È tempo di decidere. Breve (non troppo) excursus sulle opzioni di voto in un contesto davvero fortemente scoraggiante, nel quale tuttavia credere che astenersi possa essere un “nobile gesto di ribellione” è o un vezzo auto-consolatorio oppure una trappola tesa da chi ritiene di appartenere al novero dei “competenti” (oh yeah!) cui dovremmo fare amministrare le nostre vite, bontà loro. Da un sondaggio riservato che ho potuto consultare, si evince in maniera inequivocabile il capolavoro riuscito alla cosiddetta sinistra democratica e progressista italiana. In sostanza, gli italiani hanno in larga maggioranza il portafoglio a sinistra, perché ritengono necessari e invocano a gran voce provvedimenti di natura economica, salariale, a tutela del lavoro e della scuola, università, salute pubblica e anche tutela ambientale. E tuttavia, non credono più in larga maggioranza che questo genere di protezione sociale possa arrivare dalla parte politica che storicamente se ne è fatta carico, fino a equivocare completamente i programmi elettorali delle destre, in modo particolare di Fratelli d’Italia e Lega. Partiamo allora da qui: dagli invotabili, ai quali è stata spianata la strada da coloro che oggi chiamano l’elettorato a difesa della “Repubblica nata dalla Resistenza. «Non permetteremo alla destra di stravolgere la Costituzione», ha gridato ieri in comizio Enrico Letta. Si capisce: è un primato che il Partito Democratico insegue da anni… Si ringrazia comunque la Presidente della Commissione Europea per il contributo dato alla causa elettorale e per il rispetto a sua volta dimostrato per la Costituzione Repubblicana Italiana: «“Se le cose andranno in una direzione difficoltosa – ho già parlato di Polonia e Ungheria –, abbiamo gli strumenti per agire“». Non abbiamo più un Presidente della Repubblica e un Presidente del Consiglio, evidentemente. Smisurati i silenzi da parte delle istituzioni repubblicane.
PARTE PRIMA: GLI INVOTABILI
FRATELLI D’ITALIA Coagulo revanscista di postfascisti, neofascisti, fascisti e basta (veri ma spesso immaginari e immaginati), nonché neoliberisti con una vocazione autoritaria o libertari sulle spalle degli altri del genere anarcoreazionario da sempre sottotraccia nel volgo italico. Abilmente si sono mantenuti all’opposizione del governo Draghi, riuscendo così a fare professione di purezza e a capitalizzare il malcontento che le politiche economiche e la discutibile strategia di contenimento pandemico hanno generato soprattutto a livello popolare. Ora che all’orizzonte vedono non soltanto il governo, bensì la possibilità di condurre una riforma istituzionale e costituzionale in senso neoautoritario (presidenzialismo, semipresidenzialismo), hanno cominciato a svelare le loro carte: austerità di bilancio in stile monetarista UEuropeo, politiche economiche, sociali e del lavoro padronali e antipopolari, atlantismo bellicoso occidentalista più o meno opportunistico. Se assumeranno la guida del governo alzeranno un po’ di polvere contro le famiglie “non tradizionali”, sulla legge 194, ma soprattutto sugli immigrati, per continuare a lisciare il pelo ai ceti popolari nel mentre che li massacrano con politiche neoliberiste in perfetto stile confindustriale Mario Draghi. Probabilmente, però, lo faranno senza esagerare, e soprattutto senza dare troppo nell’occhio, per non perdere l’occasione che è stata data loro di una definitiva legittimazione democratica da parte dell’establishment e dei media che lo esprimono, divenuta manifesta già al Meeting di Rimini di Comunione e liberazione lo scorso agosto. Hanno l’obiettivo di distruggere la Repubblica antifascista nata dalla Resistenza e il welfare pubblico, preparandosi a introdurre una nuova pedagogia sociale nella scuola e nell’università che rilegga la nostra storia, ma cercheranno sponda al centro e a sinistra per non dare troppo quell’impressione. È più facile rendere di fatto inapplicabili o sempre più difficilmente applicabili la legge 194 sull’aborto o la 180 sulla salute mentale che abolirle tout court. Pericolosi sul serio, ma per quello che semineranno su un terreno arato da altri e di cui raccoglieranno i frutti con calma, senza fretta.
