Libertà di coscienza e riforma protestante
Nella Leggenda del Grande Inquisitore – F. M. Dostoevskij, I fratelli Karamazov, Garzanti, Milano, 1979, vol. I, pagg. 263 e 282 – la Chiesa (il cui potere è impersonato da un cardinale novantenne che manda al rogo gli eretici) rivendica il proprio ruolo di riparazione degli errori commessi da Gesù nel parlare di libertà agli uomini per la maggior parte dei quali questa è un fardello insostenibile. (Per la lettura completa vai a http://www.filosofico.net/Antologia_file/AntologiaD/DOSTOEVSKIJ_%20LA%20LEGGENDA%20DEL%20GRA.htm)
[….] nulla mai è stato per l’uomo e per la società umana più intollerabile della libertà! [….] Perché la preoccupazione di queste misere creature non è soltanto di trovare un essere a cui questo o quell’uomo si inchini, ma di trovarne uno tale che tutti credano in lui e lo adorino, e precisamente tutti insieme. E questo bisogno di comunione nell’adorazione è anche il più grande tormento di ogni singolo, come dell’intera umanità, fin dal principio dei secoli. […] Ma dispone della libertà degli uomini solo chi ne acqueta la coscienza.
[…] Il segreto dell’esistenza umana infatti non sta soltanto nel vivere, ma in ciò per cui si vive. Senza un concetto sicuro del fine per cui deve vivere, l’uomo non acconsentirà a vivere e si sopprimerà piuttosto che restare sulla terra, anche se intorno a lui non ci fossero che pani.
[…] Ci sono sulla terra tre forze, tre sole forze capaci di vincere e conquistare per sempre la coscienza di questi deboli ribelli, per la felicità loro; queste forze sono: il miracolo, il mistero e l’autorità.
[…] E gli uomini si sono rallegrati di essere nuovamente condotti come un gregge e di vedersi infine tolto dal cuore un dono così terribile, che aveva loro procurato tanti tormenti.
Lo spirito moderno della civiltà europea nasce con la riforma protestante. […] L’affermazione del primato della coscienza segna come un filo ininterrotto la vicenda del protestantesimo e rappresenta uno dei suoi contributi specifici all’ invenzione moderna della laicità dello Stato. E’ con Lutero che si effettua lo spostamento significativo dalla esteriorità della religione all’interiorità della fede e dalla mediazione salvifica della chiesa all’immediato rapporto con Dio.
La coscienza individuale acquista tutta la sua centralità, poiché è qui che si è interpellati dalla Parola di Dio e si giunge alla consapevolezza della propria soggettività libera nel momento in cui si decide di rispondere alla sua vocazione.
[…] Posto direttamente davanti a Dio Il credente si svincola dalla subordinazione alla chiesa magistero, ed è chiamato ad assumersi la responsabilità delle sue scelte.
[…]La rivendicazione della capacità di autodeterminarsi porta con sé, come implicazione primaria , il fondamentale diritto alla libertà di coscienza, che a sua volta è matrice di ogni altro diritto.
[…]E proprio in quanto la chiesa esiste là dove dei credenti si associano in base a una loro libera decisione, la struttura che ne deriva cancella ogni assetto gerarchico, annulla la diversità di status tra clero e laici secondo il principio del sacerdozio universale e viene a ricalcare una forma di autogoverno collegiale, nella quale ciascuno, insieme con gli altri, è responsabile della vita collegiale. (1)
Vedremo più avanti che questo ordinamento diventa il modello di riferimento per la costruzione della società politica.
Nel cammino lungo e difficile per riconoscere agli uomini – tutti – lo status di Persona una tappa fondamentale è la contesa tra Erasmo da Rotterdam e Lutero sul libero arbitrio: due grandi personalità che tennero a battesimo la nuova Europa e due culture in opposizione. Nel 1524 il filosofo umanista pubblica il suo attacco al padre della riforma protestante. Il quale risponde duramente l’ anno dopo. E da quel confronto nacque il mondo moderno. Vale la pena rileggere con attenzione quel dibattito nell’articolo “Erasmo e Lutero: libero o servo arbitrio” (per l’articolo completo vai a http://www.legroma.osservatoriodeilaici.com/wpress_it_IT_292XXL/?p=13838) che Claudio Magris scrisse sul Corriere della sera nel 1995.
