Riceviamo e volentieri pubblichiamo, PREFAZIONE e INTRODUZIONE al volume di Alessandro Volpe, Le ragioni dell’Europa. Habermas e il progetto d’integrazione tra etica e politica (Mimesis Edizioni, 2021).
PREFAZIONE
Roberto Mordacci
Direttore dell’International Centre for European Culture and Politics (IRCECP)
L’EUROPA, PER BUONE RAGIONI
Con questo volume di Alessandro Volpe dedicato a Habermas e l’Europa si aggiunge un secondo tassello alla collana Studi Europei, curata dall’International Research Centre for European Culture and Politics (IRCECP) e generosamente ospitata dall’editore Mimesis. Il nostro gruppo di ricerca (per brevità fra noi chiamato Reasons for Europe) va tracciando, presso la Facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele, un percorso in cui la riflessione filosofica incrocia i problemi etici, sociali e politici dell’età contemporanea, in particolare nella prospettiva della tradizione europea. Il nostro metodo è un confronto serrato anzitutto con le questioni culturali e politiche, con le loro dimensioni sociali non meno che con quelle teoriche, in un’ottica critico-costruttiva, vale a dire in vista di una società che ha il compito ineludibile di identificare e ridurre le iniquità e di riscattare le libertà individuali e sociali dalle forme più o meno evidenti di oppressione.
Era pressoché inevitabile, dopo aver messo a fuoco il panorama globale e statunitense con Noi. Far rivivere la speranza sociale di Ronald Aronson (Mimesis, Milano 2020), concentrare l’attenzione precisamente sul progetto europeo, ovvero sulla faticosa costruzione di quel modello politico inter-statale e trans-nazionale che è la missione storica dei popoli europei usciti dal secondo conflitto mondiale e dalla guerra fredda. Ed era inevitabile che lo si facesse analizzando la riflessione dell’intellettuale europeo che si è speso forse più di ogni altro per mettere a fuoco tale progetto, vale a dire Jürgen Habermas. Questi non ha mancato di intervenire costantemente a ogni svolta concreta del percorso che a partire dagli anni ’80 e dopo la caduta del Muro e l’allargamento ai Paesi d’oltrecortina. Dal punto di osservazione privilegiato della Germania riunificata, l’ex direttore dell’Institut für Sozialforschung non ha lesinato critiche alla mancanza di coraggio, alle contraddizioni e all’inadeguatezza di alcune deliberazioni prese dai capi di Stato riuniti nel Consiglio europeo.
Habermas ha una chiara visione del senso storico dell’Unione Europea, del suo essere espressione proprio di quel progetto incompiuto della modernità la cui validità egli rivendica contro le visioni decadenti e rinunciatarie, contro il post-modernismo di maniera e contro le tentazioni retrograde dei nazionalismi. Le sue prese di posizione, pur segnando in più di un punto variazioni e revisioni, sono lucidamente orientate a una visione federale – e, in prospettiva, cosmopolitica – sostenuta da quei criteri interni all’agire comunicativo che fondano la sua proposta teorica in ambito etico e politico.
Il lavoro di Alessandro Volpe, che ad Habermas dedica da tempo la propria ricerca, offre un’acuta sintesi critica degli interventi del filosofo tedesco in tema di Europa, inquadrandoli nella sua teoria comunicativa e mostrando le ragioni profonde delle tesi sostenute dal filosofo tedesco su temi concreti. Fra questi, spicca il tema delle forme della solidarietà politica e civile, come cifra essenziale dello spirito europeo, persa la quale ogni speranza di dar seguito al progetto di costruzione dell’Unione non può che naufragare. Le recenti iniziative causate dalla pandemia globale, la reazione che l’Europa ha saputo mostrare (resistendo anche al tentativo distruttivo dei leader ciecamente sovranisti di Polonia e Ungheria) con la chiara visione di un’Europa innovatrice, sostenibile e impegnata nella ricerca con il Next Generation EU sono segnali, forse, che la tenacia dell’anziano pensatore francofortese non si è prodigata invano nel corso degli anni.
