E’ uscita anche in Italia, ai primi del mese scorso, la traduzione italiana dei Quaderni neri di Heidegger, nella traduzione della brava Alessandra Iadicicco (Bompiani 2015). Se proponiamo ancora una riflessione su quest’opera, della quale abbiamo già discusso sul nostro Lab in occasione dell’uscita del libro di Donatella Di Cesare Heidegger e gli Ebrei (Bollati Boringhieri 2014) – è perché colpisce sempre il tentativo di scansare le evidenze, per quanto riguarda questo che ancora viene spesso presentato come il massimo filosofo del Novecento, anche quando sono palmari. Ora io credo che nel modo di “pensare” di Heidegger ci sia perfino di peggio del suo antisemitismo “metafisico”, e tuttavia colpisce trovare, perfino sui siti web dove l’opera si vende, il sostantivo “antisemitismo” qualificato dall’aggettivo indulgente “presunto”. Vediamoli allora, alcuni di questi testi.
“La questione riguardante il ruolo dell’ebraismo mondiale non è una questione razziale, bensì la questione metafisica su quella specie di umanità che, essendo per eccellenza svincolata, potrà fare dello sradicamento di ogni ente dall’essere il proprio “compito” nella storia del mondo».
Così scrive Heidegger nell’ultima pagina del Quaderno nero intitolato Riflessioni XIV, all’indomani dell’offensiva tedesca a est, annunciata da Hitler il 22 giugno 1941. Sono pagine meritoriamente messe già a disposizione del lettore italiano da un recente libro di Donatella Di Cesare, Heidegger e gli ebrei. I «Quaderni neri», Bollati Boringhieri 2014. Ora, Heidegger ha ragione: prendiamo un bel caso di ebreo sradicatore, Edmund Husserl appunto. E’ un testo di quasi vent’anni prima, sull’universalità dei giudizi ben fondati – anche quelli di semplice esperienza – che costituiscono acquisizioni per tutti: “nel senso che quello che vedo io può vederlo chiunque…da qualsiasi cerchia culturale provenga, amico o nemico, greco o barbaro, figlio del popolo di Dio o Dio dei popoli nemici”. (L’idea d’Europa, Cortina). Ecco qui all’opera l’ebreo errante che sradica. Di più: Husserl insiste sullo sradicamento, non solo in relazione all’evidenza universale dei giudizi di fatto, ma anche e soprattutto in relazione alla ricerca di evidenza per i giudizi di valore: “così profondamente radicate nella personalità che già il loro metterle in dubbio minaccia di “sradicare” la personalità stessa, la quale ritiene di non poter rinunciare a loro senza rinunciare a se stessa – cosa che può portare a violente reazioni d’animo”. Cioè: “sapere aude”. Con l’aggiunta di una nuova e sofferta consapevolezza di quanto sia difficile il passaggio alla maggiore età: dalle care certezze della comunità d’appartenenza all’autonomia del pensiero adulto. Husserl insiste, spietato: “E non importa che piaccia o meno a me o ai miei compagni, che ci colpisca tutti “alla radice”: la radice non serve”. Fermiamoci ora su un altro termine del gergo heideggeriano: la macchinazione. Scrive Heidegger: “Il mio “attacco” a Husserl è diretto non solo contro di lui, il che lo renderebbe inessenziale – l’attacco è diretto contro l’omissione della questione dell’Essere, cioè contro l’essenza della metafisica come tale, sulla cui base la macchinazione dell’ente riesce a determinare la storia” (citato in Di Cesare 2014, p. 154). Questa idea deve probabilmente il suo successo a una nostra pulsione profonda ad affabulare una potenza “macchinatrice” che ha colpa di tutto, e più genericamente è descritta, più tranquilli siamo noi, amici dell’Essere, filosofi che contemplano l’Essenza del Nichilismo, il Destino dell’Occidente o della Necessità, la Tecnica, il Capitalismo o la Finanza, tutti i volti della Metafisica, insomma, e qualcuno ce ne sarà sfuggito. Il Neoliberismo, forse.
Di Cesare riassume così il risultato della sua esplorazione dei Quaderni neri: “Il pensiero più elevato si è prestato all’orrore più abissale”. La domanda è: ma che cosa ci sarà di “elevato”? Come si può considerare “elevata” l’idiozia etno-metafisica dell’ebraismo sradicatore? Come risulta bene dal passaggio di Husserl, Heidegger imputa a questo “sradicatore” quella che è per Husserl la gloria di Socrate: la vita esaminata, il vaglio critico delle tradizioni e culture d’appartenenza. Ma non sembra molto più elevata l’idea di incolpare l’Ebreo Metafisico di essere l’agente della modernità, bersaglio di tutto il linguaggio heideggeriano: e modernità – in filosofia – vuol dire l’Illuminismo, il principio kantiano di autonomia morale della persona, l’universalismo morale, il cosmopolitismo politico, la scienza e la democrazia.