[…] Il confronto fra i due testi e i loro autori, culturalmente e antropologicamente cosi’ diversi, e’ un momento centrale nello scontro epocale che vede nascere e crescere la Riforma protestante e, grazie ad essa, alla risposta cattolica e a un nuovo rapporto col retaggio della civilta’ classica, lo stesso mondo moderno. In modi diversi e antitetici, Erasmo e Lutero tengono quest’ ultimo a battesimo e vengono travolti dal suo impetuoso e demoniaco sviluppo, che tende a sbarazzarsi dei valori che gli hanno permesso di nascere. […] Erasmo, filologo che esige la scrupolosa verita’ del testo per la conoscenza della verita’ religiosa e postula l’ unita’ di scienza e fede, […] vuole conciliare ad ogni costo la grazia, la cui partecipazione gli sembra indispensabile per la salvezza, e la liberta’ della ragione e del volere dell’ uomo, senza la quale quest’ ultimo, mero strumento di un’ inesorabile necessita’, sarebbe moralmente irresponsabile, indegno di essere salvato come di essere castigato. Per Erasmo, che non per nulla rimase fedele al cattolicesimo, nonostante le sue denunce dell’ immoralita’ e dell’ intolleranza autoritaria della Chiesa e la condanna all’ Indice dei suoi libri da parte di quest’ ultima, all’ uomo e’ necessaria la fede, ma sono pure necessarie le opere, compiute in liberta’ e responsabilita’, e’ necessaria la moralita’ delle azioni buone e giuste. […] Lutero ribadisce, con potenza talora prolissa ma travolgente, un’ unica, monotona e terribile verita’: l’ uomo, da solo, non e’ nient’ altro che carne destinata al male e alla corruzione, schiavo del peccato e della necessita’, irrefrenabilmente incline alla malvagita’ . L’ uomo da solo non puo’ nulla, sta sotto il dominio di una Legge che fa conoscere e crescere il peccato e gli impone dei comandamenti che egli deve ma non e’ in grado di seguire, rendendolo dunque ancor piu’ colpevole. L’ uomo puo’ salvarsi solo grazie alla fede, riconoscendo la propria assoluta miseria e invocando la misericordia divina; nessuna buona opera che egli compia puo’ renderlo giusto e tantomeno salvarlo, perche’ tutto cio’ che proviene solo da lui e’ male, anche se puo’ apparire meritevole agli occhi degli uomini. […] Erasmo, cui tocca il compito intellettualmente piu’ arduo di conciliare la liberta’ umana con la necessita’ della grazia, non riesce a spiegare come senza quest’ ultima possa nascere nell’ uomo il primo passo verso il bene e la stessa invocazione della grazia; Lutero non riesce a spiegare che senso abbia la sua esortazione a ravvedersi, rivolta a uomini i quali se non hanno la grazia non la possono accogliere e se ce l’ hanno non hanno bisogno delle sue parole. […]
Lo scontro tra Lutero ed Erasmo è anche scontro sulla storia; sul suo percorso libero e obbligato. Come ha scritto in pagine memorabili Noventa, c’è una sconcertante contraddizione che vede il luteranesimo fondare la modernità e contribuire pure al rigore morale, mentre è la linea cattolica (espressa pure da Erasmo) che fonda – con l’accento posto sul libero arbitrio, sull’importanza etica dell’agire e sulla responsabilità dell’uomo – i principi basilari della coscienza moderna, dell’etica e della libertà, spesso peraltro negandoli nella prassi. Paradossalmente, princìpi immorali producono rigore morale e viceversa.
Se si guarda da lontano il corso della storia, si è indotti a vederlo come fatale, qualcosa che sembra patetico voler fermare o modificare con interventi morali, così come sembrerebbe patetico opporsi con ideali o on misure arcadiche, da idillio pastorale, a quello sviluppo tecnologico che ha assunto sempre di più, per l’Occidente, le sembianze del destino. Ma se si guarda all’esistenza individuale, si avverte, con altrettanta insopprimibile concretezza, il quantum di libertà di cui essa dispone; ognuno, se guarda entro se stesso, sa bene quali sono e sono stati i limiti delle sue scelte e del suo agire, ma anche quali possibilità erano nelle sue mani e ha perso per sua responsabilità. Proprio perché la ragione, come dicevano gli illuministi, è una tenue fiammella nella notte, essa è tanto più preziosa; va protetta e non certo spenta per civetteria con le tenebre o col mistero. Guardando il futuro, proprio perché ci si rende conto di quanto forti siano le pressioni che tendono ad avviarlo su un binario obbligato, non resta che continuare ad essere degli illuministi, alieni da ogni retorica del progresso, ma ironici, umili, accaniti fedeli alla fede nella ragione, nella libertà e nella possibilità di incidere, certo modestamente, sul corso del mondo e di operare per un reale progresso dell’umanità. […]
(1) ELENA BEIN RICCO Laicità e democrazia pagg. 8 – 10 (http://www.claudiana.it/pdf/88-7016-529-saggio.pdf)
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