A questi sforzi il prezioso lavoro di Volpe, i cui risultati sono condivisi dagli altri membri del gruppo di ricerca, offre un contributo di raccordo fra le parti e di rilancio, rilevando le fragilità e le potenzialità della prospettiva habermasiana. La quale sarà nuovamente e ancora oggetto del lavoro comune di analisi, critica e rielaborazione, in particolare proprio sul tema dell’Europa come soggetto e oggetto filosofico ineludibile per le sfide del futuro globale.
INTRODUZIONE
Dopo un lungo periodo di stasi e di “stanche litanie sulla ‘finis Europae’, la domanda sull’Europa, sulla sua identità e sul suo destino, torna a occupare un posto centrale nella riflessione filosofica contemporanea. Un campo, quello degli European studies, che in filosofia chiama in causa temi della tradizione e concetti originari, esprimibili in diverse dualità fondamentali: unità e molteplicità, identità e differenza, natura e volontà, ideali e realtà. Si fa nuovamente avanti la domanda filosofica per eccellenza, il ti estì, il “che cosa”, ovvero: quale tipo di istituzione, comunità, società, civiltà, ideale, si va integrando e unificando? Si impone la questione che riguarda la natura stessa dell’istituzione europea e più in generale quali possano essere i fondamenti di una comunità politica che travalichi i confini nazionali. Secondo quali criteri storici e di giustizia si va percorrendo la via dell’integrazione europea? A partire da quali radici? Occorrono identità forti per giustificarla? Queste domande si pongono perché l’Europa non è solo il luogo in cui ha avuto origine l’interrogazione filosofica, ma è anche, soprattutto a partire dalla seconda metà del Novecento, quello in cui si va sperimentando consapevolmente un’inedita forma di unità transnazionale. La questione europea può essere considerata ormai a buon diritto un tema di indagine filosofica tout court.
Tra gli autori della letteratura filosofica che più incisivamente hanno dato un contributo a questa riscoperta dell’Europa, a questa “Europa ritrovata”, Jürgen Habermas occupa un posto ristretto degli specialisti e di ritagliarsi il ruolo di intellettuale europeo, letto e discusso dal più ampio pubblico, interpellato periodicamente dai più prestigiosi quotidiani, “coltivando l’idea del filosofo come cittadino tra i cittadini”. Praticando l’ideale kantiano dell’uso pubblico della ragione, su questo e altri numerosi temi nel corso degli ultimi decenni, il filosofo tedesco è intervenuto a vario titolo sul processo di integrazione continentale, intercettando diverse platee di interlocutori e intrecciando discussioni con altri intellettuali e politici. Questa passione nutrita verso la causa europea, dal sapore militante, è andata costituendo, per la mole e qualità dei contributi, uno degli oggetti di ricerca e di riflessione più costanti della sua pur sterminata e variegata produzione scientifica, non ancora del tutto indagato nella sua interezza e complessità.
Approfondire il rapporto tra il pensatore tedesco e l’Europa consente di illuminare alcuni dei principali plessi teorici del suo lavoro intellettuale: la lettura e la riscoperta della modernità, il concetto di democrazia discorsiva, la costituzionalizzazione del diritto internazionale, il ruolo della sfera pubblica, la questione della solidarietà tra estranei e il responso sulla crisi politica degli ultimi anni in Occidente. Tale indagine consente di rendere evidente la transdisciplinarità del pensiero habermasiano nello studio della società, vero e proprio concetto-chiave del suo pensiero, nel quale si vedono integrati “teoria critica ed ermeneutica, modelli filosofici e scienze empiriche, teorie sistemiche della società e interpretazioni fenomenologiche del mondo della vita, approccio normativo e approccio descrittivo alla società e alla politica”.
