Caro professore,
se l’essere nella Gioia, come spero, le consente di ricevere qualche lettera senza che la Gioia sia interrotta dalla noia di leggerla, lasci pure che questa mia si depositi come foglia, soffio, ombra, umana illusione, fiato di voce o scintillio d’inchiostro là dove i più fra noi, tardi di mente e innamorati del visibile, stoltamente dimorano: nel Cerchio dell’Apparenza.
Non turberà l’eternità dell’esser suo, caro professore, questo cicaleccìo di una collega invisibile, sì, proprio quella dell’aula accanto, quella del giovedì. O forse era martedì? Che cosa conta, e chissà mai perché poi avevamo quest’abitudine di onorare gli orari di lezione, questa conformistica, veramente illogica acquiescenza alla misurazione di ciò che non esiste, il tempo. Lei poi arrivava puntualissimo, molto più di me. Ben me ne accorgevo ogni volta che la folla dei suoi allievi in festosa attesa faceva barriera davanti a tutte le porte dello stretto corridoio su cui si aprivano le nostre aule, e i quattro gatti della mia classe e io restavamo bloccati per un pezzo, prima di entrare, con loro e mio rimpianto, nell’auletta degli esercizi di fenomenologia, piena di controversie e dubbi, invece che nella luce dell’incontrovertibile. Dove per due ore quelle menti giovinette e incerte, anzi certamente scosse da ogni sorta di amore e di terrore, si sarebbero spalancate alla ben rotonda verità dell’Essere, indefettibile e immobile: che sarebbe fluita senza interruzione alcuna dalle sue labbra, nel più religioso silenzio.
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Salve Roberta,
Che bella lettera! Per ricordare un grande del pensiero occidentale, quale forma migliore che scrivere un ricordo ‘vero’, dal cuore, come il tuo?
Ho letto (e sto leggendo) tantissime cose su Emanuele Severino, in questi giorni. La tua lettera emerge chiaramente, a me, con le piu’ ‘gloriose’ parole.
Un Saluto!
Incredibile distillato di prosa, poesia ed esperienza vera…!!! Solo un grazie…