Premessa. Questa lettera aperta sulla morale e la politica, scritta giovedì sera dopo aver ascoltato Otto e mezzo, l’ho inoltrata alla stampa – ma s’è persa nel folto. A me tuttavia interessa, più della stampa, la questione stessa, morale e politica – da sempre al centro della filosofia. Forse – almeno se pensiamo alla sua la sua radice “pratica” – il suo cuore. Qualcuno avrà argomenti contro il mio sconcerto? L’affido con questa domanda al nostro Lab, come prova per un sincero liebender Kampf. Jaspers le discussioni filosofiche le chiamava così.
Io avrei voluto, questa sera, occuparmi d’altro. Da molte, molte sere vorrei occuparmi d’altro: di idee. E allora perché non mi occupo di idee, questa sera? Perché un collega illustre e con un’opera cospicua, il fondatore della mia Facoltà, un professore di filosofia, anche questa sera – e non è la prima, di fronte al pubblico televisivo di Otto e mezzo (qui il video) – ci ha detto che le idee non esistono, non servono, non contano. E io che volevo stare in loro compagnia, stasera, ecco: come un povero, vecchio don Chisciotte ho frenato il mio ronzino, e ora levo la mia povera vecchia lancia arrugginita, con la mano stanca e le lacrime negli occhi, che li fanno ancora più guerci. Le nostre povere idee. Perché, caro Massimo, trattarle così male – sia pure con due giornalisti, una più garrula dell’altro (che cosa ci sarà stato mai da essere così gai poi)? Già, perché a differenza di te, che pratichi con lucida coscienza – e coerenza, in fondo, da sempre – il “pensiero negativo”, loro annuivano nella luce della filosofia.
Per idee intendo quelle che dovrebbero muovere chi si impegna, da cittadino o da politico, in politica. Dunque intendo idee che non sono disgiunte da ideali – o se preferisci, chiamali valori. Non c’è bisogno allora che le idee siano troppo astratte. Ognuno capisce cosa vuol dire un po’ più di giustizia. Un po’ più di legalità. Un po’ meno corruzione. Un po’ più di rappresentanza dell’interesse pubblico negli uomini delle istituzioni, dai governanti ai parlamentari ai burocrati. Un po’ meno Mastrapasque. Un po’ meno Ilve, un po’ meno Terre dei Fuochi, un po’ meno colate di cemento sulle coste e le colline, un po’ meno mafia, familismo e clientele. Un po’ meno trucchi di pacchetti governativi, tipo finanziare la soppressione dell’Imu con il regalo alle banche, con resistenza tagliata a colpi di ghigliottina. Qui poi non c’era veramente bisogno di un ideale, bastava lo straccio di un pensiero calcolante, di una sia pur minima programmazione finanziaria degli impegni possibili. Che governo è un governo che fa una legge sotto ricatto di una sua parte – quella del condannato – per finanziarne un’altra ancora peggiore, dimostrando che vive giorno per giorno di espedienti – purtroppo rovinosi per tutti, però? Vedi che se parliamo di ideali scendiamo subito terra a terra.
E allora diamoci un colpo d’ala.
L’ala stanca e spennata di don Chisciotte ha subito un primo, duro colpo. La rappresentazione di un capo del governo e di un segretario di partito che “ovviamente” si muovono solo – rispettivamente – per mantenere e per conquistare personalmente il potere. Sembra proprio così, in effetti: ma come è possibile a un filosofo che insegna Platone e Husserl non dico darlo per evidente, ma darlo per normale senza batter ciglio – come a dire, il fatto e la norma sono la stessa cosa? Normale questa loro contesa, e ciascuno dei due deve fare così – e perciò è ovvio che il governo intanto non governi.
