Stéphanie Bouille, che molti nella nostra piccola comunità hanno conosciuto come studentessa di Filosofia al San Raffaele, ha recentemente pubblicato su Facebook un bel passo tratto da Le piccole virtù di Natalia Ginzburg:
“L’Italia è un paese pronto a piegarsi ai peggiori governi. È un paese dove tutto funziona male, come si sa. È un paese dove regna il disordine il cinismo, l’incompetenza, la confusione. E tuttavia, per la strada, si sente circolare l’intelligenza, come un vivido sangue. È un’intelligenza che evidentemente non serve a nulla. Essa non è spesa a beneficio di alcuna istituzione che possa migliorare di un poco la condizione umana. Tuttavia scalda il cuore e lo consola, se pure si tratta di un ingannevole, e forse insensato, conforto.”
Questo passaggio mi aveva ispirato una riflessione sul senso dell’esito del referendum costituzionale che è uscita su un quotidiano, chi volesse può leggerla qui.
Ecco: ma sarà proprio vero che questa intelligenza non serve a nulla? O, peggio, che il voto, come molti affermano, non esprime alcuna vera intelligenza dell’oggetto del referendum, ma solo risponde a tutt’altre questioni, e in modo viscerale e non meditato? Io non lo credo. Ma invito ognuno a esprimersi in proposito. Come possiamo, ad esempio, spiegare ad alcuni distratti leader europei la differenza fra votare Brexit o Trump e difendere la Costituzione italiana? Come Università, per iniziativa degli studenti, avevamo dedicato una mattinata a una discussione generale che molti avevano trovato da entrambi i lati pacata e illuminante, sul merito della riforma costituzionale che il popolo italiano ha respinto a larga maggioranza. E il nostro Lab aveva anche dopo quell’incontro prolungato un po’ la discussione. E benché l’esperienza recente mostri che è difficile avviare un dibattito informale ma un minimo articolato qui – tutti preferiscono esprimersi direttamente sulle loro pagine facebook o nei mille blog più vicini all’attualità quotidiana – io lancio di nuovo il sasso nello stagno. Senza perder tempo a leggere l’articolo cui mi riferivo sopra, ecco la sua domanda centrale. Risposte benvenute.
“Ma perché infine non dovremo credere che quel poco che abbiamo di religione civile si sia consolidato oggi proprio intorno alla memoria della nostra Carta, della storia terribile che portò alla sua nascita, delle speranze che intorno a questa furono concepite e poi deluse – e si sia espressa, nella serenità di un voto tanto esteso? Ad onta del cinismo di troppi intellettuali e filosofi che da troppo tempo sputano su questo poco che ci resta di amor di patria e di memoria illuminata. Che esaltano il pensiero buio di chi definì la politica soltanto nei termini feroci della lotta per il potere, disprezzano la morale come cosa da anime belle….”
Ma ora di questa diffusa intelligenza – se c’è – c’è un grandissimo bisogno perché non sia frainteso in senso anti-europeistico il risultato del Referendum. Ci sono due cose importanti che il Parlamento Europeo sta provando a fare. Cito da una conversazione con Antonio Longo DEL Movimento Federalista Europeo:
“In questo 2016, mentre la politica italiana si occupava della riforma del Senato e della legge elettorale, il Parlamento europeo ha lavorato. Grazie alla spinta dei federalisti e degli europarlamentari del “Gruppo Spinelli”, la Commissione istituzionale del P.E. ha finalmente approvato due rapporti decisivi:
1) Quello di Mercedes Bresso-Elmar Brok per approfondire l’Unione economica ed avanzare verso una politica estera e di sicurezza comune, con un ventaglio di proposte che possono essere realizzate senza modificare i trattati
2) Quello di Guy Verhofstadt, per creare una capacità fiscale dell’Eurozona, con vere risorse proprie, un ministro europeo del Tesoro, un sistema decisionale federale (fine del potere di veto nel Consiglio) e la Commissione che diventa un vero governo europeo: proposte che comportano una modifica dei Trattati.
Questo è il link alla dichiarazione emessa dall’Unione dei federalisti europei l’8 dicembre http://www.federalists.eu/uef/news/the-european-parliament-shows-the-way-for-relaunching-the-union/
Se questi due Rapporti saranno approvati dal Parlamento europeo (e potrebbe avvenire nelle prossime settimane), l’effetto sarà simile a quello che provocò Altiero Spinelli nel 1984, quando trascinò il Parlamento al voto sul nuovo Trattato per l’Unione Europea, poi smontato dai governi. Ed allora il problema sarà quello di “costringere” il Consiglio europeo dei capi di governo che si riunirà il 25 marzo 2017 a Roma a dare il via libera per una road map che stabilisca modi e tempi precisi per l’implementazione dei Rapporti.
Per questo motivo c’era (e c’è) bisogno di un’Italia che stia in piedi, con un governo nella pienezza dei poteri, per vincere le fortissime resistenze che ci saranno”.
Purtroppo, ben pochi hanno sentito parlare di tutto questo. Ragione di più per informarci!
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