La rivoluzione della dignitĂ
Ma lungo tutto il seicento fino alla fine della seconda guerra mondiale, nonostante le varie dichiarazioni dei diritti dell’uomo, il modello di cittadino che le leggi disegnano è basato sul principio sacro e inviolabile di proprietà esclusiva.
Jean-Etienne-Marie Portalis, il maggiore artefice del codice civile francese, nel 1836 scrive: “al cittadino appartiene la proprietà , al sovrano l’impero”. […] La proprietà dà il tono al codice […]: “la legislazione civile regola i rapporti individuali e attribuisce a ciascuno i suoi diritti in relazione alla proprietà ”. Lo sapeva bene Napoleone che, nel suo proclama del 18 brumaio, si presentava come il difensore di “libertà , eguaglianza e proprietà ” reinterpretando, attraverso la cancellazione della fraternità , la triade rivoluzionaria. […] Una volta intesa la proprietà come fondamento della libertà stessa, secondo la classica lettura del liberalismo, è evidente che essa diviene pure la condizione dell’eguaglianza, dal momento che solo l’eguaglianza nel possesso si presenta come il fattore decisivo per il superamento delle disparità .
[…] Ma in questo modo il proprietario tende a cancellare il cittadino, o meglio a concentrare la cittadinanza in capo al proprietario, con una vicenda che avrà la sua più evidente manifestazione nella cittadinanza censitaria. […] Da qui la necessità di costruire un contesto in cui libertà e uguaglianza potessero riprendere a dialogare dopo le grandi tragedie del Novecento. Da qui la necessità di passare dal soggetto alla persona, intendendo quest’ultima come la categoria che meglio permette di dare evidenza alla vita individuale e alla sua immersione nelle relazioni sociali. Da qui, in definitiva, una nuova antropologia, espressa attraverso la costituzionalizzazione della persona. (1)
E non c’è punto di partenza migliore delle affermazioni che I.Kant fa nella Metafisica dei costumi (1797) e che sono alla base del costituzionalismo moderno:
[…]L’uomo considerato nel sistema della natura […] è un essere di importanza mediocre ed ha un valore modesto […]. Ma considerato come persona […], l’uomo è al di sopra di qualunque prezzo. Perché da questo punto di vista […], egli non può essere considerato come un mezzo per i fini altrui, o anche per i propri fini, ma come un fine in se stesso, e cioè egli possiede una dignità (un valore interiore assoluto) mediante cui costringe tutte le altre creature ragionevoli al rispetto della sua persona e può misurarsi con ciascuna di esse e considerarsi eguale ad esse […].
Il Diritto (nel senso dell’ordinamento giuridico di uno Stato) esprime […] le condizioni alle quali la volontà di ognuno può accordarsi con le volontà di ogni altro secondo una legge universale di libertà […]
Se la giustizia scompare, non ha piĂą alcun valore che vivano uomini sulla terra.
(1) Citazioni da Stefano Rodotà – Il diritto di avere diritti Editori Laterza 2012
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