Purtroppo è proprio questa l’idea di modernità ereditata da una grande ala della filosofia italiana contemporanea. Che sembra confondere nel “destino dell’Occidente”, la ragion pratica e Auschwitz, l’Illuminismo e il nazismo. Sulle tracce di Adorno-Horkheimer, e della loro oscura Dialettica del’Illuminismo. E che cosa insegna questo pensiero ai nostri figli? Nessuno lo ha detto meglio di Jeanne Hersch, filosofa ginevrina di cui è appena stata ripubblicata una “antologia mondiale della libertà”, Sul diritto di essere un uomo (Mimesis): “Un disprezzo ardente, appassionato, ossessivo, per tutto ciò che è comune, medio e generalmente ammesso; per il senso comune, per la razionalità, per le istituzioni, per le regole, per il diritto, per tutto quello che gli uomini hanno inventato, nello spazio in cui devono convivere, al fine di confrontare i loro pensieri e le loro volontà, di dominare la loro natura selvaggia, di attenuare il regno della forza. Assoluto disprezzo dunque, per la civiltà occidentale, cristallizzata in tre direzioni: la democrazia, la scienza, la tecnica; – per tutto ciò che, generato dallo spirito dell’Illuminismo, fa assegnamento su ciò che può esserci di universale nel senso di Cartesio, in tutti gli esseri umani. Tutto questo è vuoto. La democrazia è vuota”.
Segnalo un interessante articolo della FAZ su Heidegger che cerca di delineare le principali prese di posizione nei confronti delle schwarze Hefte: Günter Figal (il pentito: „Es gibt keine Heideggerianer mehr“), Peter Trawny (l’accusatore: Trawny sieht den Antisemitismus von den Rändern in die Seinsgeschichte dringen. Das Judentum sei kein Beiwerk, sondern systematisches Glied eines mythologischen Rahmenwerks, das die sakrale Sphäre des Seins umgibt. Es ist eine Avantgarde der technischen Moderne, die allen Völkern ihren Nihilismus überstülpt und sie im Weltkrieg aufeinanderhetzt, um kampflos nach der Weltmacht zu greifen), Friedrich-Wilhelm von Herrmann (il custode dell’ortodossia: „In keinster Weise“, antwortet er auf die Frage, ob sich die Rezeption des philosophischen Werks durch die „Schwarzen Hefte“ verändert habe), infine Donatella Di Cesare (l’anima dilaniata: Di Cesare spricht von einem metaphysischen Antisemitismus, der das ganze Denken Heideggers durchziehe. Anders als Figal, dem sie eng verbunden war und dem sie heute eine opportunistische, ästhetisch verharmlosende Haltung vorwirft, will Di Cesare Heidegger auch als Geschichtsphilosophen retten, und zwar linker Couleur)
//www.faz.net/aktuell/feuilleton/forschung-und-lehre/spricht-er-selbst-spricht-es-aus-ihm-die-schwarzen-hefte-spalten-heideggers-adepten-13941441-p3.html?printPagedArticle=true#pageIndex_3
Non si capisce come De Monticelli, che reputo studiosa molto seria, dia per scontate così tante cose: in primo luogo ciò che pensa su Heidegger (forse sarebbe finalmente il caso di consegnarlo alla storia, e di affrontarlo “sine ira et studio”, cioè in modo semplicemente onesto!); in secondo luogo la “bravura” della traduttrice (si confronti la “recensione” su Amazon.it che registra una serie di errori marchiani in cinque pagine); in terzo luogo il credito attribuito alla Di Cesare,la quale mescola qualche idea buona con una marea di fraintendimenti (se sono in buona fede e non il frutto di una smodata voglia di protagonismo). Perché chi è pagato per studiare non si mette a studiare sul serio e, se ha altro da fare, non adotta la regola di Wittgenstein?
Gentile Andrea Brocchieri, saprebbe fornire anche qualche elemento critico di merito vuoi sul pensiero di Heidegger, vuoi sulle carenze della traduzione italiana, vuoi sui fraintendimenti a opera di Donatella Di Cesare? Solamente per rendere più proficua la discussione, al di là della sempre utile esortazione allo studio sine ira?
