Carl Schmitt, chi sei tu?
di Edoardo Caterina
(Allievo perfezionando in Diritto costituzionale, Scuola Superiore Sant’Anna, Pisa)
Quando ascolto una sonata di Beethoven eseguita da Backhaus o una sinfonia di Mozart diretta da Karajan, non mi pongo affatto il problema che questi eccellenti artisti avessero avuto simpatie naziste e che fossero stati onorati dal regime hitleriano. In fondo, in alcuni particolari ambiti è davvero possibile operare una distinzione tra idee e opera della persona. Ciò non appare invece possibile in quei casi in cui le idee degli autori rifluiscono anche solo mediatamente nell’opera. Che autorità può mai avere uno studioso del diritto costituzionale, cioè di quella materia in cui sono ricompresi i diritti fondamentali e il funzionamento democratico dello Stato, che sia stato un fervente antisemita e che abbia cercato attivamente di rivestire di legittimità giuridica il regime nazista? Si sta parlando ovviamente di Carl Schmitt. È sempre stupefacente vedere come, nonostante tutto, questo autore sia stato da tempo sdoganato e addirittura venga tenuto da molti per uno dei maggiori pensatori del secolo XX (“a leading thinker of the twentieth century” lo definisce in apertura il recente “Oxford Handbook of Carl Schmitt”). Non occorre leggersi le migliaia di pagine scritte da Schmitt o quelle ancora più numerose che sono state scritte su di lui per rendersi conto che Schmitt in realtà ha dedicato molto più tempo a scrivere che a pensare (e in questo forse egli è stato davvero il padre di tanti “pensatori” odierni). Basta una pagina. Per questo propongo la traduzione di un testo di Schmitt mai pubblicato in italiano e “riscoperto” in tempi relativamente recenti [1]. Il brevissimo testo è la nota introduttiva (“Vorbemerkung”) che Schmitt fece all’intervento del suo collega Edgar Tatarin-Tarnheyden tenuto durante il convegno “Ebraismo nella scienza giuridica” (“Das Judentum in der Rechtswissenschaft”) del 1936. Era stato lo stesso Schmitt ad organizzare il convegno nel disperato tentativo di riaccreditarsi come giurista ufficiale del nazionalsocialismo, dopo essere caduto in disgrazia presso i vertici del regime. Il tentativo fallì e lo stesso 1936 è l’anno della “caduta” di Schmitt (si fa per dire: continuò indisturbato a scrivere e a insegnare), conclusione della parabola dei tre anni (1933-1936) in cui il “pensatore” di Plettenberg si era fregiato del titolo di Kronjurist [2] di Hitler. I vari avvocati d’ufficio su cui Schmitt può ancora contare hanno tentato di “giustificarlo” dicendo che si trattava di mera piaggeria dettata dagli eventi, visto che in quello stesso periodo Schmitt era stato attaccato da alcune cerchie del partito nazista e temeva di essere epurato (probabilmente si era fatto amici sbagliati nel regime). In tal modo si tendeva a ridimensionare la portata delle scatenate esternazioni fatte da Schmitt nei suoi interventi di apertura e di conclusione del convegno. Nelle conclusioni [3] Schmitt incitava alla “ripulitura delle biblioteche” e dava precise indicazioni perfino circa lo stile delle citazioni bibliografiche: “un autore ebreo è per noi sempre da citare come autore ebreo”, e comunque era lecito citarlo “solo quando ciò si [fosse] reso indispensabile per evitare un plagio” perché già “dalla mera indicazione della parola ebreo procede un salutare esorcismo”. All’apertura dei lavori Schmitt aveva invece lodato la “grandiosa battaglia” del Gauleiter Julius Streicher [4]. Streicher era il famigerato direttore del Der Stürmer, giornale “politico-pornografico” [5] di propaganda e di odio antisemitico, tra i principali istigatori della notte dei cristalli (che avrebbe avuto luogo due anni più tardi, nel 1938). Nel 1940 