Origini d’Europa/13 – Europa e diritti

lunedì, 16 Febbraio, 2015
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Europa e diritti

Ma l’articolo del trattato di Lisbona richiamato da Scalfari non è la sola “dimenticanza”; sembra esserci una “Europa sulla carta” che ribadisce, solo scrivendoli, propri valori creando illusioni che poi vanno deluse da un’”Europa intergovernativa” dominata dagli interessi nazionali ed assoggettata dai mercati.

Oggi – diceva Claudio Magris nel suo articolo “La borsa dei valori” del 1997 – si sentono molti lamenti su un’ Europa della moneta, priva di anima. Non penso che l’ anima possa essere contrapposta alla moneta, non credo ad un’ antitesi fra lo spirito – qualsiasi cosa possiamo intendere con questo termine – e l’ economia; lo spirito – che indirizza la vita e l’ agire secondo valori assunti come fondamentali – è autentico solo se si traduce nel modo di essere e di operare, se dunque diventa anche un modo di vedere e di fare economia, di darle senso. Ovviamente i valori – e la loro esigenza – devono essere rivendicati in una cultura che, sempre più, considera la vita solo in termini di bisogni, efficienza, utilità; anche in questo caso, i valori non vanno contrapposti ai bisogni, ma devono ispirare il modo in cui li si considera, li si soddisfa, oppure li si sacrifica a qualcosa di superiore. Fra i valori nell’ Europa del dopo Maastricht rientra dunque, in primo luogo, anzitutto la consapevolezza e la difesa del principio di valore, di quell’ esigenza di valori universali che costituisce, da più di due millenni, l’ essenza della civiltà europea. Questo principio è minacciato sia dal crescente livellamento delle diversità, delle peculiarità individuali, sia dalla loro selvaggia atomizzazione, che idolatra e isola le diversità in una negazione di ogni universalità. Le “non scritte leggi degli dei” cui si appella Antigone, ossia i comandamenti morali assoluti che – a differenza di quelli storicamente e socialmente condizionati dalle epoche, dagli usi e dalle culture – non possono essere violati a nessun prezzo, sono il fondamento della civiltà europea.

E su questa stessa lunghezza d’onda si è mosso il Consiglio europeo di Colonia quando , nel giugno del 1999, ha avviato il processo di elaborazione della Carta dei diritti fondamentali (1) con parole particolarmente impegnative “La tutela dei diritti fondamentali costituisce un principio fondatore dell’Unione Europea ed il presupposto indispensabile della sua legittimità. L’obbligo dell’Unione di rispettare i diritti fondamentali è confermato e definito dalla Corte di giustizia europea nella sua giurisprudenza. Allo stato attuale dello sviluppo dell’Unione, è necessario elaborare una Carta di tali diritti al fine di sancirne in modo visibile l’importanza capitale e la portata per i cittadini dell’Unione.”

Stefano Rodotà che ha contribuito alla redazione della Carta così ne parla nel suo libro “Il diritto di avere diritti”: [29] Il mercato, le libertà economiche che l’accompagnano, la moneta unica non sono stati ritenuti sufficienti per attribuire legittimità a una costruzione difficile, e sempre a rischio, qual è quella europea. Il passaggio dall’”Europa dei mercati” all’”Europa dei diritti” diviene così ineludibile, condizione necessaria perché l’Unione possa raggiungere piena legittimazione democratica. […] la Carta viene indicata come il parametro che “garantisce il controllo sistematico della compatibilità con la Carta delle sue proposte legislative e degli atti” (2) adottati dalla Commissione, che devono essere tutti sottoposti a una “valutazione d’impatto con la Carta”. E questa diviene la premessa di un controllo esercitato dalla Corte di giustizia, che in tal modo si avvia a essere la corte costituzionale dell’Unione europea.[33] Divenuta “misura” della normativa europea, la Carta è un passaggio ineludibile della ricostruzione del sistema e nella definizione dei principi che devono guidarne il funzionamento. [30] La struttura della Carta dei diritti fondamentali conferma questa linea ricostruttiva. I suoi sei capitoli sono intitolati a dignità, libertà, eguaglianza, solidarietà, cittadinanza, giustizia. Questi sono ormai i principi fondativi del sistema costituzionale europeo, con una innovazione significativa rispetto l’Europa dei vecchi trattati in cui non si nominavano la dignità, l’eguaglianza, la solidarietà, che compaiono invece nell’ art. 2 del Trattato di Lisbona tra i valori fondativi dell’Unione. Se , poi, si considera che dai principi del Trattato è stata espunta la concorrenza, citata soltanto nel protocollo n. 27 sul mercato interno e la concorrenza, il mutamento del contesto appare ancor più netto e, soprattutto, viene indicata una linea di sviluppo dinamico dell’intero sistema che ne rende improponibile una interpretazione fondata sui soli criteri del passato, dunque una lettura affidata a logiche riduzioniste, ancorate alla logica prevalente del dato economico. Questo ci dice anche che la Carta non è affatto un punto d’arrivo, bensì un impegnativo punto di partenza. [31] Come la storia ci dice, i diritti non sono mai acquisiti una volte per tutte. Sono sempre insidiati, a rischio. La loro non è mai una vicenda pacificata. Il loro riconoscimento formale ci parla sempre di una battaglia vinta, ma immediatamente apre pure la questione del loro rispetto, della loro efficacia, del loro radicamento. I diritti diventano così, essi stessi, strumenti della lotta per i diritti.

E sotto attacco sono in particolare i diritti sociali rivendicandone una subordinazione alla pura logica di mercato. Prova evidente è l’abolizione in Italia dell’articolo18 dello statuto dei lavoratori nonostante nella Carta dei diritti Ue si afferma che il lavoratore ha il diritto “alla tutela contro ogni licenziamento ingiustificato” (art. 30), “a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose” (art. 31), alla protezione “in caso di perdita del posto di lavoro” (art. 34). A questo proposito Eugenio Scalfari ne parla in un suo editoriale meravigliandosi che nessuna forza sociale abbia fatto riferimento alla Carta dei diritti Ue.

Per quanto riguarda l’articolo18, del quale ho spesso parlato le scorse settimane, ho approfondito il tema della sua abolizione e sono arrivato alla conclusione che l’articolo 30 della Carta dell’Unione ha la sua interpretazione più netta e chiara nell’articolo 52 della Carta medesima.

Anzitutto il titolo di quell’articolo: “Portata e interpretazione dei diritti e dei principi” e poi il primo comma dell’articolo suddetto che così recita: “Eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciute dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti. Possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione e dall’esigenza di proteggere i diritti”. Il che vuol dire che l’articolo 30 che prevede il ricorso di ogni lavoratore contro licenziamenti ingiustificati non può essere abolito perché andrebbe a ledere “l’interesse generale dell’Unione” già approvato insieme al Trattato di Lisbona. (3)

(1) http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2010:083:0389:0403:it:PDF

(2) Comunicazione della Commissione Europea. Strategie per un’attuazione effettiva della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, COM (2010) 573

(3) http://www.repubblica.it/politica/2014/11/09/news/l_italia_il_personaggio_pirandelliano_in_cerca_d_autore-100111243/

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