In tempi di (sacrosanta) mobilitazione ecologica globale riceviamo e volentieri pubblichiamo questa intervista della Coscienza Collettiva a Henry Thoreau, scritta da Umberto Lozzi*, autore di Thoreau oltre Thoreau, Booksprint edizioni, 2013**.
Il mio nome è Henry David Thoreau
Intervista inedita ad un cittadino del mondo naturale
By Collective Consciousness
(da una rivisitazione di Thoreau oltre Thoreau, di Umberto Lozzi, Booksprint edizioni, 2013)
Collective Consciousness. L’esperimento presso Walden Pond ha rappresentato un primo esempio di decrescita felice nella storia moderna della coscienza occidentale. Lei ritiene che oggi tale esperimento sia ancora praticabile e, soprattutto, che lo stesso sia stato adeguatamente recepito?
H.D. Thoreau. Mi scusi per la franchezza, di quale esperimento sta parlando? Dei miei due anni vissuti sulle sponde del lago di Walden? Parlerei piuttosto di un’esperienza di vita con le relative riflessioni che quella particolare situazione, inserita in quel dato momento storico ed in quello specifico contesto ambientale, ha prodotto in me. Parlare di esperimento e dare un nome definito allo stesso sminuirebbe tale esperienza retrocedendola ad un esercizio di riduzione oggettivistica che attiene più al mondo degli uomini della scienza. Certo, nel diario di bordo di quell’esperienza, che ha poi dato vita alla pubblicazione di Walden, non mancano le fasi estremamente descrittive, che nulla hanno a che fare con la metafisica descrittiva, ma queste costituiscono solo il prologo, l’aggancio alle mie interpretazioni delle esperienze immediate e quotidiane, fenomenologiche e vissute a strettissimo contatto con il mondo naturale. Riproporre oggi tale esperienza? Si, forse è possibile, a patto che si faccia finta di non possedere un telefonino, un drone, un gps, una card, uno zaino pieno di cibo disidratato, un depuratore d’acqua portatile, un accendino, un’automobile. La cosa più importante sarebbe quella di avvertire l’esigenza di ascoltare se stessi nel rapporto diretto con il mondo naturale e per fare questo non è necessario porsi mete troppo distanti dalla realtà in cui viviamo normalmente. È la predisposizione interiore a far vivere l’esperienza vera, quella autentica, cercando, per quanto possibile, di eliminare tutto ciò che di superfluo può interferire in questo processo. Senza un particolare stato d’animo (coscienza) non può esservi esperienza: dovremmo parlare di imitazione, di riproduzione che, pure, avrebbe il suo specifico valore, ma sarebbe un’altra cosa alla quale dare un altro nome… Quanto poi alla definizione di decrescita felice che lei ha adoperato pocanzi…la stessa mi fa immaginare una situazione in cui la persona, cosciente di uno stato contingente di diminutio, si consola fingendosi felice di ciò che, ormai radicato nel suo stile di vita e nel suo patrimonio, sta perdendo…Quella che lei chiama decrescita è, in realtà, una crescita verso il vero e l’essenziale esistenziale, a sua volta mortificato in quel processo guidato dall’idea di una crescita verso il falso progresso, almeno per come lo intende lei cara Coscienza Collettiva, e che si risolve, invece, in una reale decrescita che amplifica le distanze tra noi e l’immensa ricchezza del nostro potenziale e imprescindibile rapporto con la natura. Per chiudere, piuttosto che di decrescita felice, parlerei di crescita intenzionale.
Collective Consciousness. Via via, il suo nome è stato accostato a quello dei movimenti ecologisti e ambientalisti di tutto il mondo. Le ricordiamo che dieci anni dopo la sua scomparsa il governo americano, seguendo le sue indicazioni, costituì le “national preserves”. Fu istituito il primo parco nazionale di Yellowstone. Questo la inorgoglisce?
H.D. Thoreau. Peccherò di irriconoscenza ma, anche in questo caso, debbo ricorrere ad ulteriori precisazioni. Il messaggio che ho inteso trasmettere attraverso le mie opere non è rivolto a lei, in quanto Coscienza Collettiva, bensì principalmente alle coscienze individuali. Pertanto, oltre agli immancabili tentativi di strumentalizzazione, tali movimenti suscitano in me più di una perplessità. Cominciamo col dire che, in riferimento al rapporto uomo-natura, il termine ecologia prevede, almeno nel senso attuale, frequentazione e anche sfruttamento dell’ambiente naturale. La stessa istituzione da parte dei governi di tutto il mondo dei parchi e delle riserve naturali, oggi, non ha postulato una radicale cesura della visione antropocentrica secondo la quale l’uomo, con tutte le comodità del caso, accede facilmente a porzioni addomesticate e a lui assoggettate di ambienti naturali.
Collective Consciousness. Inevitabile, a questo punto, chiederle della Wilderness. Oggi si assiste alla volontà di molti di tornare alla natura selvaggia.
