«San Raffaele in vita e in salute». Il testo dell’articolo di RdM uscito su Il Fatto quotidiano. A scanso di equivoci

sabato, 24 Dicembre, 2011
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Per correttezza e trasparenza nei confronti delle persone e delle istituzioni coinvolte, pubblichiamo l’articolo San Raffaele in vita e in salute a firma Roberta De Monticelli uscito a seguito del Consiglio Interfacoltà dell’Università Vita-Salute San Raffaele del 21 dicembre 2011 su Il Fatto quotidiano in data 23 dicembre 2011. L’articolo, sul sito de Il Fatto quotidiano, può essere letto solamente dagli abbonati. Quindi, chi non avesse avuto modo di procurarsi la versione cartacea, potrebbe non averne avuta diretta visione. Per questo ripubblichiamo qui il testo nella sua integrità.

Alleghiamo, inoltre, per dovere di cronaca, un articolo uscito lo stesso giorno su Il Giorno, e titolato: I docenti del San Raffaele: «Il Rettore Don Verzé deve andare via». Lo facciamo a scanso di equivoci per dare modo a tutti di constatare che, chiunque abbia suggerito una titolazione virgolettata del genere, non può in alcun modo essersi basato né sull’articolo di Roberta De Monticelli uscito su Il Fatto quotidiano né sul post a sua firma uscito su questo blog. Roberta De Monticelli, infine, da noi contattata, chiarisce di non avere mai avuto il piacere di parlare con alcun giornalista de Il Giorno.

San Raffaele in vita e in salute
(da Il Fatto quotidiano del 23 dicembre 2011)

Finalmente. È stata una grande giornata ieri, per l’Università Vita Salute San Raffaele. Forse – si può sperarlo – l’inizio di una vita nuova. Ma per capire cosa è successo bisogna prenderla un po’ da lontano. E bisogna anche che siano messe a disposizione del pubblico, e al riparo dalle semplificazioni, molte verità e distinzioni a proposito delle quali i media non sono andati tanto per il sottile. Il fatto, in primo luogo: mercoledì 21 dicembre tutti i docenti delle tre Facoltà dell’Ateneo (Medicina, Psicologia e Filosofia), riuniti in assemblea congiunta, hanno votato all’unanimità lo statement di tre punti che configurano una vera radicale innovazione nei meccanismi di governance dell’Istituzione e nelle persone che saranno chiamate a rivestire incarichi istituzionali strategici: 1. la modifica dello statuto con particolare riferimento alle norme per l’elezione del Rettore, a un rafforzamento del senato accademico e a una rappresentanza adeguata del corpo docente negli organismi decisionali; 2. la nomina di un nuovo CDA il cui presidente deve essere una figura di alto valore professionale e deontologico; 3. la riformulazione dei meccanismi gestionali dell’Università. Il testo definitivo del documento, la cui redazione è stata demandata ai tre Presidi, sarà diffuso entro venerdì 23 dicembre. Alla base della discussione era stata presentata una proposta di dichiarazione congiunta (disponibile su questo sito all’indirizzo: https://www.phenomenologylab.eu/index.php/2011/12/consiglio-interfacolta/), che indicava nella crisi in atto un’opportunità di rilancio dei suoi valori e dei suoi princìpi ispiratori, possibile solo a condizione che venisse dato un forte segnale di cambiamento rispetto all’attuale dirigenza, a partire dal Rettorato e dal Consiglio di Amministrazione. Che emozione sentir finalmente risuonare quelle parole, leggerle proiettate sullo schermo delle lezioni: “…segnali chiari di cambiamento rispetto a un passato che, al di là delle vicende giudiziarie cui siamo del tutto estranei e che non spetta a noi valutare, è stato troppo spesso improntato ad una gestione del potere poco trasparente e caratterizzata da minima condivisione delle decisioni strategiche e gestionali…I docenti dell’Ateneo … sono consapevoli del proprio ruolo fondamentale … Questa fase di rinascita avverrà sotto lo sguardo critico della società civile…”. Ma come si è potuto arrivare a questo punto – e a questo giorno di svolta? È per capire questo che bisogna partire da più lontano. La storia del San Raffaele e di don Verzé è stata raccontata tante volte che non vale la pena di ritornarci sopra. Su quella dell’Università da lui fondata però si sa molto meno. Quante cose il normale cittadino non sa, che oggi sarebbe utile sapesse. Stringe il cuore, certo, quando si va a far lezione, vedersi incombere sui pensieri quell’angelone bianco e d’oro. Perché è il simbolo di un delirio di potenza che rischia di rovinare uno splendido esperimento intellettuale, che in Italia è ancora un unicum. Perché l’angelone è tanto goffamente impari a quel sogno, quanto audace e geniale era stata l’idea che aveva portato don Verzé, fra il 1996 e il 2002, a costruire le tre facoltà come luoghi di studio delle tre dimensioni della persona umana: il suo corpo, la sua mente, il suo spirito. E a volerle così integrate l’una nell’altra, così prossime, come inseparabili sono nell’uomo vivo e integro che non si doveva tollerare mai venisse, dai medici, ridotto alla sua biologia. Ma per questo anche i filosofi dovevano studiare biologia e neuroscienze, e i medici filosofia. Il programma che Massimo Cacciari aveva scritto per l’ultima delle facoltà rifletteva e articolava questa idea, che rende possibile ai filosofi partecipare agli esperimenti con le tecniche di neuroimmagine, ma anche ascoltare i teologi contemporanei. Cosa ne sa il cittadino qualunque che questo è stato possibile soltanto perché questa università fondata da un prete non c’entra nulla col sistema delle università cattoliche e col Vaticano? Ma dentro, nell’assemblea, la voce di chi teme forte che qualcuno possa mettere le briglie alla libertà di ricerca si è sentita, eccome. La libertà che mai nessuno aveva messo in questione se un teologo, ad esempio, come Vito Mancuso, fu estensore di un saggio sui fondamenti dottrinali dello stesso San Raffaele: e lo si intuisce ancora, guardando la doppia spirale del dna che sale sotto la cupola assurdamente imponente, che sfora il cielo oltre la Madonnina del duomo e apre il baratro immenso del bilancio. Simbolo di quell’incapacità di dire “no”, che avrebbe forse ricondotto alla realtà il visionario, salvandolo dal ludibrio, se non fosse radicata in quel sistema assurdo di gestione del potere amministrativo, che il colpo di pistola di Cal ha fatto esplodere. Ma cosa ne sa il cittadino comune del fatto che non una lira di quelle per le quali quel sistema è indagato per associazione a delinquere è mai arrivato nelle casse della ricerca, orgogliosa di avere i migliori grant ai suoi progetti, valutati nelle competizioni nazionali e internazionali? E cosa ne sa della delusione terribile e della speranza di riscatto degli studenti, mai sfiorati dall’ombra di una riduzione delle rette? E delle discussioni anche sfibranti che hanno impegnato i docenti, o almeno alcuni di loro, a partire da quel colpo di pistola, e che hanno via via trascinato e convinto un numero sempre più grande fra loro a farsi protagonisti di una svolta vera? Tutto – quasi tutto – è ancora da fare in verità, e la via sarà in salita: le opposizioni interne non mancano, e non sono mancate neanche in questa storica occasione. Eppure, per la prima volta nella giovane storia di questa Università, forse la bellezza del sogno sarà per sempre separata dall’incubo del delirio, e un bel po’ di bene per tutti dal male che fu fatto a molti. Purché anche l’opinione pubblica ci aiuti a compiere l’impresa.

