Poche parole, accese e nette, di critica di metodo e di merito del programma di riforme (e del modo in cui ci si è arrivati) che dovrebbe fare dell’attuale governo un “governo costituente”. Pubblicate sul sito di “Libertà e giustizia”. Vi hanno aderito costituzionalisti di grande rilievo e molti altri cittadini. Perché ha sollevato tanta riprovazione e tanta irritazione, al punto che non si sono lesinate parole sprezzanti e toni ultimativi?
Perché quelle parole implicavano un “discorso sui fini”. Non l’accettazione passiva del discorso sui mezzi, che va sotto le etichette di “governabilità” e “stabilità”, ma la messa in questione dei fini (governabilità di cosa e per cosa?). E non va bene. E’ contro la “dittatura del presente”. Gustavo Zagrebelsky sembrava già prevedere gli episodi di intolleranza alla critica che sarebbero seguiti, e che del resto permeano il dibattito pubblico italiano, quando scriveva la breve, serrata meditazione Contro la dittatura del presente – Perché è necessario un discorso sui fini (Laterza – La Repubblica, aprile 2014).
Vi si legge un’articolata risposta in 11 punti o brevi capitoli, corredata da alcuni testi da Platone, Aristotele, Norberto Bobbio, Tzvetan Todorov, Pierre Rosanvallon, Luciano Canfora e Marc Augé, oltre a una raccolta di dati “I numeri della post-democrazia” e a una “Cronologia degli ultimatum” a cura di Giulio Azzolini).
La lettura che ve ne propongo è un dialogo con questo testo vivido e lucido, più che una recensione neutra.
(continua a leggere l’articolo di Roberta De Monticelli sul sito di Libertà e Giustizia)
Mi scuso con quanti non troveranno più alcuni commenti fatti in risposta a Domenico Felice, ma l’Autore ha richiesto siano rimossi i propri contributi dal sito e, di conseguenza, ho dovuto rimuovere anche le repliche, giacché altrimenti sarebbero parse prive di senso. Stefano Cardini, moderatore Phenomenology Lab