L’ala freme: forse ora dirà che allora è meglio andare alle urne, visto questo straccio di brutta legge elettorale che stanno facendo? Non era questo, del resto, il patto iniziale? Povero don Chisciotte, da quando in qua pacta sunt serbanda? Arriva la seconda mazzata: niente si può fare e lì si deve restare, meno male che Napolitano c’è, restare a ogni costo fino a quando ci sarà la ripresa. Ma non eri tu che ridevi, una volta, di quelli che in fondo a tutto vedono sempre e solo l’economia? Cambiare idea si può: ma allora prima di combattere qualunque nefandezza bisogna calcolare i centesimi di Pil, che poi a quanto pare saranno proprio e solo centesimi? L’ala si ripiega dolente: cala un’altra mazzata, che questa volta volano tutte le povere piume rimaste. La domanda era: il presidente del Senato ha fatto bene a decidere di costituire il Senato parte civile nel processo per la compravendita dei parlamentari? Fiato sospeso: ti prego, ti prego, almeno qui (mormorano in cuor loro tutti i tuoi allievi, almeno quelli ancora non diventati fanatici di Realpolitik: anche perché è la Realpolitik degli avversari e bisogna proprio essere degli asceti dell’idea per volerla a ogni costo anche contro di sé). Risposta ieratica, lapidaria: no. Il Presidente del senato ha fatto male. E perché? Perché da che mondo è mondo nei Parlamenti si fanno cose che fanno schifo (hai detto proprio così: “cose che fanno schifo”. Non hai detto, che so, che anche Lincoln corruppe – per far finire la schiavitù, però). Ma sollevare un “dovere morale” (così aveva detto, con un insolito colpo d’ala, il prudentissimo, assai realistico Presidente del Senato) – questo dev’essere proprio il colmo. Il razionale che contesta il reale! Ma dove andremo a finire? Un minuetto d’anime belle, al posto degli stivali della storia che sono insanguinati e se ne vantano? L’astratto moralismo contro la filosofia della storia?
Don Chisciotte cala la sua lancia inutile, spezzata. Fra le ammaccature delle sue povere ossa è questa quella che fa più male: che tutti gli spettatori di Otto e mezzo crederanno che questa sia la filosofia. È una filosofia, indubbiamente. Quella che prima ha tolto ideali alla sinistra. E poi ha tolto speranza alla ragione. E infine, ha tolto ragione alla politica. Viva il pensiero negativo.
O mi sbaglio io caro Massimo? Dimmelo tu, dove!
Chissà se qualcuno riflette mai sul fatto che se fossimo negli anni ’20, con quell’Europa, con quelle economie nazionali, con quei governi nazionali, con quelle ideologie, dopo cinque anni di crisi come questa, saremmo probabilmente già da un po’ al fronte. Invece a maggio si mette in questione l’Unione Europea. È anche comprensibile, per carità. Purché ci si renda conto di qual è la posta in gioco nell’ipotesi si affermi, magari andando a occupare più di un terzo del Parlamento europeo, l’ampio e variegato fronte destrosinistrorso degli euroscettici, tra coriandoli della sinistra eurocritici alla (provvisoria) corte di Tsipras, antieuro veri e propri (Fratelli d’Italia, Lega, M5S, a intellettualità varia ed eventuale, da Massimo Fini ad Aldo Giannuli a Diego Fusaro ecc) ed euroscettici per opportunismo elettoralistico (Berlusconi). Il Pd sarà in mezzo, ancora una volta. Dovrà difendere il progetto europeo. Ma non l’indifendibile. Un equilibrio difficile e del tutto intrasmissibile dai media, che mi meraviglierei pagasse elettoralmente. Lì si deciderà anche la sorte del governo e dell’Italia. Bisognerebbe poter guardare almeno in prospettiva a un fronte da Schulz a Tsipras. Ma come? Perché al di là delle parole, sotto la cenere covano risentimenti e pregiudizi nazionali e nazionalistici. Il fondo limaccioso del lavoro politico e culturale non fatto in questi anni di ossessione economicistica.
«E l’Italia giocava alle carte e parlava di Grillo nei bar», canterebbe Gaber.
Uno spunto di riflessione, A proposito di Tsipras (di Giuseppe Civati)
In Cacciari realpolitik e cinismo coincidono perché non distingue Machiavelli da Andreotti. Come quasi tutti i “politologi” italiani, d’altronde.
