Passato e presente. L’incubo della sinistra e il suo presente: il caso tedesco – di Cecilia Butini

giovedì, 2 Marzo, 2017
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“Quando si parla della Stasi e del passato la discussione è piena di pregiudizi e categorizzazioni, ed è stato così anche nel mio caso. Ora, io da ragazzo ho lavorato cinque mesi per il Ministero per la Sicurezza Nazionale (la Stasi). Sono stato però gettato in un calderone insieme a quelli che hanno torturato per vent’anni nelle loro prigioni.”

Così si è aperto Andrej Holm davanti all’istituto di scienze sociali dell’università Humboldt di Berlino, mentre la protesta degli studenti a seguito del suo licenziamento volgeva al termine. Il dipartimento di sociologia dell’Università Humboldt è stato occupato per protesta dal 18 gennaio al 16 febbraio.

Andrej Holm, 46 anni, è docente e ricercatore nel campo delle metodologie della ricerca urbana, attivista per il diritto alla casa ed esperto di gentrificazione a livello europeo. Originario dell’ ex-Germania Est, formalmente apartitico ma simpatizzante della Linke, il partito di sinistra nato in gran parte dalle ceneri del partito unico della DDR, Holm è stato, da dicembre 2016 al mese scorso, assessore allo sviluppo urbano nell’amministrazione berlinese guidata dalla SPD in coalizione con la Linke e i Verdi. Le sue dimissioni, avvenute il 16 gennaio a seguito di pressioni da parte della SPD in merito alle sue attività lavorative nella Stasi nel 1989, sono state seguite dal licenziamento dall’università Humboldt per lo stesso motivo (tecnicamente, per la mancata segnalazione della cosa in un modulo per neoassunti dell’università nel 2005). Il licenziamento è poi stato revocato il 10 febbraio, mentre da una decina di giorni Holm ha ripreso parzialmente le attività politiche, diventando consulente privato per la Linke.

La protesta degli studenti e l’occupazione delle aule di sociologia, durata in tutto un mese, è stata inizialmente una risposta diretta al licenziamento: ripetendo il motto “Holm bleibt” (Holm resta), un gruppo di qualche centinaio di studenti ha voluto prendere posizione contro una decisione considerata ingiusta perché sproporzionata rispetto all’entità dell’irregolarità, ovvero il mancato resoconto di una breve collaborazione di Holm diciottenne con la Stasi, per giunta nel periodo appena precedente il crollo del comunismo.

A questa spiegazione, però, si sono aggiunti fin da subito almeno due ulteriori elementi che hanno reso la protesta un evento degno di nota. In primis l’insistenza da parte degli studenti sul tema della libera ricerca e della teoria critica alla Humboldt, aspetti che il licenziamento di Holm avrebbe a loro avviso minacciato; e, inoltre, la stretta connessione con i movimenti per il diritto alla casa e per l’abbassamento degli affitti a Berlino.

La figura di Andrej Holm si può comprendere, da una parte, guardando alle tendenze politiche di chi ha vissuto gli anni del comunismo e si ritrova affine all’assetto di un partito di discendenza quasi diretta dalla SED, ovvero la Linke; dall’altra, se si guarda al processo di gentrificazione e riqualificazione urbana subito da Berlino Est nei primi due decenni dalla caduta del Muro, e la conseguente trasformazione che ha fatto della capitale tedesca un case study interessantissimo dal punto di vista urbano e sociale. Qui si inseriscono le ricerche di Holm sociologo urbano, e il suo metodo di insegnamento basato sulla ricerca sul campo e sul coinvolgimento attivo degli studenti.

La sua vicinanza alla causa di coloro che hanno subito la gentrificazione sulla propria pelle, vedendo i prezzi delle case alzarsi e l’uguaglianza sociale assottigliarsi, va poi di pari passo con le istanze degli studenti, che hanno voluto portare la propria protesta per la libera ricerca al di fuori delle pareti dell’università, unendosi con le associazioni berlinesi per il diritto alla casa.

