- Qual è la mia patria? Beh, abbiamo diverse sedi di radicamento, una varietà di ambienti nutritivi. A quale diamo il primato? Ad esempio, alcuni miei amici di “Sei di Pisa se…” non avrebbero dubbi: la loro città. Una delle interessanti attività del gruppo è di riscoprire il lessico pisano, sottolineando la sua maggiore espressività rispetto all’italiano, giudicato moscio. Ma è da pochi decenni che l’italiano è una lingua parlata correntemente dalla gente. Credo che non abbia ancora rivelato le sue potenzialità. Il problema che ciascuno deve risolvere è non solo di far coesistere le sue patrie, piccole e grandi, ma di coglierne le complementarità. Pisa, la Toscana, l’Italia, l’Europa, a volte il mondo. Quando per entrare negli Stati Uniti Albert Einstein dovette indicare la sua “razza”, rispose “razza umana”.
- Senza pretendere di avocare all’Italia Roma, come fa il nostro bellissimo Inno di Mameli, l’Italia ha un grande passato. Ne propongo un esempio calibrato su Pisa e la Toscana, che poi si proietta sul mondo. I pisani rivendicano il loro Leonardo, figlio di Bonacci, il Fibonacci. Secondo alcuni di loro, però, esisterebbe una congiura, retta dai fiorentini, il cui scopo sarebbe di oscurare la fama di Leonardo Pisano a favore del fiorentino. Quando questa voce fu accolta e condivisa da alcuni in “Sei di Pisa se…” alcuni altri fecero presente che il Fibonacci è tuttora famosissimo: ogni libro sulle equazioni differenziali spiega la successione di Fibonacci; 1,1, 2, 3, 5, 8, 13… con il molto che ne segue; esiste una rivista internazionale di matematica intitolata Fibonacci Quarterly che entra in ogni biblioteca al mondo; si è appena finito di celebrare l’850-enario dalla sua nascita; con il suo nome è stato persino battezzato un asteroide, il num. 6765. Avendo ricordato questo per disperdere le tracce di residuo vittimismo di noi pisani nei confronti dei fiorentini, si impone l’ammissione che il respiro universale di Leonardo da Vinci manca a Leonardo Pisano: l’arte del fiorentino tocca più corde del cuore umano, e più profondamente, dei calcoli algebrici e dei metodi contabili del Fibonacci, per quanto pregevoli e ammirevoli siano.
- Quando mi capitò di vincere una borsa di studio per l’estero, e mi recai negli Stati Uniti, deliberai dentro di me di comportarmi come se fossi stato nominato ambasciatore del mio Paese: con serietà e dignità. Nonostante il mio impegno, ci riuscii solo in parte: infatti dopo aver passato anni al mio Dipartimento, scoprii che, nonostante il mio cognome mediterraneo, docenti e studenti pensavano che io fossi tedesco, o francese, o belga: non italiano. Riflettei solo allora su una mia esperienza precedente durante uno dei mei primi viaggi in Inghilterra. Invitato una Domenica pomeriggio ad una festa campestre, una delle signore che l’avevano organizzata mi diede il benvenuto e disse che se, come lei e tutti speravano, dato che ero italiano io avessi accettato di cantare una o due arie da Verdi, lei sarebbe stata lieta di accompagnarmi al piano. Viviamo di stereotipi, non sempre negativi: regionali, nazionali, continentali. Sarebbe meglio non alimentarli; ma bisogna tenerne conto.
- L’Italia è sovrana? Il termine “sovranità” indica una varietà di concetti correlati piuttosto che uno solo. A chi spetta, al popolo o allo Stato? Indica la titolarità del potere quando diciamo che il popolo è sovrano; la sua esclusività quando l’ attribuiamo allo Stato. E come si esercita il potere sovrano? In uno stato moderno, con l’attività legislativa. Ma le leggi sono generali e astratte. In forme meno progredite di stati, si governava con ordini singolari, ukaze. Chi è più sovrano, Ivan il Terribile con i suoi ukaze o il popolo italiano con il suo Parlamento?
- Abusi di sovranità. Purtroppo molti dei provvedimenti varati dal nostro Parlamento sono atti singolari, che regolano situazioni specifiche. Con decreti legislativi è stata costituito uno apposito spazio di illegalità attorno all’Ilva, sottraendo gli impianti alla legislazione ordinaria, che vieta le emissioni inquinanti i cui effetti mortiferi sono ormai ben noti a tutti, ma accettati dai tarantini e in definitiva da tutti noi. I tarantini sono sovrani? Con decreto interministeriale, che deve rifarsi a una legge di cui è attuazione, è stata costituita un’impresa pubblica, Ita, fatta risorgere dalle ceneri di Alitalia, l’Itala Fenice. Purtroppo il Parlamento non può decretare il successo economico di Ita; ma, il che è lo stesso per i dipendenti di Ita e i loro danti causa politici, può accollare le sue perdite allo Stato. Questa è sovranità? Che effetto hanno i continui condoni fiscali sulla sovranità fiscale dello Stato italiano?
