Leonardo, amico dei miei vent’anni. Ricordo una notte di pioggia torrenziale e tuoni e lampi, a Pisa – ma dove stavo di casa? Non ancora al Timpano sul Lungarno? Era forse ancora il tempo degli esami? Perché noi eravamo gemelli di Normale, tutt’e due entrati al second’anno, e non so come diventammo subito amici, io uno spinacio spiritato e stridulo, tu bellissimo e biondo con la tua barba ben curata e quel sorriso tenero e discreto, e gli occhi azzurri e i riccioli. E sembra un sogno, il ricordo di quella notte in cui io presa dal panico – chissà perché – ti telefonai, e tu venisti da me nel cuore della notte e ci facemmo una tisana calda. Da poco, credo, avevi trovato Franco, e quando ne parlavi gli occhi ti scintillavano, facendosi ancora più azzurri. Franco è ancora lì, e l’hai lasciato solo ora, dopo quasi mezzo secolo. O fu poco dopo quella notte, il vostro incontro? Tutte le date si confondono. Cammino nel ricordo per Borgo Stretto, entro a bere un caffè da Salza, poi svolto a destra verso casa tua – così linda, così ordinata, così silenziosa e tranquilla, una calma meticolosa di note e appunti sulle cose da fare e i libri da leggere. Tutto era ancora da decidere, e come la tua ventenne, angelica vitalità rapinatrice di gioie notturne si conciliasse con la tua acribia pignola (si trattasse di filologia tedesca o di ordine domestico); come la tua profonda fedeltà all’amore di una vita, l’amico più grande, si conciliasse coi paradossi luterani del tuo Kierkegaard (quanto a lui, Franco, sorrideva con scettica indulgenza – dalla sua professione rispettabile e contabile – agli slanci e sgomenti della filosofia e dell’adolescenza) ; come la tua, la nostra, ossessione studiosa si conciliasse con la tua – solo tua – amabile, imperturbabile, tranquilla ironia – non lo so, non so tenere insieme tutti i fili e da un pezzo “il calcolo dei dadi più non torna”. Poi ce ne andammo ciascuno per la sua via, per altre città, altri mondi, altri libri, altri amori – ma se penso alle mie molto, molto più tarde sfuriate contro lo Heidegger che aveva obnubilato di sortilegi pomposi tante menti in questa Europa, ancora mezzo secolo dopo il tradimento e l’orrore, ecco mi viene da ridere di me stessa e delle mie furie, che nulla potevano aver a che fare con la tua erudizione precisa, con la tua inquietudine di uomo estetico preso nei lacci dell’etica, e della tua superba deontologia didattica e magistrale. Ti ritrovai che eravamo già oltre il mezzo del cammino, e benché tu avessi vissuto molte albe nuove di ricerca e scritto altrettanti libri, mi confessasti che di lavorare anche dopo cena no, non ti garbava più, e a me – ancora e sempre “ciucciata dalle streghe”, come mi chiamavano a Pisa (eri tu l’inventore dell’amabile, lampante nomignolo?) – a me parve un segno di saggezza e libertà interiore cui ancora non ero riuscita ad approdare, una via su cui bisognava seguirti. Fu allora? O fu più tardi ancora? – Ti ritrovai spinozista, approdato forse alla quiete della sostanza, dopo tanti aut aut e Ungründe e abissi, ma con sapienza ti occupavi della Torah – tornato a casa, forse. E con immutata fedeltà al bello: l’estetica restava il tuo tema, fin dentro la Bibbia.
Perché Leonardo, perché te ne vai proprio ora, proprio così, quasi in segreto. Proprio ora che il mondo s’è fatto tanto brutto e avremmo tanto bisogno di stringerci ciascun alla sua generazione, a ricordare di cosa e per cosa noi vivemmo, e come, quando, dove, perdemmo la speranza dell’altezza, come questo paese invecchiato con noi. Proprio ora, che si poteva riprendere il filo d’oro di quella conversazione – oh avevamo tante cose da raccontarci mio caro, cose preziose di vite lontane – ricominciare a conversare quietamente attorno all’oro fumante di una tisana. Riprendere il filo di quella conversazione interrotta quando tutto cominciava, quella notte di lampi di tanti anni fa.
Ora è nei tuoi libri che bisognerà cercarlo, il filo. Ciao Leonardo.
Leggi qui l’articolo dedicato a Leonardo Amoroso su PisaToday.
È la mia età
In ricordo di Leonardo Amoroso
È la mia età che va via.
Girano le ruote di Saturno.
Scrivo. Resto fermo.
Poggio i pensieri.
Mi alzo. Passo ad altro.
Ascolto le notizie. Il più non buone.
Per il resto, solo qualcosa che si vende.
Sorveglio l’andamento della casa.
La notte chiudo le porte.
Tocca ancora a me. Do sicurezza.
Fronteggio l’assalto della cenere
Cara Roberta,
mi unisco nelle condoglianze per la scomparsa di Leonardo Amoroso, che purtroppo non ho avuto la fortuna di conoscere personalmente ma solo attraverso alcune opere di cui avevo apprezzato il valore.
Su Zetesis “Ricordando Leonardo Amoroso”, una serie di ricordi di allieve e allievi, studentesse e studenti:
https://zetesisproject.com/2021/02/02/ricordando-leonardo-amoroso/
Esprimo le mie sentite condoglianze ai parenti di Leonardo Amoroso, per la scomparsa dello stimato collega.
Andrea Poma
Ringrazio Roberta De Monticelli e Zetesis per il prezioso e partecipe ricordo di Leonardo Amoroso, in cui mi sono ritrovata. Con Leonardo abbiamo condiviso gli anni della sua permanenza come ordinario a Padova: è stato un periodo intenso e produttivo, di cui ho un bellissimo ricordo: sentiamo e sentiremo la sua mancanza.
Francesca Menegoni