Scontato, a tal proposito, ritornare all’adagio hegeliano, della filosofia come “proprio tempo appreso nel pensiero”. Nella riflessione habermasiana, questa comprensione, che in Hegel si offre come consapevolezza della compiuta razionalità di un’epoca, si presenta come un pensiero che accompagna riflessivamente, e in maniera fallibile, il progetto di integrazione continentale. Un tentativo, esemplare per l’appunto, di “accompagnare col pensiero la costruzione dell’Europa politica”6. Come spiega con chiarezza Biagio de Giovanni:
Il lavoro di Habermas ha alcuni tratti esemplari: la sua non è la rappresentazione di un patrimonio o di una tradizione, bensì una riflessione circa la formazione di una civiltà politico-istituzionale che risolve e interiorizza dentro di sé quel processo di umanizzazione della storia che aveva in Kant il suo apice, e che si disegnò nella forma del “progetto moderno”.
È proprio la categoria del “progetto” quella che meglio descrive la forma dell’Europa indagata e promossa da Habermas, già presente nel titolo della fortunata prolusione del 1980 La modernità, un progetto incompiuto, in occasione del conferimento del Premio Adorno: “progetto” è qualcosa che si slancia in avanti e che rimanda a una potenzialità inespressa, non riducibile a mero fenomeno contingente né a un ineluttabile destino. Se si potessero idealmente raccogliere tutti gli interventi del filosofo francofortese sull’Europa in un unico testo, questo si potrebbe propriamente intitolare L’Europa, un progetto incompiuto.
L’opera di Habermas non appartiene a quella letteratura filosofica incentrata principalmente sul rapporto tra tramonto, declino e auspicata rinascita della civiltà europea, né a quella sull’indagine circa le sue radici spirituali più profonde, tematiche fiorenti nella riflessione novecentesca da Spengler a Heidegger, da Husserl a Gadamer. Quella del filosofo francofortese è piuttosto un’impresa intellettuale sulle condizioni di possibilità teoriche e pratiche di una proficua convivenza europea, all’interno di quello che egli stesso definisce il “mondo della vita”, ovvero il complesso delle aspettative sociali, delle interazioni linguistiche e culturali, delle istituzioni e della politica. Più in generale, Habermas indaga sulla possibilità di un agire comunicativo cosmopolitico, che l’Europa riconsegni al mondo, oggi così caotico e frammentato, un ideale di civiltà.
Inteso poi spesso e superficialmente, dai suoi critici, come una difesa a priori dell’Unione Europea, lo sforzo di Habermas va meglio inquadrato nell’ottica di una teoria critica dell’Europa, orientata semmai a un’analisi delle insufficienze dello status quo europeo e delle sue istituzioni alla luce delle potenzialità normative immanenti al progetto d’integrazione. Che questo insieme più o meno sistematico di riflessioni provenga dalla Germania, la nazione “egemone riluttante”d’Europa, e dal suo intellettuale forse più in vista, non può che suscitare ancora più attenzione per il pubblico, italiano e non solo.
Questo contributo intende ripercorrere l’evoluzione, tutt’altro che lineare, delle sue “prese di posizione” (così da lui definite) sull’Europa, dagli anni Ottanta del Novecento a oggi, in un confronto costante con il suo più ampio lavoro filosofico e, inevitabilmente, con i momenti più salienti dell’integrazione continentale.
Benvenuto questo libro! Anche Spinelli per la verità aveva individuato il centro sorgivo del suo progetto nell’idea di un incompiuto… la civiltà incompiuta. E certamente forte deve essere la risonanza con la “modernità incompiuta” di Habermas. Nel 1980 Spinelli si apprestava a lanciare la battaglia che attraverso il Club del coccodrillo portò il parlamento europeo all’approvazione del progetto per la costituzione dell’Unione Europea. Nel 1986 Spinelli muore. Bisognerà aspettare il crollo del Muro di Berlino perché si ricominci a lavorare a quel progetto. Chissà se i due si sono conosciuti e letti. Tempo per rimetterli in dialogo, e soprattutto per riprendere noi a discuterne, ora che’Europa ha finalmente imboccato la via degli eurobonds…