Del lucido e in gran parte condivisibile articolo di Nadia Urbinati sull’Unione Europea oggi vorrei commentare soltanto la conclusione, che mi sembra meno costruttiva dell’articolo:
“Non sembrano esserci altre soluzioni al problema europeo: perché l’Unione sopravviva deve farsi politica e avere un potere federale capace di imporsi ai governi degli stati membri. Una soluzione più utopistica oggi di sessant’anni fa, nonostante quell’Europa venisse da una carneficina mondiale e questa da sei decenni di pace”.
In realtà è solo la parola “utopistica” che vorrei contestare. Un’utopia è un’idea che non ha luogo in terra. Invece esattamente l’idea espressa nella frase conclusiva dell’articolo è iscritta nel Trattato di Lisbona, che come è noto incorpora quanto è rimasto in vigore di tutti i trattati precedenti, e fra questi recepisce, con la Carta dei Diritti, alcune fondamentali caratteristiche di una Costituzione.
Un’idea iscritta sulla carta di un documento normativo e costituente è, letteralmente, già un’idea incarnata in terra, perché quel documento normativo ha vigore giuridico, e là dove non venga rispettato sono i governi degli Stati Membri che sono gravemente inadempienti agli obblighi che essi stessi si sono dati. Usare la parola “utopia” rischia di offuscare questo punto, quasi sollevando gli Stati Membri dall’accusa che la loro stessa Carta rivolge loro.
Per chiarire meglio quello che intendo può essere utile ricordare alcuni punti importanti del Trattato di Lisbona.
1. I suoi fondamenti, che sono un insieme di valori cui espressamente i principi economici sono subordinati. A differenza del Trattato di Maastricht, quello di Lisbona non dice che l’unione è fondata sulle precedenti comunità economiche, dice invece:
“L’Unione è fondata sui valori del rispetto per la dignità umana, la libertà, la democrazia, l’eguaglianza, l’imperio della legge; e del rispetto per i diritti umani, inclusi quelli delle persone che appartengono a delle minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati Membri in una società in cui pluralismo, non-discriminazione, tolleranza, giustizia, solidarietà ed eguaglianza fra donne e uomini prevalgono”.
2. L’inclusione della Carta di Nizza, con la sua ammirevole tavola di 6 valori, che articolano le quattro generazioni di diritti umani civili, politici, sociali e culturali: dignità, libertà, eguaglianza, solidarietà, cittadinanza e giustizia.
3. La chiara definizione dell’Unione non come organismo inter-governativo, ma come democrazia sovranazionale, con una cittadinanza sovranazionale che esprime un Parlamento sovranazionale, il quale nomina una Commissione (l’organo esecutivo); e con un potere giudiziario indipendente (la Corte Europea). Il Consiglio dei Capi di Stato e di governo è solo uno degli organi decisionali dell’Unione.
4. Il pieno riconoscimento del principio di cittadinanza attiva. In effetti, Cittadinanza è un valore per la prima volta esplicitamente inserito come tale, e come indipendente, in una Dichiarazione di Diritti. Paragonata con i valori delle classiche Dichiarazioni del XVIII secolo, anche dignità è un valore nuovo: ma appare già nella Costituzione post-bellica della Germania federale, e ovviamente nel primo articolo della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948. Ma in questa doppia presenza, il Trattato di Lisbona esprime in effetti i principi fondamentali della pari dignità democratica, della democrazia rappresentativa e partecipativa.
E la democrazia partecipativa si dà lo strumento potenziato dell’iniziativa di cittadinanza (Eci o European Citizens Initiative). Nel suo discorso per l’anniversario del 25 marzo, riportato sul Fatto Quotidiano, Enrico Letta ha fatto un’interessante proposta da cui i cittadini europei sono già in grado di trarre lo stimolo per un’iniziativa comune: e non c’è affatto bisogno, qui, che siano d’accordo i governi, o anche soltanto le maggioranze dei singoli Paesi, per promuovere una proposta di legge da sottoporre al Parlamento Europeo.
“Si faccia in modo che nasca la democrazia in Europa: i britannici adesso escono, liberano 73 seggi al Parlamento Europeo, invece di toglierli, creiamo una circoscrizione europea di tutti i Paesi europei e votiamo per quei seggi tutti insieme: così, io cittadino europeo avrei davvero possibilità di incidere sulle politiche europee in modo diretto”.
Che l’Unione Politica Europea non sia un’utopia dipende strettamente da noi, suoi cittadini. Abbiamo i mezzi legali e istituzionali per premere in quella direzione. E se non si realizzerà, non avremo da incolpare che noi stessi.
(Pubblicato su Huffington Post il 27 marzo 2017 e sul blog di Libertà e Giustizia il 30 marzo 2017)
Guarda anche: https://www.phenomenologylab.eu/index.php/category/canone-europeo/
Leggi il numero speciale di Phenomenology and Mind dal titolo “Philosophy and the Future of Europe” qui
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