Pirandello e il giudizio

lunedì, 9 Gennaio, 2017
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Pirandello e il giudizio

di Giacomo Costa*

  1. Il passo pirandelliano che va per la maggiore sulla rete

Il passo seguente vorrebbe essere una citazione da un´opera di Pirandello, ma sembra che nessuno sappia da quale. Per quanto ne so, potrebbe essere un apocrifo e addirittura una traduzione maldestra dall´inglese: ad esempio, in italiano ci si mette nei panni, non nelle scarpe, di un´altra persona (anche se, a dire la verità, in inglese ci si mette nelle scarpe, non si calzano le scarpe di un altro…) Ma il tono dolente e ribelle del personaggio che parla richiama senz´altro l´opera del grande drammaturgo italiano.

(A) Prima di giudicare la mia vita o il mio carattere… Mettiti le mie scarpe, percorri il cammino che ho percorso io. Vivi il mio dolore, i miei dubbi, le mie risate… Vivi gli anni che ho vissuto io e cadi là dove sono caduto io e rialzati come ho fatto io… Ognuno ha la propria storia.

Questa richiesta, o ingiunzione, o sfida, è molto popolare sulla rete, dove ogni volta che viene proposta riceve immediatamente decine, a volte centinaia di approvazioni e anche commenti entusiastici, e solo molto raramente qualche manifestazione di perplessità. Sembra dunque che la gente ne abbia una comprensione immediata, non percepisca alcuna ambiguità né complessità. La fulmineità e coralità delle risposte su Facebook può forse essere dovuta al sollievo che la lettura di (A) conferisce. Molto probabilmente (anche se nessuno lo dice: tutti si dichiarano colpiti dalla giustezza, dalla profondità dell´affermazione) viene intesa come giustificatoria e assolutoria. Senza che nessuno gliel´abbia chiesto, in pochi secondi gli internauti dichiarano in massa con i loro “likes” di non voler essere ritenuti colpevoli di nulla: una sorta di nuovo rito Facebook.

(A) esprime da parte di chi la pronuncia la consapevolezza di una propria possibile “mancanza”, o di qualcosa nel suo passato che gli possa essere rimproverato, e insieme una sfida a provarsi a giudicarlo, date le condizioni di legittimità del giudizio di cui egli asserisce la vigenza. Siccome egli ritiene che vincerà la sfida, si proclama certo che resterà per sempre esonerato dal giudizio, o forse totalmente approvato. E qual è la condizione alla quale egli è disposto a subire il giudizio? Mi pare chiaro che non dice semplicemente: “Tu nella serie di situazioni in cui mi sono trovato io, come avresti agito?” In (A) non si parla di azioni. (A) asserisce piuttosto

(B) Il giudizio richiede la più totale immedesimazione nell´esperienza di vita del giudicando.

1. Le 3 interpretazioni di (B)

Le conseguenze che si possono trarre da (B) variano a seconda che si assuma che la immedesimazione totale richiesta sia umanamente possibile o no. Se no, 1) si giunge immediatamente all´impossibilità del giudizio. Se sì, viene forse suggerito che 2) in ciascun momento la storia passata determina l´azione, la decisione presente, sicché, vista dall´interno, la progressione è totalmente ed univocamente determinata, ciò che renderebbe, nuovamente, il giudizio impossibile? O viene suggerito che 3) il carico di gioie e dolori rende comunque una vita significativa, interessante, proprio perché dà luogo a una storia, e che quello che conta veramente è il pathos di cui vibra, sicché il giudizio deve essere positivo, almeno per una vita travagliata come quella allusa dal personaggio che parla in (A)? Come se dicesse: comunque sia, con i miei errori, ho vissuto. Una vita vera, non impiegatizia e piatta come la vostra… O forse: ogni vita è un intero inconfrontabile con ogni altro, e solo al suo interno si può trovare un congruo metro di giudizio. Ma dato che è connaturato, conforme ad essa, non può che dare un responso di approvazione. In definitiva: solo io posso giudicarmi, e siccome il criterio di giudizio riflette me stesso, il giudizio è automaticamente totalmente positivo.

