della Palestina. Questo articolo ne dà una qualche idea: https://www.assopacepalestina.org/2023/02/25/cosa-ci-guadagnano-gli-stati-uniti-a-proteggere-israele-dalle-sue-responsabilita-allonu/

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