A distanza di una settimana dagli attentati di Parigi, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (Csnu) ha adottato la risoluzione 2249 (2015) sulla lotta all’Isis, noto anche come Stato Islamico o Daesh. L’obiettivo di tale risoluzione, che non prevede un’autorizzazione all’uso della forza, sembra essere quello di fornire legittimità politica alle operazioni militari che vari Stati stanno già conducendo in Siria.
“Una minaccia globale e senza precedenti”
In generale le risoluzioni del Csnu si suddividono in due parti. Il preambolo introduce il contesto politico e giuridico alla base della risoluzione; i paragrafi operativi, invece, stabiliscono le misure che il Csnu raccomanda o ordina agli Stati di adottare. Nella parte operativa sono inoltre incluse eventuali misure coercitive adottate dal Consiglio in base al sistema di sicurezza collettivo stabilito dal Capitolo VII della Carta Onu, come ad esempio embarghi, congelamenti di fondi, segnalazioni alla Corte Penale Internazionale, nonché autorizzazioni all’uso della forza contro Stati o gruppi armati.
Nel preambolo della risoluzione sull’Isis il Csnu afferma, come da prassi consolidata, che “il terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni costituisce una delle minacce più gravi alla pace e alla sicurezza internazionali” (1). Il Consiglio afferma inoltre che l’Isis costituisce “una minaccia globale e senza precedenti alla pace e alla sicurezza internazionali”, confermando la propria determinazione a combattere tale organizzazione “con ogni mezzo”. Normalmente queste formule fungono da premessa all’adozione di misure coercitive implicanti o meno l’uso della forza. L’esistenza di una “minaccia alla pace e alla sicurezza internazionali” è infatti la condizione necessaria ai sensi dell’articolo 39 della Carta Onu perché il Csnu possa adottare tali misure.
Nella risoluzione 2249 sulla lotta all’Isis, tuttavia, ciò non avviene. Nella sezione operativa il Csnu si limita a condannare vari attentati terroristici avvenuti nell’arco del 2015 ‒ a Sousse, ad Ankara, nel Sinai, a Beirut e a Parigi ‒ e ad esprimere il proprio supporto agli Stati in cui gli attacchi hanno avuto luogo, ai cittadini di questi ultimi nonché alle vittime. Il Consiglio condanna inoltre le violazioni sistematiche e diffuse dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario commesse dall’Isis contro civili, minoranze e siti di valore culturale, richiedendo che gli autori di questi crimini vengano perseguiti e puniti. Il Csnu infine sollecita gli Stati a rafforzare l’azione di prevenzione e repressone dell’afflusso dei cosiddetti combattenti terroristi stranieri verso la Siria e l’Iraq e del finanziamento del terrorismo. (Continua la lettura dell’articolo)
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