fu destituito dalla carica di Gauleiter in quanto perfino Göring e i vertici del regime lo ritenevano eccessivamente violento e aggressivo. L’attenuante della ipocrita piaggeria non ha retto a lungo. Nel 1991 fu pubblicato Glossarium, in cui sono raccolte le (agghiaccianti) riflessioni che Schmitt aveva tenuto in forma di diario negli anni 1947- 1951. Ne venne fuori che il suo feroce antisemitismo era rimasto del tutto intatto nel dopoguerra. In ogni caso già nel 1982 Schmitt aveva rilasciato una intervista [6] a Fulco Lanchester, poi pubblicata sulla prestigiosa rivista Quaderni costituzionali [7], in cui ricordava il convengo del 1936 sostenendo che fosse ancora “interessante” e che avesse “una sua validità” [8] (il fatto forse ancora non è conosciuto in Germania). La nota introduttiva in parola contribuisce a demistificare ulteriormente questa interpretazione indulgente dell’antisemitismo di Schmitt. La nota costituisce infatti un intervento “non richiesto” e gratuito (negli atti del convegno questa è la sola “Vorbemerkung” a precedere una relazione) e per giunta non è neanche firmata (per questo è a lungo sfuggita dalle bibliografie di Schmitt). A dimostrazione di quanto genuino e spontaneo fosse il fervente odio di Schmitt contro gli ebrei. Venendo al suo contenuto, si può constatare che, rispetto a Schmitt, gli odierni no-vax e i vari teorici delle scie chimiche potrebbero passare per dei filosofi illuministi. Schmitt, dall’alto della sua poliedrica cultura, ci chiarisce come gli ebrei, a partire dal XIX secolo, si fossero insinuati come un virus nel corpo sano del popolo tedesco, dissimulando la loro Judentum sotto le vesti più varie e insospettabili. Siamo al complotto giudaico nel puro stile dei Protocolli dei Savi di Sion. Non fu né la prima né l’ultima volta che Schmitt si lasciò andare a simili affermazioni. Una delle prime cose che Schmitt aveva fatto nel 1933, dopo la presa del potere da parte di Hitler, fu denunciare al Ministero il suo collega ebreo Erich Kaufmann (sul quale anche la nota introduttiva amabilmente si sofferma).
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Note
1 Cfr. R. MEHRING, Carl Schmitt und der Antisemitismus. Ein unbekannter Text, in Forum Historiae Iuris, 31.03.2006, online su: https://forhistiur.de/2006-03-mehring/?l=de
2 letteralmente, “giurista della corona”, cioè giurista ufficiale di corte.
3 C. SCHMITT, Schlußwort, in Aa.Vv., Die deutsche Rechtswissenschaft im Kampf gegen den juedischen Geist (Das Judentum in der Rechtswissenschaft, vol. 5), Berlino [1938], pp. 28 ss.
4 C. SCHMITT, Eröffnung der wissenschaftlichen Vorträge, in Aa.Vv., Die deutsche Rechtswissenschaft im Kampf gegen den juedischen Geist (Das Judentum in der Rechtswissenschaft, vol. 5), Berlino [1938], pp. 14 ss. Per una versione italiana dei testi antisemiti di Schmitt: C. ANGELINO, Carl Schmitt sommo giurista del Führer. Testi antisemiti (1933-1936), Genova 2006.
5 In tedesco si parla di Politpornographie. Il giornale si serviva di numerose caricature, illustrazioni e racconti a sfondo pornografico nella sua “grandiosa battaglia” contro gli ebrei e la Rassenschande (cioè le “unioni miste” tra ebrei e non ebrei). “Piatto forte” della rivista era la descrizione di violenze sessuali perpetrate da ebrei a danno di donne non ebree.
6 Da ultimo riportata in C. SCHMITT, Un giurista davanti a se stesso (a cura di G. Agamben), Vicenza 2012, pp. 151 ss.
Il testo dell’intervista si trova anche online: http://www.consiglio.regione.campania.it/cms/CM_PORTALE_CRC/servlet/Docs?dir=docs_biblio&file =BiblioContenuto_742.PDF
7 1/1983, pp. 5 ss.
8 C. SCHMITT, Un giurista davanti a se stesso, cit., p. 159.
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