Tempo di scelte difficili per i più giovani – anzi ultimi giorni, quelli decisivi per gli indecisi. Dove, come, cosa studiare? Ecco un bel pezzo del Premio Nobel per l’economia, Edmund Phelps, uscito di recente anche in italiano (Sul Sole – 24 ore), che volentieri pubblichiamo. Non tanto per attirare chi passasse di qui verso gli studi umanistici, quanto per l’intelligenza con la quale l’autore smonta la banalità dei pregiudizi correnti, soprattutto da noi, e particolarmente alimentati dai vari “governi del fare” – a volte con proposte addirittura di amputazioni di discipline come la filosofia e la storia dell’arte nelle scuole superiori, francamente cialtronesche quanto i loro autori. Sembra l’uovo di colombo, questa semplice verità dimenticata: sulla correlazione fra vivere una vita spiritualmente e culturalmente ricca e avere idee – idee un po’ ispirate, idee nuove.
“Gli imprenditori dicono spesso che il divario sempre più ampio dell’istruzione – la disparità fra ciò che i giovani imparano e le competenze che il mercato del lavoro richiede – è uno dei principali fattori di elevata disoccupazione e crescita lenta per molti Paesi. I governi sembrano convinti che il modo migliore per colmarlo sia aumentare il numero di studenti che si laureano in materie scientifiche, le materie Stem secondo l’acronimo inglese, ovvero scienze, tecnologia, ingegneria e matematica. Hanno ragione?
La risposta lapidaria è no. Infatti dire che l’istruzione inadeguata sarebbe la causa della scarsa performance economica è un’affermazione fondata su due argomentazioni a dir poco deboli.” (continua a leggere l’articolo di Edmund Phelps qui)
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