1) sarebbe un interessante paradosso: l´unica condizione alla quale il giudizio è possibile è irrealizzabile. Ma naturalmente, resta da capire perché venga posta una richiesta cosi esigente. Perché, ad esempio, dovrei rivivere la gioia dell´evasione fiscale dell´evasore fiscale, e forse anche quelle derivanti dalle sue evasioni precedenti, per stabilire se egli sia o no un evasore fiscale? Si noti che in (A) non vi è alcuna contestazione delle norme morali. E` solo la loro applicazione al personaggio parlante che è in discussione.

2) sembra assumere una strana teoria, secondo cui le nostre azioni sono determinate dalle emozioni provate nelle azioni precedenti, o nelle loro conseguenze. Privo di alcuna facoltà di progettualità, l´uomo sarebbe per sempre prigioniero delle emozioni che viene producendo. Sicché chi rivivesse quelle emozioni, dovrebbe compiere le stesse azioni. Naturalmente secondo alcuni scienziati e filosofi noi umani siamo soggetti a un determinismo totale, ciò che potrebbe esentarci dal giudizio. (Potrebbe anche non farlo se le sanzioni derivanti dai giudizi negativi fossero parte del generale meccanismo deterministico.) Ma ciò che è singolare di 2) è il tipo di determinismo: saremmo determinati dalle emozioni che auto-produciamo (o che si auto-producono in noi), totalmente avviluppati in esse.

Con 3), si ha una svolta: qui chiaramente il giudizio verte sulla significatività biografica, è un giudizio letterario. Il soggetto giudicando si pone come protagonista di una storia. Per costruzione, sfugge a un giudizio morale ma non a uno estetico: è sul piano che estetico che il personaggio di Pirandello si pone come apprezzabile eroe, pronto a sfidare il giudizio.

2.Il soggetto e il tipo di giudizio

Per una riflessione ulteriore possiamo prendere in considerazione due aspetti: a) il soggetto del giudizio, e b) il tipo di giudizio. Naturalmente non sono indipendenti l´uno dall´altro, ma almeno in un primo momento possiamo tenerli distinti. 1a) Il carattere, la personalità possono essere descritti più che giudicati. Naturalmente si può dire di una persona che ha un buon carattere, di un´altra che ha un cattivo o un pessimo carattere, ed è certo meglio avere a che fare con la prima che con la seconda. Allo stesso modo, un “carattere aperto” è più attraente di uno “chiuso”, e “un pessimo soggetto” è proprio da evitare. Ma sempre di descrizioni di complessi di disposizioni, attitudini, abitudini pubblicamente rilevabili e rilevate si tratta. Sicché sarebbe incongruo, sgrammaticato opporre a questi resoconti caratteriali l´invito all´immedesimazione. Naturalmente potrebbe essere falsa l´affermazione che uno è noioso, seccante, un cretino. Ma il test sarebbe costituito da quante persone del suo ambiente condividono tale affermazione, non da un esercizio di immaginazione introspettiva. Però, uno potrebbe essersi fatto una cattiva fama senza meritarla. Il rovesciamento di tale pregiudizio ormai socialmente condiviso e radicato, se mai avvenisse, comporterebbe un appello a dei fatti oggettivi, a una serie schiacciante di buone prestazioni, non all´immaginazione immedesimativa. 2a) l´intero arco della vita vissuta, da una persona che comunque ha sperimentato alti e bassi, goduto e sofferto. Anche qui è difficile parlare di giudizio: piuttosto di resoconto narrativo, che si puo’ sintetizzare in una di ben note formule: una vita tormentata, tribolata, stentata, difficile, avventurosa, movimentata, tranquilla, serena, infelice, felice, fortunata, laboriosa, oziosa, licenziosa, sventurata. Tutte queste proprietà, per quanto si possano anche inferire da un racconto del protagonista, sono rilevabili pubblicamente, dall´esterno: se il personaggio abbia vinto i 200 rana ai campionati liguri juniores nel 1936, se abbia combattuto in una o entrambe le guerre mondiali, se abbia passato degli anni di prigionia in Africa o in India, se abbia concluso la sua carriera come semplice impiegato, o come capo-ufficio, o come direttore di sede. Eccetera. Naturalmente uno può odiosamente dire a un altro (ad esempio a un rivale, un avversario, o altra persona dei cui affari si abbia una conoscenza di lunga durata: si trema all´immaginare che possa essere una moglie che lo dichiara al marito):  “Sei un fallito”, ma ci deve essere un chiaro riferimento a delle circostanze sociali: aveva aspirato alla mano di Berenice, la più bella ragazza della città, e ne fu respinto; aveva voluto emergere come scrittore, ma i suoi due libri furono entrambi rifiutati dalle più di 20 case editrici a cui si rivolse; aveva progettato e intrapreso la costruzione di un audace ponte sospeso, ma questo prima ancora del collaudo crollò ; aveva ricevuto una sostanziosa eredità, e in pochi mesi di affari sbagliati l´aveva persa; ecc… In nessun caso sembra che i giudizi del tipo pertinente al suo oggetto richiedano l´immedesimazione. Se per “giudizio” si intende giudizio morale, questo è impossibile se deve vertere su “la vita e il carattere”, come in (A), non per le ragioni antropologiche di 1) e 2) sopra, ma semplicemente per ragioni grammaticali: non sono questi dei possibili soggetti di giudizio morale.

