Dopo il caso della “intraducibile” Amanda S. C. Gorman (traducibile soltanto dall’ologramma di Amanda S. C. Gorman), in questi giorni assistiamo a un’altra dimostrazione che siamo definitivamente diventati scemi. Sì, perché non c’è un altro modo per spiegare ciò di cui si dibatte pubblicamente con frequenza sempre più preoccupante. Mi riferisco allo pseudo-caso della “Frankfurter Rundschau contro Dante”, che secondo un articolo on line di un giornale che preferisco non nominare per non correre il rischio di fare aumentare il suo click-through rate, sarebbe stato attaccato dai tedeschi come “plagiatore e arrivista”. Peccato che l’articolo della Frankfurter Rundschau dica tutt’altro. Ma “sovranisti culturali” e “politicamente corretti” (i due nuovi razzismi contemporanei, avversari e complici tutt’altro che innocui) non lo capiscono e reagiscono all’unisono difendendo l’onore del Poeta. Chissà in quale girone li avrebbe mandati… L’articolo della Frankfurter Rundschau, tuttavia, avrebbe meritato di essere discusso semmai nel finale, dove s’interroga sulla “modernità” di Dante (che divide il mondo in buoni e cattivi) mettendolo a confronto – come se fossimo a Masterchef – con Shakespeare (che sarebbe più moderno, perché “amorale”). Riporto il passo: “Aber der Blick auf Shakespeare zeigt doch, wo unsere Schwierigkeiten bei Dante liegen. Shakespeares Amoralität, seine Schilderung dessen, was ist – auch das alles Einbildungen des Dichters! –, kommt uns doch Lichtjahre moderner vor als Dantes Bemühen, zu allem eine Meinung zu haben, alles vor den Richterstuhl seiner Moral zu ziehen. Das ganze Riesenwerk ist ja nur dazu da, um dem Dichter zu erlauben, dem Jüngsten Gericht vorzugreifen, Gottes Werk zu tun und die Guten ins Töpfchen und die Schlechten ins Kröpfchen zu schieben.” Traduzione bruta: “Ma uno sguardo a Shakespeare mostra dove stanno le nostre difficoltà con Dante. L’amoralità di Shakespeare, il suo ritratto di ciò che è (…) ci sembrano anni luce più moderni del tentativo di Dante di avere un’opinione su tutto, di trascinare tutto davanti al tribunale della sua moralità. L’intera gigantesca opera è lì solo per consentire al poeta di anticipare il Giudizio Universale, di compiere l’opera di Dio e di dividere i buoni dai cattivi.” In effetti, Shakespeare è più moderno di Dante: come il XVI secolo lo è del XIII, d’altronde. Fin qui, non una grande scoperta. Ma ammesso e (decisamente) non concesso che Shakespeare lo sia, in che senso l’aggettivo “moderno” dovrebbe implicare quello di “amorale”? A parte il fatto che la modernità è stata fatta da personcine di carattere come Spinoza, Locke, Diderot, Rousseau, Voltaire, Kant e via discorrendo, che del mondo certo non avevano una visione “amorale”, la sola epoca che sta trascinando tutto, a partire dalla storia, davanti a un tribunale, è questa che stiamo vivendo con la sua pruriginosa “cancel culture”. Persino il nichilista Nietzsche ne riderebbe. Ora, a quanto pare, pretende di trascinarci anche Dante, il poeta “moralista” perché senza remore e servilismi esercitava il suo giudizio. E con dovizia di argomenti, come non soltanto la Commedia, ma le sue opere filosofiche e politiche dimostrano. Ovvero, svolgeva l’attività più moderna che esista al mondo.
Il Giornale, per la penna di Roberto Vivaldelli, ribatte a Saviano “che difende i tedeschi”. Merita di essere notato: non che difende Arno Widmann, l’estensore del modesto articolo della Frankfurter Rundschau, ma “i tedeschi”, a quanto pare tutti edotti e persuasi degli argomenti dello Widmann. Ma si noti, ancora, un’altra frase del Vivaldelli: «Ma da qui a dire che nel pezzo del celebre critico letterario tedesco non ci sia uno spirito provocatorio o non vi siano punzecchiature nei confronti del Sommo poeta, ce ne passa». Per il Vivaldelli, quindi, “provocazioni e punzecchiature” non farebbero semplicemente parte del normale dibattito culturale, al quale al limite si risponde – se proprio non si sa fare di meglio – con altrettante “provocazioni e punzecchiature”. No, ci si sdegna pubblicamente chiamando l’Italia “a coorte” in difesa del “genio nazionale” e magari, chissà, si porta la questione all’attenzione del Parlamento. È così che si onora il Sommo poeta – lui sì, straordinario polemista – e la sua figura che a questo punto appare in effetti sempre più smisurata di fronte a tanto vuoto risuonante nel vuoto.
Saviano difende i tedeschi: “Non hanno insultato Dante”
Il giornalista difende l’articolo di Arno Widmann su Dante pubblicato sul Frankfurter Rundschau: parla di “assurda polemica” e accusa la stampa italiana di aver mal interpretato le parole di Widmann. Senza argomentare
Orgoglio patriottico culturale in difesa di Dante: che errore madornale! L’articolo della Frankfurter Rundschau, tradotto e commentato da Francesco Armezzani su Gazzetta Filosofica: Il buon italiano e il cattivo tedesco: adesso tocca a Dante.. Anche The Guardian riporta la polemica, citando varie “repliche italiane” all’articolo di Widmann: