“Caro Zagrebelsky, oligarchia e democrazia sono la stessa cosa e ti sbagli quando dici che non ti piace Renzi perché è oligarchico. Magari lo fosse ma ancora non lo è. Sta ancora nel cerchio magico dei suoi più stretti collaboratori. Credo e spero che alla fine senta la necessità di avere intorno a sé una classe dirigente che discuta e a volte contrasti le sue decisioni per poi cercare la necessaria unità d’azione. Ci vuole appunto un’oligarchia”.
Molti sono rimasti un po’ sconcertati leggendo in un editoriale di Scalfari (“Repubblica” 2/10/2016: vedilo qui) che “l’oligarchia è la classe dirigente, a tutti i livelli e in tutte le epoche”. Tanto più sconcertati in quanto a difesa della democrazia “oligarchica” Scalfari chiama Platone (in mucchio con molti altri: Pericle, le Repubbliche marinare, i Comuni, la Dc, il Pci) – Platone la cui Repubblica non assomiglia proprio a una democrazia, e tanto meno a una “società aperta”, come direbbe Karl Popper.
Ma è bene che di questi tempi si dibattano le nozioni fondamentali della nostra vita di cittadini, anche le visioni e i paradossi sono benvenuti se aiutano a dissipare la noia mortale degli slogan, ripetuti con le stesse parole fino a far rincitrullire chi ancora ascolta, che fino a pochi giorni fa hanno dominato i media. Nelle prossime settimane possiamo immaginare ci aspetti un cospicuo numero di botte e risposte di questo genere.
Allora, anche per prepararci al dibattito che si svolgerà al San Raffaele il prossimo 25 ottobre (vedi post precedenti), penso che sia utile a tutti se anche il nostro Lab registra gli interventi più interessanti, in modo che li si possano ripercorrere quando serve, e anche che chi vuole possa commentarli (sono in particolare benvenuti i nostri studenti! Ma anche a tutti i colleghi delle scuole e università che ci seguono!).
Una risposta a mio parere limpidissima, impeccabile nella sua concisione, allo spiritoso excursus di Scalfari mi sembra questo breve articolo di Nadia Urbinati, che sarà anche una delle nostre docenti della nuova Magistrale sulla Filosofia e il Mondo Contemporaneo (“Repubblica”, 4/10/2016, vedilo qui). Non dovrebbero certo essere le parole a farci paura: certo che quelli che competono a un ruolo politico, parlamentare o di governo, sono una minoranza selezionata; ma c’è tutta la differenza del mondo fra un sistema politico attrezzato “per impedire la solidificazione del potere dei selezionati; ovvero per scongiurare la formazione di una classe separata, oligarchica”, e uno che non lo è. Aggiungerei che c’è anche una gran differenza fra un sistema politico che non seleziona più affatto i migliori a quei ruoli, e uno che lo fa, ma questo aprirebbe un altro discorso. C’è una democrazia “aristocratica”? Forse, ma non è la nostra.
Poi però c’è un’altra botta e risposta che può veramente colpire. Salvatore Settis ha scritto una Lettera aperta assai sintetica all’ex Presidente della Repubblica, cui viene attribuita l’ultima paternità della riforma che dovremo approvare o respingere. Tre domande molto chiare – sarebbe bello del resto che qualcuno studiasse bene l’analogia fra la Riforma bocciata al referendum del 2006 e questa, per capire chi ha più ragione, se Settis che si chiede come mai l’ex Presidente della Repubblica abbia cambiato idea, o quest’ultimo, che risponde che non ha affatto cambiato idea (“Repubblica”, 4/10/2016, vedila qui).
Ma quello che a me ha veramente colpito è il tono sferzante – e come incurante delle implicazioni ahimé non lievemente offensive – del tono della risposta dell’ex Presidente (“garante della Costituzione”) e Senatore a vita, una figura di così assoluto rilievo istituzionale che ci si aspetterebbe parlasse una lingua lapidaria, quasi la voce stessa della Repubblica (“Repubblica” 4/10/2016, vedila qui). E invece leggiamo che la risposta è stata scritta “per cortesia verso il Direttore de La Repubblica”, e non certo verso l’interrogante, il quale avrebbe avanzato “domande insinuanti e ad aspre quanto infondate considerazioni”. Ma leggetele queste domande e considerazioni, a me parevano avvolte nel rispetto istituzionale! Però la cosa che più colpisce è la chiusa, una lode all’interlocutore per essersi occupato di questioni “pur lontane dal campo di ricerca e di insegnamento in cui ha saputo eccellere”. A parte che questo è davvero un po’… audace, rivolto a un autore che da tanti anni si occupa di Costituzione precisamente in relazione a quell’aspetto della sua incompiutezza o disapplicazione che, con la tutela del paesaggio e dei beni culturali, riguarda precisamente tutto quello che sta al cuore di quegli studi in cui Settis “ha saputo eccellere”, ebbene: non sarebbe stretto dovere di un cittadino come tale, e dunque di ciascuno di noi, interessarsi precisamente a tutte quelle questioni che riguardano “le forme e i limiti” della nostra sovranità (mica noccioline)? Interessarsene qualunque sia la distanza dal suo proprio campo di attività, proprio per poter porre domande e chiedere ragioni a chi propone, da queste altezze istituzionali, modificazioni radicali del nostro patto di cittadinanza? Ecco, non credo che la Grecia ci abbia insegnato molto della democrazia se non questo: che prima di essere una forma di governo, la democrazia è una civiltà fondata in ragione, dove “fondata in ragione” significa, letteralmente, fondata sulle nostre domande di ragione, sui nostri “perché”, sulle nostre richieste di giustificazione – quelle che Socrate ci ha insegnato a porre, nel faccia faccia, tanto ai nostri concittadini quanto a coloro che sono portavoci delle Leggi. A proposito di oligarchia….
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