3. Alla ricerca di un´azione

Io suppongo che il giudizio temuto e respinto in (A) sia morale: è probabilmente a questo che il personaggio pirandelliano vorrebbe sfuggire. Perciò è così popolare tra gli internauti. Come se essa equivalesse al famoso proverbio francese

(C) Tout comprendre c´est tout pardonner.

Ma tra (A), o meglio, tra (B), e (C) non vi è equivalenza, perché  io posso comprendere molto bene, ad esempio, i motivi dell´evasore fiscale, che certo non si esauriscono nel semplice desiderio di non pagare, e addirittura i motivi ideologici che presiedono alla sua profonda soddisfazione e auto-compiacimento dell´evadere, senza condividere i primi e senza aver sperimentato i secondi. (Altra questione è poi se, avendoli compresi, io sia necessariamente indotto a perdonargli il suo fallo, che in (C), ma non in (A), viene ammesso: in (A) viene solo adombrato.)  Naturalmente uno potrebbe chiedersi: ma abbiamo davvero compreso TUTTO? Non dovremmo anche chiederci perché e come il nostro caro evasore fiscale sia entrato nella sfera di influenza di quella ideologia che invita, sollecita, e giustifica, tra le altre pratiche disinvolte, l´evasione?  O per impulso, suggerimento, esempio, insegnamento di chi abbia iniziato lui stesso ad elaborarla e attuarla? La risposta sarebbe positiva ai fini di un resoconto biografico, ma è negativa ai fini della valutazione della sua azione. Infatti solo le azioni, non i caratteri, le personalità, i resoconti biografici, sono l´oggetto del giudizio morale. Certo ai fini del perdono conta l´ incontro tra le due persone. E dunque una lunga storia di sventure dell´offensore potrebbe muovere a pietà l´offeso. Ma affinché vi sia perdono vi deve essere un´offesa, cioè un´azione. E in (A), dov´è l´azione? E´ appunto solo adombrata. Forse si può pensare ad un´azione saliente nella vita del personaggio, che potrebbe qualificarne negativamente l´indirizzo, comprometterne il senso. Ora, è ben chiaro che per giudicare un´azione bisogna identificarla, e per identificarla isolarla concettualmente dall´intreccio delle attività dell´agente. Mentre stava facendo molte altre cose: corteggiando con crescente successo la moglie del suo migliore amico, seguendo l´evoluzione della borsa, contrattando un prestito con la sua banca, discutendo con la sua moglie fingendo di interessarsene del rinnovo della tappezzeria domestica, eccetera, ha, ahimé, falsificato la firma del suo socio (nonché migliore amico). E’ possibile immaginare che tutte queste iniziative siano legate, facciano parte di un unico progetto (ad esempio, esautorare il suo socio dall´azienda e dalla moglie), o siano inserite in tronconi residui di progetti elaborati in momenti diversi (l´idea di portargli via anche la moglie gli può essere venuta in un momento successivo.) Ed è anche possibile che per una calibratura fine del giudizio morale, come del resto di quello penale, si debba tener conto di questo. Tuttavia la falsificazione del documento è un atto che l´agente ha compiuto, o non ha compiuto. E se l´ha compiuto, il richiamo alla globalità della situazione in cui si trovava, probabilmente proposto da (A), o comunque nello spirito di (A), è sostanzialmente irrilevante. Ancora più irrilevante, naturalmente, il flusso, di lunga o di breve durata, delle sue emozioni, prima e/ o durante l’azione stessa.