LEGA Persa la battaglia patriottarda” con FdI, invisa alle istituzioni europee per i suoi latrati “sovranisti” e alla tecnostruttura politico-diplomatico-militare americana per le sue infedeltà “russe”, le è rimasto soltanto lo spazio politico dell’auspicato “regionalismo differenziato”, che le consenta di sfruttare al massimo il clientelismo paramafioso o mafioso tout court grazie al quale ha costruito e consolidato la sua capacità di governo nelle regioni del Nord, passata incredibilmente indenne, in Lombardia, anche dalla pandemia. Alzerà ancora più la voce per farsi sentire sui diversivi sociali consueti, immigrazione in testa, come fece il suo leader quando era Ministro degli Interni, ma si accuccerà “per senso di responsabilità” sotto chi ne sarà la guida come già fece con Mario Draghi. Il male, senza aggettivi.
FORZA ITALIA Esiste finché la tassidermia politica ne mantiene in vita il fondatore. Ha iniziato il lavoro di demolizione della Repubblica antifascista nata dalla Resistenza che ora FdI cercherà di portare a termine con buone probabilità di riuscita. Fallì, in fondo, per eccesso di bonomia narcisistica del suo fondatore, che ha sempre ambito piacere a tutti, risultando così odioso a troppi, istituzioni europee incluse. Ha nuociuto a sufficienza, tuttavia. Auguriamo un infelice commiato.
AZIONE È destinata a occupare parte dello spazio politico di FI, ma ahimé mancando dei titoli miliardari e televisivi del fondatore. Gli spicci confindustriali e la compiacenza dei media padronali le consentiranno di fare esercizio opportunistico dall’estremo centro. Svolgeranno la funzione che fu un tempo di personaggi come Clemente Mastella, ma in modo infinitamente meno allegro, simpatico, umano e a suo modo fedele all Costituzione. Incredibile cosa possono portarti a rimpiangere tipi come Calenda e Renzi…
PARTITO DEMOCRATICO In tanti hanno dato loro credito, per anni, coltivando il sogno di un partito che raccogliesse il meglio delle due grandi tradizioni politiche popolari, il cristianesimo sociale democristiano e il socialismo costituzionale comunista. Non è andata male, è andata malissimo. Di quelle due tradizioni ha acquisito il peggio. Il clientelismo democristiano nella pratica di potere dei suoi rappresentanti, la fedeltà ideologica via via più disperata alla linea del partito della base. Dopo decenni passati a demolire la Repubblica nata dalla Resistenza e le condizioni di vita dei lavoratori salariati, ancora si stupisce, ma più spesso finge di stupirsi, del perché il “popolo” (oibò) scarrocci a destra. Ha tutto un nugolo di accademici, opinionisti, intellettuali, giornalisti, non di rado cresciuti nelle fila della sinistra extraparlamentare o che in qualche modo si sentono eredi della “meglio gioventù” che lo sostengono con sprezzo totale della conoscenza storica, economica, sociale del nostro Paese e anche della realtà. Hanno fatto delle battaglie a parole LGBTQIA+ la loro ultima ragione propagandistica, oltretutto senza riuscire neppure a normare le unioni civili. Hanno arato, sin dalle “lenzuolate” di Bersani, il campo neoliberista all’italiana in cui Berlusconi ha seminato e Fratelli d’Italia raccoglierà sul fronte delle riforme istituzionali neoautoritarie (elettorali e costituzionali). Hanno convintamente privatizzato l’impossibile spacciandosi o peggio credendosi socialdemocratici, tagliato la spesa pubblica e sociale, precarizzato il lavoro in nome della “flexsecurity” (sic!), pubblicato un manifesto ambientalista su Il Foglio e infine candidato Carlo Cottarelli, uno a confronto del quale Ugo La Malfa sarebbe sembrato sandinista. Spera di non scendere sotto il 20%. Potrebbe riuscirci. E metterlo a disposizione di un governo di “solidarietà nazionale” allo scopo di “non lasciare le riforme costituzionali in mano alla destra”. Che dire? Via!
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