Dal fisico e filosofo Carlo Rovelli un po’ di luce sullo stato effettivo dell’Università italiana. Da leggere senza abbassare la soglia di attenzione critica.
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Questo intervento di Carlo Rovelli dovrebbe essere letto e meditato da tutti noi, ma soprattutto dall’attuale Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca. Purché non lo si voglia usare semplicemente per lenire le profonde ferite che a tutte le persone di buona volontà infligge un costume consortile, nel reclutamento ma non soltanto, e non limitato agli scandali che emergono, la cui diffusione è innegabile, e i cui motivi sono al contempo strutturali e in parte facilmente correggibili.
Ad esempio, mentre giustamente Rovelli critica la pletora di norme e vincoli che costringono gli aspiranti a pubblicare tanto, e magari male purché tanto, una parola andrebbe spesa sull’assurdità di un sistema di esami che permette al candidato di ritirarsi se il voto non gli garba e ripertere l’esame più o meno indefinitamente. Oppure, sulla creazione di vincoli impropri che deriva dalla possibilità di candidarsi per il dottorato nella stessa università dove si è studiato, e addirittura di far carriera sempre e solo lì.
Infine, dar fiducia al giudizio dei singoli non significa evidentemente legittimare le “cordate”, a tutti i livelli della promozione e del finanziamento della ricerca (cf. i numerosi interventi su questo blog al proposito:
https://www.phenomenologylab.eu/index.php/2016/03/scienza-politica-technopole/
https://www.phenomenologylab.eu/index.php/2012/09/abilitazione-dossier/
https://www.phenomenologylab.eu/index.php/2011/12/lettera-di-gianluca-briguglia/
e molti altri….)
Insomma, la discussione è aperta. Alla fine, non spetterebbe a noi (tutti, universitari) far proposte ragionevoli al Ministro – invece di limitare le nostre battaglie al loro aspetto sindacale?
Roberta De Monticelli
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