- L’Europa e il mondo. E’ interessante notare che Mazzini voleva un’Italia una libera indipendente e repubblicana, non “sovrana”. Né questo termine apparteneva al linguaggio di Cavour, che parlava di libera Chiesa in libero Stato. Non abbiamo appreso il significato di “sovranità” alle elementari. L’esclusività del potere dello Stato si ferma ai suoi confini territoriali. Oltre, vi sono altri paesi e i rapporti tra il nostro e gli altri sono regolati dal diritto internazionale, di origine consuetudinaria e pattizia. Vi sono poi le organizzazioni internazionali, a cui un paese può aderire o no. Che l’ambito dei problemi riguardanti la popolazione italiana ignori del tutto la delimitazione del nostro territorio è oggetto di esperienza quotidiana, e a volte di spavento. Ma il ripiegamento entro i nostri confini è non solo impossibile: è anche sbagliato. Gli italiani, abituati a districarsi tra potenze in conflitto, sono ricercati nelle organizzazioni internazionali per la loro istintiva bravura diplomatica. Né Mazzini, o Garibaldi, né D’Azeglio avevano mai rivendicato un’Italia autarchica, uno “Stato isolato”.
- Piantato sul suo cavallo, con le spalle lievemente piegate in avanti, al Gianicolo Garibaldi è immerso in una profonda meditazione. Aspetta il generale Oudinot, inviato dalla seconda Repubblica francese per scacciare i patrioti della Repubblica Romana e rimettere sul trono il Papa. Garibaldi sa che perderà, ma anche che deve guidare la difesa. E’ credo la più bella di tutte le statue ottocentesche dell’eroe del nostro Risorgimento. Ma ora c’è un’altra statua, moderna, anzi forse post-moderna, a Capannori, in provincia di Lucca. Un anziano allampanato gentiluomo vagamente ma inconfondibilmente ispanico, un hidalgo, o un gaucho, o forse un don Chisciotte barbuto, avanza sul suo cavallo bianco, e si inoltra nell’Arizona, o forse, come dice Vecchioni, nella Pampa misteriosa. Con una mano regge le redini, con l’altra un telo dai colori lievemente sgualciti, un tricolore.
- Chi è un patriota? E’ uno che ama la Patria, certamente, ma anche uno che la vuole costruire, ricostruire, migliorare. Lo sappiamo dalla scuola: Massimo d’Azeglio era stato uno dei protagonisti del Risorgimento, ma aveva anche amaramente commentato: “Fatta l’Italia, bisogna ora fare gli italiani.” Mazzini aveva fondato, oltre alla Giovane Italia, la Giovane Europa. Chi è stato il nostro Mazzini del XX secolo? L’uomo che scoperse in una meditazione solitaria durata vent’anni passati in carcere l’europeismo, e poi instancabilmente operò per realizzare l’Unione Europea, Altiero Spinelli.
- La nuova Anita. Ma, un patriota del XXI secolo? L’amor di patria si estende al futuro, alle generazioni che verranno. Ora la situazione demografica del nostro Paese è allarmante: abbiamo i 2 fenomeni indipendenti ma concomitanti dell’allungamento della vita media e dell’invecchiamento della popolazione. La pensione a 58 anni, o a 60’anni, secondo le abitudini del passato, è semplicemente insostenibile. Comporta scaricare sui giovani, di oggi e di domani, un onere insostenibile. Saranno costretti ad emigrare, e i vecchi moriranno di fame. Elsa Fornero è stata la patriota, l’Anita Garibaldi del XXI secolo. Non solo per la sua legge, ma per l’imperturbabilità, l’esattezza, la chiarezza con cui, incurante delle volgari offese, uniche repliche alle sue argomentazioni, l’ha spiegata ogni volta che ha potuto.
- Confessione. Sono sempre stato un ammiratore delle Confessioni di un ottuagenario, o di un italiano: un romanzo storico del nostro ‘800, che narra l’agonia di Venezia, il tentativo di fare l’Italia con Napoleone, e poi di farla senza di lui. Più o meno, questo è anche il programma che si inferisce dall’oscuro enunciato sul frontone dell’Arco della Pace, a Milano. L’autore, Ippolito Nievo, morì misteriosamente in mare nel 1861, a non ancora trent’anni. Confesso di essere, io sì, un italiano ottuagenario.
Mino, se mi spingi a vedere chi sia la patriota da ricordare, posso solo proporti Eleonora de Fonseca Pimentel, senza neppure un “nome” che sembra italiano, a parlar di “lingue.”
Massacrata pure lei insieme a Gennaro Serra, nei tentativi sempre falliti di far uscire la Campania dalla dominazione dei borboni. Spero tu stia bene -, ah hai ragione Nievo, a modesto avviso del sottoscritto, è meglio di Alessandro Manzoni a guardar l’Italia, diciamo, “letteraria.” Nel mio caso quando vivevo, da piccolo e più tardi non Italia, tutti hanno sempre pensato che ero portoghese, appunto avendo una voce pessima, non sapevo cantare “hanno ammazzato compare Turiddu” e “ridi pagliaccio”.
Grazie Adriano. Certo, la Pimentel, nobile portoghese. E non c’è certo solo Anita. Mi viene in mente Giuditta Sidoli, per un periodo compagna di Mazzini e co-fondatrice della Giovane Italia. Nessuno credo è riuscito a capire i motivi del suo successivo instancabile girovagare per l’Italia Centrale e Maridionale. Quando veniva arrestata, c’era quasi sempre un uomo che la faceva liberare. In Toscana Gino Capponi, a Milano un alto ufficiale austriaco che rischio’ la carriera e forse la vita. Poi l’incredibile marchesa Florenzi, della nobiltà pontificia, a lungo amante del re di Baviera, che optà per l’italia perché stufa dei tentativi dei papi di moderarne il comportamento. Libera chiesa in libero stato, ma soprattutto libera marchesa in finalmente libero stato! Tuttavia la più intrepida ed eroica è Elsa Fornero.