Una domanda difficile. Conversazione di Alessandro Barbero sul suo “Dante” (Laterza 2020)

venerdì, 23 Ottobre, 2020
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Appunti da una brillante conversazione di Alessandro Barbero sul suo recentissimo Dante (Laterza 2020) – a Palermo, nel quadro della Settimana di Studi Danteschi 19-22 ottobre 2020

 

“Se le fosse data la possibilità di fare una domanda a Dante, una sola: quale sarebbe?”

La domanda, venuta da un giovanissimo studente,  era per Alessandro Barbero, storico e romanziere, vincitore di un premio Strega, fresco autore di un volume biografico-storico, Dante (Laterza), che aveva appena concluso la sua brillantissima conversazione con un altrettanto scintillante (e sempre generoso) Corrado Bologna, il regista e animatore di questa Settimana di Studi Danteschi, dedicata alla memoria di Giuseppe Lo Manto, che tanti ragazzi aveva saputo appassionare a questo incontro annuale, ormai da un quarto di secolo (le registrazioni si troveranno qui: www.settimanadistudidanteschi.it).

Alessandro Barbero ha molto da insegnare: il suo multiforme ingegno certo rende scoppiettante la sua comunicazione, ma non meno autentica la sua passione di storico, innamorato cacciatore di tracce – perché altro non resta, dice – di fatti minuti e lontani.

E anzi, forse l’improvvisa fame d’aria che mi ha, mentre parlava, spalancato la bocca (sotto la mascherina si intende) era solo l’atavica fame di significato che inquieta il filosofo (oddio, si fa per dire) e lo danna al digiuno dei fatti.  Imputate dunque ogni dubbio, ogni perplessità che in questi appunti ritrovo a questa mia imperdonabile, spiritata anoressia che è brama di luce e d’altezza e di larghezza, più che all’invidia.

Ma insomma, quale fu la risposta all’affamata domanda del ragazzo che parlava dall’etere? Cosa avrebbe chiesto a Dante, il relatore? Ecco:

“Ma è vero che ti sei sposato a 12 anni?”

Oddio, come lezione di minimalismo potrebbe anche essere spiritosa. Ma fu invece introdotta da un’excusatio non petita e assai dubbia: che non possiamo, “assolutamente”, entrare in dialogo filosofico con i medievali! Non possono che restarci incomprensibili.

Eppure quel geniale ragazzo, o forse l’anima del mondo stessa che soffiava dall’etere, aveva posto allo storico la domanda più urgente. Perché studi Dante? Cosa gli chiedi?

Gliel’ha fatta anche un intervistatore locale, finita la cavalcata da Campaldino a Verona, dalla battaglia della giovinezza cavalleresca al duro calle dell’altrui scale. Risposta: “Per cercare di capire che uomo fosse Dante, al di là del fatto che fosse un grande poeta”.

Una stretta al cuore me lo rattrappì, il buio spense il cielo di Palermo in una morsa d’angustia – e persi la speranza dell’altezza. Si può interrogare un uomo – e uno di quelli che alla ricerca di sé diedero il lume e l’ala, l’idea e il terribile rigore –  su chi fu lui stesso,  “al di là” dell’essenziale, della sua propria essenza, di ciò che lo eterna nostro interlocutore? E con chi si parla allora? Ancora con lui? O solo con se stessi, magari?

Mi suonava sorda nella mente, bassa e cieca come la vita degli sciaurati che mai non fur vivi, la voce di quell’altro indagatore dell’umana felicità, quando fa il verso a serpente, ridotto a una serpicina dell’orto di casa: “Tu devi farti piccolo”…(Era Kafka).

Piccolo piccolo, come noi. Oh allora sì che ti ameremo, per le tue contraddizioni e confusioni, per le tue stizze e impotenze, per le tue bugie, per le abili ricostruzioni profetiche, a cose avvenute, del tuo futuro, diverso da come le cose erano andate veramente, e un po’ più conveniente alla tua immagine (eppure, ne sappiamo talmente poco che è quasi come dire nulla… ma ci basta poco, pochissimo per trovarti affine: e poi non lo dicono anche i neuroscienziati, oggi, che la memoria noi la ricostruiamo costantemente, secondo il presente, i suoi bisogni, le sue convenienze?)

E la politica, poi. Che quando eri fra priori e governavi, mai te la saresti presa col popolo, grasso o no, villan rifatto o no che fosse, ché non era aria. Ma poi, quando avrebbe giovato aver qualche quarto di nobiltà in più, te ne vorremo forse se t’eri fatto un po’ snob, e allora sì che gli davi addosso, a ogni villan che parteggiando viene, e rilucidavi la patente di nobiltà del trisavolo Cacciaguida? Che poi quello era un bel mito di famiglia, ma dai documenti non risultano mica cavalieri con quel nome. E del resto: lo sappiamo che la politica è l’arte del compromesso, e quando mai a un politico importa di cambiare opinione quando cambiano le circostanze! E il De monarchia, e la divisione dei poteri temporale e spirituale, e l’aver Dante per patria il mondo come i pesci l’acqua, e l’averlo veduto, il mondo, come in lui stesso l’eternità lo cambia, più che nella prospettiva del prossimo cambio alle amministrative comunali – tutto questo (farfugliavo in cuor mio) non conta proprio niente? Ma certo, è ovvio, tutto questo conta, proseguiva l’oratore, brillante e lucido che ti vedeva pure passare una nuvola negli occhi – ma tutto questo io non lo contesto, anzi mi affido alle discipline che hanno già studiato questi aspetti, la storia della letteratura, la filologia, la storia della filosofia medievale…. Ho tutto da imparare dai miei colleghi, ci mancherebbe, a ognuno il suo campo, perbacco. Io sono uno storico, di Dante mi occupo esattamente come potrei occuparmi del mio vicino di casa.

Alla fine mi accorgo che ho preso un sacco di appunti. E’ vero, c’era tantissimo da imparare. Purtroppo non c’è tempo per prolungare la discussione oltre le belle domande degli studenti dall’etere , l’aereo sta già scaldando i motori, il libro su Dante è già fra i primi nella classifica dei bestseller della saggistica e domani l’autore deve presentarlo in televisione. Così, mi limito a riguardarmi gli appunti, che quando avevo finito la carta del quaderno erano tracimati sul libro, stipati a margine dei versi dedicati da Dante, nel XV dell’Inferno, all’antico maestro. Quelli che evocano la cara e buona immagine paterna/di voi, quando nel mondo ad ora ad ora/m’insegnavate come l’uom s’eterna.

Fatico a decifrarli, scritti come sono, piccolissime creature di devozione e angoscia.

 

Se mai trovassi lo spirito destro

alla domanda che dentro mi ange

vi chiederei perché, caro maestro

ogni umana grandezza si disfrange

nell’arte vostra, e perché si svalora

l’alto intelletto, e a ognuno suggerisce

vostro argomento (il cuore ancor ne piange):

come l’aquila in volo si avvilisce,

così il mondo sorride, e poi vi adora.

 

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