Raramente un giudizio di valore risuona in Parlamento nella sua purezza – vale a dire, come espressione di un pensiero sinceramente creduto vero, e affermato con buone ragioni, in modo che chiunque possa vagliarle e discuterne per puro amore di verità. Nello spazio della politica la retorica prevale sulla logica e il contesto sul contenuto di ciò che si afferma. Tanto più importante è che questo raro caro si sia verificato a proposito di una legge di civiltà – quella sul testamento biologico – finalmente approvata dal Parlamento italiano, dopo un decennio almeno di battaglie. “D’ora in poi le persone avranno più dignità e responsabilità”. Questa frase, pronunciata da un esponente dei movimenti che più strenuamente hanno sostenuto il diritto di vedere rispettata la propria volontà relativamente al trattamento che ci sarà riservato nell’ora della nostra morte, esprime una dura, limpida e innegabile verità. La nostra dignità cresce insieme con il peso della libertà che sappiamo portare, perché, dato che morire si debba, farsi carico di una responsabilità fino ad oggi delegata al medico richiede meno rimozione e più coscienza – dunque forse più angoscia. Ma questo nuovo diritto ci libera di un altro pezzettino di soggezione, non tanto al destino quanto alla volontà altrui, per quanto carica di buone intenzioni (e di impersonali automatismi – che sono spesso feroci, siano quelli della malattia o quelli della cura forzata). Un diritto che può offrire un po’ di sollievo a tutti quelli che ci sono cari quindi fa ancora di più – accresce non soltanto la nostra dignità e la nostra responsabilità, ma anche la nostra umanità. Concordiamo in toto con le parole di Emma Bonino: “Quando si riesce a far sì che le istituzioni finalmente ascoltino, sono emozioni importanti. Anche se per far sì che ascoltino ci si mette anni, decenni”. Finalmente.
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