La questione della Stasi e del passato di chi ha vissuto a cavallo tra due epoche rimane sullo sfondo di questo dibattito, ed evidenzia come le tensioni non ancora risolte sul passato della Germania pesino ancora oggi sul linguaggio della politica, allo stesso modo in cui il Muro di Berlino ha lasciato tracce indelebili non solo nella storia mondiale ma anche, chiaramente, nelle dinamiche urbane e sociali della città stessa.

Ho cercato di capire se e in quale misura Holm pensi di essere stato preso di mira ingiustamente per motivazioni politiche (socialdemocrazia contro sinistra estrema), più che per volontà di iniziare un dibattito sul passato e sulla memoria storica.

“E’ una questione a molti livelli”, risponde. “Parte della pressione esercitata su di me è stata causata dal fatto che la politica in cui mi sono impegnato, ovvero una politica abitativa molto orientata al sociale, ha visto delle difficoltà. La questione della Stasi poi è chiaramente un altro motivo fondamentale. Le vittime della dittatura, quelli che sono stati colpiti dalla repressione, hanno visto in questa storia un’occasione per ricordare che ciò è esistito. Ciò scaturisce dal fatto che, a parte quando vengono fuori casi simili, manca un vero impegno sul fronte della memoria storica”.

“Al momento in Germania non c’è disponibilità ad andare a vedere chi ha fatto cosa ai tempi della Stasi”, continua. “E ciò è perchè negli ultimi venticinque anni, dalla caduta del Muro insomma, non c’è praticamente mai stato un vero dibattito sulla DDR. C’è sempre stato poco interesse a capire chi avesse costruito quella società, della quale peraltro abbiamo diciassette milioni di persone in Germania oggi, e a confrontarvisi. Per ora vale ancora il detto ‘Stasi una volta, Stasi per sempre’, e io sono stato preso dentro questa logica”.

L’occupazione studentesca sembra essere stata per Holm un’occasione per utilizzare un linguaggio politico fortemente connotato, e, allo stesso tempo, per stabilire i confini di una ricerca universitaria impegnata:

“Ciò che vediamo in Europa, sia che si tratti di sfratti in Spagna o di aumento degli affitti nelle grandi città tedesche come Berlino, è che dove i calcoli economici privati determinano lo sviluppo urbano, i diritti sociali vengono affondati. Il cuore delle scienze sociali deve essere proprio la relazione che si intrattiene con la città, con la società”.

La sua idea di politica abitativa sostenibile è quella in cui restrizioni legislative statali e politiche di costruzione pubbliche si abbinano a situazioni di autogestione di blocchi abitativi da parte degli affittuari. “Questa”, spiega, “E’ una formulazione generale che poi va adattata alle realtà dei singoli paesi europei”.

L’idea vale anche per la gestione del flusso di rifugiati verso l’Europa: ” Abbiamo bisogno di case economiche, e inoltre abbiamo bisogno di case che possano essere date in affitto a interi gruppi di persone o a quelli che ne hanno urgente bisogno. Al momento la situazione in Germania è che le agenzie private, quando hanno di fronte più di due o tre candidati per una casa, lasciano che il proprietario scelga chi può entrare, il che implica molta discriminazione. Ciò di cui c’è bisogno dunque non sono solo case economiche, ma anche che ci siano casi in cui lo stato può dare l’ultima parola su chi può entrare, avendo così accesso alla distribuzione delle abitazioni. Ciò in Germania esiste già, in parte, ma va assolutamente rafforzato”.

“In generale, qui a Berlino abbiamo un consenso piuttosto ampio sul fatto che i rifugiati non debbano essere sbattuti fuori, ma che debbano venire integrati in società. La conseguenza logica è che debbano uscire dalle palestre e dai campi per vivere in normali appartamenti”, sostiene Holm.

Poco prima, durante il suo intervento davanti all’assemblea degli studenti occupanti, Holm aveva esortato a istituzionalizzare la protesta, a renderla cioè più simile a un movimento che a qualcosa di estemporaneo. Una posizione simile è indicativa della distanza tra la sinistra estrema e i social-democratici, che pur sono, ad oggi, alleati nel governo cittadino. La questione si apre a livello nazionale e oltre se si pensa alla messa da parte della sinistra estrema come una modalità di ascesa per Martin Schulz e la SPD.

Cecilia Butini

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