Volentieri riprendiamo l’articolo di Marcello Flores “E poi, i diritti umani”, pubblicato ieri, 10 dicembre 2018, su il Post.
E poi, i diritti umani
Settant’anni fa oggi fu approvata la “Dichiarazione Universale” e da lì bisognerebbe ripartire
di Marcello Flores
Se si escludono meritevoli eccezioni, le celebrazioni del 70° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani (DUDU) non hanno suscitato eccessivo interesse e men che meno una riflessione su quale sia lo stato dei diritti umani oggi nel mondo e in Italia. Ciò è dovuto prevalentemente, e non potrebbe essere altrimenti, al clima generale che si condivide in varie parti del mondo, dove il “We first” riesce al massimo a riconoscere la necessità di difendere i diritti dei «cittadini» ma al contempo ritiene utile sacrificare i diritti delle «persone» pensando che sia inevitabile se si vuole soddisfare gli interessi (e le paure) dei cittadini.
Settant’anni fa la grande rivoluzione e originalità rappresentate dalla DUDU si fondavano proprio sull’aver esteso a ogni persona – dopo le tragedie dei totalitarismi e della Seconda guerra mondiale – la «dignità» e i «diritti» che un tempo riguardavano solo alcune categorie di cittadini. Aver messo al centro la dignità significava, nella sostanza, due cose: indicare agli stati che non potevano escludere nessuno – nessuna persona – dalla protezione di tutti quei diritti che sostanziano la dignità di ognuno (diritto alla vita, alla libertà, alla sicurezza, come recita in bella sintesi l’articolo 3; o diritto all’uguaglianza, alla partecipazione, alla giustizia, come ricordano i successivi); ma anche suggerire agli stati che dovevano attivarsi positivamente per individuare misure che facilitassero il compimento e concretizzazione di quella dignità (continua a leggere l’articolo qui).
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