H.D. Thoreau. La filosofia della Wilderness, per cui la natura avrebbe un valore in sé, intrinseco, può certo procurare piacere spirituale, ma l’uomo dovrebbe accontentarsi della sola esistenza della natura selvaggia evitandone sfruttamenti e limitandone le frequentazioni. Wilderness non è piegare la natura selvaggia alle nostre esigenze estetiche finendo, in questo modo, per perdere la possibilità di comprenderla per quello che essa davvero è. Wilderness è qualcosa di precedente alla comparsa dell’uomo, qualcosa che, se vogliamo, ne ha determinato l’esistenza e la cultura: le grandi civiltà-Roma, la Grecia, l’Inghilterra sono nate sul terreno impudritito delle antiche foreste primitive e dal quale hanno tratto nutrimento. Esse sopravvivono sin tanto che la terra non si esaurisce. La cultura umana oggi è notevolmente impoverita. Nessuna speranza può sopravvivere in una nazione che abbia esaurito la propria matrice vegetale e che sia costretta a far concime delle ossa dei suoi padri, dove il poeta si nutre solo del proprio grasso superfluo, e il filosofo del proprio midollo. Oggi sempre meno pensieri visitano l’uomo -poiché il bosco che percepivamo nelle nostre menti è stato devastato, venduto per alimentare inutili ambizioni o andato in fumo-e a malapena è rimasto un ramoscello su cui possano posarsi. La preservazione della filosofia della Wilderness, inoltre, rappresenta il denominatore-bene comune che oggi, ancor più di ieri, potrebbe indicare un’opzione percorribile in vista di una proficua ed educativa relazione tra le culture di tutto il mondo.
Collective Consciousness. Quindi, potremmo parlare di una vera e propria etica ambientale, definizione coniata da Ald Leopold intorno alla metà del ‘900.
H.D. Thoreau. Si, ma nella misura in cui vi sia coincidenza di significato tra etica ed etica ambientale in una visione non antropocentrica ma pienamente biocentrica. L’etica ambientale è un richiamo reciproco dell’integrità umana e di quella naturale in nome della responsabilità dell’uomo di operare una scelta di valore che è sempre e solo umana. Tuttavia, mentre in Leopold si assiste ad un’immersione del singolo nel tutto della natura con conseguente eliminazione della differenza, dalla mia parte il rapporto con la natura è interattivo, interculturale: esso esprime il senso del radicamento, di un’appartenenza equilibrata che tiene nel giusto conto dell’alterità/differenza, arrivando a stabilire un contatto simpatetico-oggi potremmo dire empatico- con la natura che, in questo modo, conserva le sue qualità di soggetto perdendo quelle di oggetto da conquistare, modellare e assoggettare.
Collective Consciousness. Cosa potremmo dire della situazione ambientale mondiale attuale?
H.D. Thoreau. Niente di più di quello che è stato detto. Piuttosto si dovrebbe fare qualcosa. Il fatto stesso che lei abbia ritenuto di dovermi richiamare in causa testimonia della sempre più grave compromissione del rapporto uomo-natura. Sicuramente oggi lei, Coscienza Collettiva, è cresciuta in maniera proporzionale rispetto alle emergenze ambientali ma, per sua stessa tipologia, non può cogliere le differenze e le sfumature, dipanare una matassa alla stessa stregua di una coscienza individuale. Forse occorrerà altro tempo prima che le coscienze individuali maturino ulteriormente, e di questo potrà sicuramente avvantaggiarsi lei, ma non so se questo sarà sufficiente ad opporsi tempestivamente alla impressionante deriva degli attuali crimini ambientali mondiali.
Collective Consciousness. Queste sue riflessioni, a volte così radicali nel tracciare il rapporto uomo-natura, non teme possano contribuire a definire un suo profilo marcatamente individualistico e tendente al completo isolamento dal consorzio civile?
H.D. Thoreau. Mi aspettavo questa domanda. Non poteva essere altrimenti. Ad un occhio superficiale il mio individualismo esprimerebbe i modi dell’antisocialità… In realtà la matrice del mio individualismo è di natura democratica. In essa io rivendico, dietro un apparente autoisolamento, la mia identità rispetto alla tendenza alla massificazione e alla conformazione sociale. Questo presuppone un continuo tentativo di studio e di conoscenza di se stessi. E conoscersi meglio può consentire, in realtà, un equilibrato e produttivo rapporto con l’alterità-diversità. Tale ricerca della perfezione del sé va dunque intesa sempre in una prospettiva comunitaria. È per questo che per me il significato della solitudine equivale a quello di una splendida associazione…!
*Umberto Lozzi (Campobasso 4.04.1963)
– laureato in Scienze Filosofiche ed in Pedagogia, attualmente è docente di Scienze Motorie (ex Ed. Fisica) presso le scuole superiori di Campobasso (Liceo Artistico)
– in passato ha collaborato, anche se per brevi periodi, con diverse cattedre delle Università di Cassino e di Campobasso e con diverse testate giornalistiche regionali sui temi dell’ambiente e del sociale.
– tra le altre cose, è un ambientalista non solo teorico. Da circa trenta anni lotta, con un’associazione creata da lui, per la difesa dei fiumi della sua regione, in particolare del fiume Biferno.
**Relativamente al testo Thoreau oltre Thoreau:
– stampato in autoproduzione dalla Booksprint edizioni nel 2013
– il testo è presente on-line su tutte le ditte e cataloghi in formato cartaceo e kindle
– c’è anche un booktrailer sul canale you tube alla voce Thoreau oltre Thoreau
(per diversi anni, nei cataloghi Amazon, Ibs etc. il libro ha occupato i primissimi posti nell’ordine per rilevanza. Attualmente, conserva ancora la prima posizione nell’ordine per rilevanza presso la Biblioteca Nazionale di Firenze alla voce Thoreau).
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