Se non fosse abbastanza irrilevante quello che io penso di Heidegger risponderei che l’ho già “consegnato alla storia” (la quale non se ne fa gran cruccio)da troppi anni. E mi dispiace dover specificare quanti perché una signora non confessa mai volentieri queste cose…. In ogni caso, piccola bibliografia. Tralasciando un articolo dei primi anni 80, in (1995) L’ascesi filosofica, Feltrinelli, Milano c’è un capitolo dedicato a un paio di sofismi di Heidegger. Ci sono poi alcuni articoli dedicati al nesso fra il pensiero di H. e le sue opzioni politiche, di cui segnalo (2004) Jeanne Hersch e il Dibattito su Heidegger, in: R. Ascarelli (a cura di) Oltre la persecuzione. Donne, ebraismo, memoria, Carocci, Roma 2004, pp. 43-53, e una sua versione del 2014, aggiornata alle ricerche di Faye. In (2006a) Esercizi di pensiero per apprendisti filosofi, Bollati Boringhieri, Torino 2006, una parte della prima parte su “L’essere, il Nulla e la logica” è dedicata al modo di ragionare del Pastore dell’Essere. Infine, nel cap. IV di (2015)Al di qua del bene e del male – Per una teoria dei valori, Einaudi, le sezioni 6,7 e 8 sono dedicate alle tre figure centrali del pensiero di H., nella loro versione “Quaderni Neri”. Io però consiglio Andrea Brocchieri di leggersi, piuttosto che l’epigonale De Monticelli, le pagine di Loewith (ad es. Martin Heidegger and European Nihilism, R. Wolin ed., Columbia University Press 1995; inoltre almeno R. Klibansky, L’Université allemande dans les années trente (Notes autobiographiques), in « Revue de la société de philosophie du Québec », pp. 139-158, e soprattutto Jeanne Hersch, Il dibattito su Heidegger: la posta in gioco, in R. Ascarelli, ed., Oltre la persecuzione, Carocci 2004. Questo per la bibliografia, così magari prima di chiedersi come passa il suo tempo chi è pagato per studiare Andrea potrà andarsela a consultare tutta (ma volentieri confesso che io ho studiato di più, in vita mia, altri e men cupi soggetti).
Se poi invece vogliamo venire al punto : caro Andrea, non mi pare di dare per scontato ciò che penso di Heidegger, se non per tema di noia : si guardi un po’ il dibattito su questo Lab, digitando Heidegger nello spazio di ricerca, e non le mancheranno esposizioni dettagliate e argomenti. Ma in particolare riguardo al piccolo post che ha commentato: io mi limito a riportare una citazione di Heidegger sull’essenza del giudaismo “sradicatore”, che sarebbe la stessa della “Modernità”. Forse avrei dovuto aggiungerne una più diretta, presa nello stesso contesto, che suona: “Il mio ‘attacco’ a Husserl è diretto non solo contro di lui, che lo renderebbe inessenziale; l’attacco è diretto contro l’omissione della questione dell’Essere etc.” – da quelle parti H. ribadisce ancora: “contro lo sradicamento dell’ente dall’Essere”(Heidegger 2014, ed. tedesca, pp. 46-47). In seguito, ho mostrato citando Husserl in che senso Husserl indubbiamente sostenga che l’esercizio adulto e socratico della ragione (cioè la ricerca di evidenza e giustificazione per le credenze che si accolgono, in altre parole la socratica “vita esaminata”) porti talvolta e forse spesso a doversi “sradicare” dalle proprie più o meno care e antiche fedi, tradizioni etc., talvolta anche dolorosamente e mettendo addirittura in questione la propria “identità”. Ebbene, non è così? E che c’è di male a constatarlo, anzi, ad essere orgogliosi di questa aspirazione alla ricerca del vero, qualunque ne sia il prezzo? E non c’è, invece, qualcosa di male ad “attaccare” (verbo usato daHeidegger) questo socratismo “moderno”, soprattutto se lo si identifica con “il compito” di quella specie di umanità (il giudaismo) che essendo “sradicata”, sradica? E quindi va bene che venga sterminata, nella riscossa dell’Essere contro l’ente, la tecnica, il Gestell e la macchinazione universale che questa ragione sradicante porterebbe con sé? Ora, va bene considerare le cose sine ira et studio: ma senza indignazione, caro Andrea, io non posso né voglio, in questo caso. Soprattutto se poi, dato il ribaltone della storia, piuttosto che di confessare il suo gigantesco errore il Vate della Selva nera trova la sua battuta più agghiacciante: visto che coincidono con la Modernità, e la Modernità come è noto conduce ai campi di sterminio, che farci: gli ebrei si sono sterminati da soli. E’ più chiaro, ora, cosa ne penso io? Ma a me interessarebbe di più sapere, a questo punto, cosa ne pensa lei!