«Eppure qui c’è un grande problema. Perché non è che si possa dismettere un linguaggio, un sistema di pensiero, ma solo un po’ e non del tutto. O modernizzazione vuole dire tendenza alla liberazione della vita economica, civile, culturale e politica delle persone dall’enorme zavorra dei parassitismi, clientelismi, corporativismi (che inquinano almeno dall’epoca fascista, mai veramente sradicati, il rapporto fra lo Stato e la società civile), da un lato, e dall’altro lato dalle rigidità ideologiche del pensiero storicista e classista. (…) oppure modernizzazione vuol dire tutt’altro (ad esempio ciò che ne pensa il radicalismo no-global, che Cardini evoca non si capisce bene se come via possibile) – e allora tanto varrebbe demonizzare “l’Europa” (senza neppure distinguere fra Parlamento-Commissione, che si sono pronunciati in senso favorevole alla ripartizione equa dei migranti e a un accrescimento della responsabilità comune, e Consiglio, che rappresenta solo il mutismo dei contrapposti egoismi nazionali), e poi di seguito il senso delle istituzioni e della legge, il rispetto della cosa pubblica, della certezza del diritto, della separazione dei poteri, e infine i valori fondanti della Carta di Lisbona che configurano un liberal-socialismo di welfare e pari opportunità, e puntano alla sua realizzazione attraverso la crescita sovranazionale degli orizzonti materiali e spirituali dei cittadini europei, e la liberazione di potenzialità e ricchezza che le ormai ridicole dimensioni delle amministrazioni nazionali (e dei loro inveterati conflitti locali di interesse, vedi ponte di Genova coi controllati segretamente promossi a controllori, non certo da Bruxelles) soffocano e comprimono».
In questo ampio stralcio dal commento di Roberta De Monticelli al mio primo articolo dedicato all’affaire Diciotti, La Diciotti, il Loggione e la Platea. La retorica sovranista e i suoi nemici / I, riscontro anche io, in effetti, un problema decisivo, che riguarda in modo essenziale l’idea diversa che possiamo avere di libertà e di sovranità come concetti che si trovano a fondamento, in un ambito che in via di approssimazione potremmo definire “privato” e “pubblico”, dell’idea stessa di modernità al quale in un modo o nell’altro facciamo tutti, in modo non necessariamente così chiaro, riferimento. Mi chiedo però se ci si trovi davvero, come De Monticelli sostiene, di fronte all’alternativa secca ed esclusiva che nel suo commento propone. Potrebbero, infatti, esistere anche altre letture, che portano ad altre strade.
Allo scopo di fissare qualche coordinata utile alla riflessione, propongo la lettura di quattro articoli, ognuno offrente un punto di vista diverso sul problema. Si tratta di contributi piuttosto eterogenei, ma complementari: i primi due hanno un carattere più teorico; i secondi sono direttamente riferiti alla situazione politica attuale, con particolare riferimento al ruolo che, di fronte a questa sorta di crisi dei fondamenti della liberaldemocrazia, avrebbe dovuto o potrebbe giocare la sinistra italiana ed europea.
1) Un articolo di Vincenzo Costa, Professore Ordinario di Filosofia Teoretica presso l’Università del Molise, relativo alla nozione di “popolo” e al nesso che essa intrattiene con quella di “intersoggettività”, dal titolo: Popolo e moltitudine. Un tentativo di chiarificazione fenomenologica.
2) Un articolo di Andrea Zhok, Professore Associato di Filosofia Morale presso l’Università degli Studi di Milano, Sul senso storico dell’appello al sovranismo e i suoi limiti.
3) Una recensione dell’interessante libro di Luca Ricolfi, Una sinistra senza popolo. Il conflitto politico nell’era dei populismi. (Longanesi, uscito nell’aprile del 2017).
4) Un articolo di Vincenzo Visco, più volte Ministro economico tra il 1996 e il 2008, nei Governi Ciampi, Prodi, D’Alema e Amato, pubblicato su nuovatlantide.org il 7 settembre 2018: Tra presente, passato e futuro, contributo per una nuova sinistra.
In aggiunta a questi quattro contributi, abbiamo il piacere di segnalare anche questa riflessione di Paolo Costa, ricercatore di filosofia presso la Fondazione Bruno Kessler di Trento, a proposito delle contraddizioni interne al Sovranismo democratico come risposta all’attuale crisi del paradigma democratico liberale.
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