4. Conclusione

Il personaggio in (A) parla della vita come di una passione, non di una realizzazione. Il suo corso è determinato da fattori sconosciuti e incontrollabili, non dalla sua volontà. La soggettività del personaggio si manifesta esclusivamente nell´accompagnamento emotivo ai fatti, che si producono da sé. Parrebbe quindi che abbia ben poco di cui essere orgoglioso, eppure è orgoglioso. Forse è fiero di aver fatto esattamente queste scoperte sulla vita e su di sé. Questa sembra la sua ideologia, prima ancora che apologia. Ma tenta anche di sviluppare un´apologia più articolata. (B) sembra consistere di un´affermazione molto forte, ma in realtà lasciando non indicato a) il soggetto del giudizio, e b) il tipo di giudizio, dice ben poco. Da (A) si possono trarre alcune indicazioni in merito. E altre si possono ottenere dalla dipendenza dei tipi di giudizio dai soggetti del giudizio. In nessun caso viene confermata la pretesa di (B). Forse (A) si può interpretare come l´invito a passare a una considerazione estetica della vita e/o del carattere del personaggio, o come la tesi che solo lo sguardo estetico è possibile per una vita, o un suo tratto. Qui finalmente l´insistenza di (B) sul requisito dell´immedesimazione avrebbe una sua giustificazione: è leggendo un romanzo, guardando un film, andando a vedere “Sei personaggi in cerca di autore”, che ci si immedesima. Immedesimarsi in un personaggio che subisce la vita, invece che costruirla, è come passare dalla Lombardia alla Sicilia; meglio, dall´Ottocento al Novecento: è come leggere, ad esempio, un romanzo di Pirandello. Tuttavia, (B) prescrive l´immedesimazione come requisito del giudizio. Mentre in questa ipotesi interpretativa, l´immedesimazione, o l´attività di fruizione artistica che la causa, sarebbe il giudizio.

 

Abstract: Pirandello e il giudizio

C´è un breve passo attribuito a Pirandello che va per la maggiore sulla rete, dove riscuote larghi e immediati consensi ogni volta venga inserito, di solito dai leader di qualche gruppo culturale. Nel passo (A) il parlante sfida chi voglia giudicare la sua vita o il suo carattere a rivivere le sue tribolazioni prima di emettere il giudizio. Si puo’ ipotizzare che la tesi da lui sostenuta sia (B) che per la validita’ del giudizio è richiesta la totale immedesimazione nell´esperienza di vita del giudicando. Ora questa tesi si puo’ interpretare in tre modi: 1) siccome la completa immedesimazione è e’ impossibile, anche il giudizio lo è; 2) in quanto le azioni sono determinante dalle emozioni, rivivere l´esperienza comporta la replicazione del comportamento, che è percio´ completamente determinato, e quindi, sottratto al giudizio; 3) una vita si puo’ vedere come un´opera d´arte, suscettibile di un giudizio estetico, non etico. D´altra parte, il carattere si presta ad essere descritto, una vita, ad essere narrata. In entrambi i casi sono richiesti dei riscontri oggettivi, sociali, pubblici, non l´ímmedesimazione. Il timore del giudizio morale  è  incongruo se, come in (A), riferito a questi soggetti. Bisogna cercare un´azione, che in (A) è solo adombrata. Ma anche per l´azione, soggetto proprio del giudizio morale, l´immaginazione immedesimativa non serve. Sono richiesti degli esercizi di comprensione. Resta da concludere che forse in (A) viene proposta l´alternativa estetica 3). Ma in questo caso, contrariamente a (B), l´atto di immedesimazione è il giudizio, non ne costituisce una condizione.



* Giacomo Costa, economista.  E-mail: costa@sp.unipi.it.  Desidero ringraziare il prof. Giuseppe Trautteur, del Dipartimento di Scienze Fisiche dell´Università di Napoli, per alcune penetranti osservazioni alla prima versione di questo breve lavoro. Il ringraziamento non e’ un coinvolgimento.

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