Segnaliamo due articoli che degnamente ricordano Remo Bodei e la sua filosofia.
Remo Bodei (1938-2019) – Massimo Cacciari
Remo Bodei rappresenta l’esperienza del pensare – non esiste pensiero che non sia viaggio, cammino, Er-fahrung. Non può nascere idea che da un lungo processo di incontri, dialoghi, conflitti con le idee con le quali ci siamo imbattuti lungo questo cammino. Denken è sempre anche Nach-denken, ricordava Hannah Arendt. Pensare è sempre anche ri-cor-dare – senso profondo dell’anamnesi platonica. Che rivive nel lavoro di Bodei. Ne è testimonianza il suo “ficcarsi” ostinato nella storia di ogni concetto, nel cogliere il nesso di ogni “risultato” con il polemos che l’ha prodotto. La straordinaria capacità di Remo di collegare autori, epoche, di mostrare in re ipsa come non sia possibile sistemare la storia del pensiero in termini semplicemente diacronici, storicisticamente, derivava in lui non tanto da presupposti teoretici generali, quanto dalla profonda, filologica conoscenza di tale storia in tutti i suoi dettagli e le sue differenze. Un multiverso trova espressione nella ricerca di Bodei – un multiverso è la storia che in essa si rappresenta, ma un multiverso vuole essere anche l’ulteriore cammino verso cui intende aprire. Nulla è pre-determinato, nulla viene giudicato col senno del presunto vincitore e nulla può essere veramente pre-vedibile.
Ogni “filosofia della storia”, sia quelle progressiste sia quelle reazionarie, costituiscono l’avversario principe delle ricerche (sterminate invero) di Bodei. Quello del possibile è il modo in cui va affrontata la fatica del concetto. UnMöglichkeitmensch è lo stesso Remo. Così si presentava anche nella vita, in naturale, spontaneo colloquio con tutti, capace di ascolto, di attenzione e di cura verso l’altro. Questo carattere l’ha sostenuto anche nei suoi innumerevoli impegni come autentico politico della cultura: sapeva bene, e lo voleva ricordare nei fatti, che filosofia e scienza nascono nella polis, al suo centro, nell’agorà, e non sono senza confronto e conflitto. Ma il conflitto è tale soltanto se chi vi partecipa insieme a dei comuni principi, o altrimenti si tratta di mera confusione, di ammucchiate indistinte. Perché dialogo sia occorre un linguaggio comune. E Bodei ha contribuito come nessun altro a metterlo in ordine, a proporre una formulazione chiara dei suoi termini fondamentali.
Clicca qui per continuare a leggere l’articolo di Massimo Cacciari
Remo Bodei era una specie in via d’estinzione. Altro che i tecnocrati di oggi – Marcello Barison
Per la mia generazione i nomi della filosofia italiana – quelli che, per intenderci, a vent’anni si “andava a sentire” – non sono poi moltissimi (e non me ne voglia chi tralascerò): Emanuele Severino, Massimo Cacciari, Gianni Vattimo, Vincenzo Vitiello, Carlo Sini, Giulio Giorello, Umberto Curi, Roberto Esposito e, certamente, Remo Bodei. Non c’era festival o convegno dove qualcuno di loro non comparisse: un fenomeno molto italiano, indulgente a un presenzialismo dall’esito talora un po’ parodico, ma comunque significativo per inquadrare il rapporto tra filosofia e divulgazione in un mondo, quello dopo la caduta del Muro, in cui gli “intellettuali”, per illudersi di giocare ancora un ruolo, hanno dovuto aggiornare il loro profilo da engagé a pop o simil-pop.
Così, raggiuntami la notizia della morte di Bodei, mi ha colto una strana malinconia, legata non tanto al suo lascito “speculativo”, ma al prendere coscienza che una figura che in qualche modo ha accompagnato anche il mio percorso di studio e di ricerca è venuta meno. Era abituale che ci fosse, che, con certa frequenza, uscisse un suo libro, o che, di tanto in tanto (magari a distanza di qualche anno), capitasse una conversazione o un incontro, da una parte o dall’altra del globo.
Sulla biografia filosofica di Remo Bodei molto in questi giorni è stato scritto. Anziché sondare da diversa prospettiva i territori, vari e amplissimi, delle sapienti divagazioni di cui era maestro, preferirei allora tentare, in poche battute, un ritratto qualitativo – dunque né dossografico né bibliografico – del suo tipo intellettuale: la figura di un laico chierico globale, enciclopedico ma con disinvolta sobrietà, dotato di conoscenze accuratissime quanto straordinariamente estese, e di una memoria prodigiosa, la cui monumentale erudizione era soggetta a un ridimensionamento continuo operato dall’immancabile ironia che, anch’essa spesso su base aneddotica, fungeva da corrosivo delle proprie stesse affermazioni. Come a smitizzarle per far intendere che, nella matassa dei nessi, c’erano sempre altre strade da percorrere, altre suggestioni da seguire, affini ma anche dissimili da quelle già evocate.
Clicca qui per continuare a leggere l’articolo di Marcello Barison
Commenti recenti