La motivazione che Cacciari ha dato al suo “no” non è all’altezza della persona. Il suo “no” non tiene conto, ma soprattutto svilisce, la motivazione per cui Grasso ha costituito il Senato parte civile contro Berlusconi. Evidentemente Cacciari, che parla di politica disastrosa – con piena ragione – ritiene ininfluente il gioco scandaloso condotto dal quel personaggio corrotto e corruttore che è Berlusconi. Penoso!
Chiederei all’Autrice dell’articolo, se possibile, di chiarire meglio il giudizio di “regalo alle banche”. Richiesta la mia, motivata dalla necessità di valutare – prima di entrare nel merito delle questioni poste della lettera qui pubblicata – il grado di comprensione della realtà da parte di chi pone questioni così gravi. Diciamo: per evitare di perdere reciprocamente tempo. Potrebbe, inoltre, essere utile per tutti la lettura di questo articolo de Il fatto quotidiano a firma di Bruno Tinti: Il Decreto Bankitalia non è un furto agli italiani.
Una breve risposta a Repente. Avevo letto l’articolo di Tinti, senza restarne convinta. Come l’articolo di segno opposto di Giulio Sapelli, a disposizione di chi lo desideri, che neppure mi aveva interamente convinta. È una questione controversa, che richiede competenze economiche vere per essere affrontata seriamente. Confesso apertamente che non le ho, e non ho mai preteso di averle. Vorrei però far notare che la fondatezza o no della tesi del “regalo alle banche” (su cui mi permetto di mantenere la mia opinione, e che comunque non è certo cominciato con quel decreto) è poco rilevante al mio principale sottoargomento – l’inaccettabilità di un pacchetto in cui una legge viene proposta per finanziarne un’altra (attenzione, io sto semplicemente alla spiegazione data da Boldrini all’uso della “ghigliottina”, che giudico pessima: salvare gli Italiani dal pagare l’Imu). Ed è totalmente irrilevante al mio argomento, che è l’inaccettabilità di un realismo politico spinto fino all’accettazione del reato di corruzione per compravendita di parlamentari, confesso e soggetto a processo, come pratica ributtante sì, ma “normale”.
Quindi, deduco dal suo argomentare, possiamo esprimere opinioni abborracciate su un argomento rilevante (come è la questione di Banca d’Italia) purchè non siano determinati rispetto all’argomento principale. Posto che parlare di “regalo alle banche” mi sembra determinante per poter definire “resistenza” l’indegna gazzarra offerta dai grillini in parlamento.
A me questo sembra populismo.
E per un articolo intitolato pomposamente “meditazione sulla morale e sulla politica”, mi sembra una caduta di stile.
Mi dispiace… E non sono una fan di Cacciari… ma respingo con forza questo modo di “abbozzare” in modo grossolano sulle ragioni della politica. Respingo questo modo ideologico di invocare la parola “sinistra” (ma di che parliamo?): Respingo questi toni liquidatori da caccia alle streghe portati avanti verso chi fa VERAMENTE POLITICA e non si limita a coltivare la sua anima bella… Abbassare i toni della polemica e avvicinarsi con più rispetto verso chi fa un altro mestiere rispetto a quello dell’intellettuale illuminato… potrebbe essere utile al Paese più di un partito di primi della classe. Siamo stanchi noi cittadini e cittadine impegnate nella battaglia quotidiana a combattere porta a porta nella Stalingrado della buona politica, impegnati a trovare soluzioni concrete e percorribili ora e subito ai mille e mille problemi concreti che ogni giorno un amministratore deve risolvere… di sentire il tantra noioso di quelli che hanno scoperto l’acqua calda: l’elenco delle cose che non vanno l’abbiamo in testa anche noi… che siamo uomini e donne della strada. Ma non saranno (e ci dispiace) solo le invettive e i proclami e neanche i bei manifesti grondanti arrogante senso di superiorità morale che ci aiuteranno a risolverli… A ognuno il suo mestiere, a ognuno il suo ruolo. Ma credo che si debba più rispetto a chi mette la sua passione e la sua ambizione al servizio del bene comune, anche se sarà costretto a fare dei compromessi.