L’articolo uscito il 23-12-2011 su Il Giorno.

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4 commenti a «San Raffaele in vita e in salute». Il testo dell’articolo di RdM uscito su Il Fatto quotidiano. A scanso di equivoci

  1. Andrea Castagnini
    lunedì, 26 Dicembre, 2011 at 10:22

    Cara prof.ssa De Monticelli,

    leggo sempre con molto interesse i suoi articoli su “Il fatto Quotidiano” e continuerò a farlo. Ho letto l’ultimo di ieri mattina e quello precedente di alcune settimane fa in relazione alla vicenda del San Raffaele. Le confesso che mi aspettavo una diversa interpretazione dei fatti riguardanti che coinvolgono il fondatore del San Raffaele ed una più decisa presa di distanza dalle malefatte di questo losco individuo che si paragona a Gesù Cristo, ma che in realtà risulta essere un delinquente allo stato puro. Lei invece si giustifica e giustifica la condotta dei suoi colleghi, sostiene che l’Università ed il mondo accademico e tutti quanti ricercatori e studenti non vanno confusi con questo diffuso malaffare che sta alla base dell’opera di questo prete. Certo non avete responsabilità dirette. Ma come è possibile, cara professoressa, che voi intellettuali e classe dirigente, abbiate tardato così tanto a farvi un ‘opinione in merito a tante vicende così chiare e soprattutto ai segnali che in questi anni, noi lettori, abbiamo ricevuto. Ma quanti preti e religiosi di questa fatta abbiamo già incontrato, da Mamma Ebe a Don Gelmini e chissà quanti altri che non conosciamo. Quante imprese autoreferenziali e totalitazzanti come queste (pensi a San Patrignano) sono fuori controllo? Possibile che nessuno si chieda da dove arrivano i soldi e che non ci siano regole certe? Come è possibile che noi lettori abbiamo capito tutto, a distanza, e voi che eravate lì, lei, Cacciari e altri, non vi siate accorti di questo marciume? È mai possibile che la disinvoltura e le pericolose amicizie di questo prete, se non l’angelo sulla cupola e i pappagalli, la nomina sul campo della figlia di Berlusconi a docente o assistente non vi abbiano messo una pulce nell’orecchio. C’era bisogno del suicidio di Cal e soprattutto dell’intervento della magistratura? Secondo me, dovreste fare un grande mea culpa e dimettervi dall’insegnamento. Non ci sono scuse. Che cosa raccontate ai vostri studenti?

    Cordiali saluti ed auguri!

  2. lunedì, 26 Dicembre, 2011 at 13:26

    Rispondo all’intervento di Andrea Castagnini, che esprime un modo di sentire che – lo dico per mia esperienza diretta – è molto diffuso nelle cerchie della società civile non esperta di questioni relative all’Università, alle sue autonomie, alle sue regole. E parlo del sistema universitario nazionale, cui l’Università Vita Salute San Raffaele a tutti gli effetti appartiene come altre università private, come la Bocconi ad esempio. Ma parlo naturalmente anche del nostro stesso ateneo. Infatti il primo punto da chiarire è che veramente Mamma Ebe e don Gelmini non sono un termine di paragone possibile, ma che neppure lo è evidentemente il Vaticano (che ora invece potrebbe subentrare per quanto riguarda l’Ospedale) – se non altro perché l’Università è di statuto laico, totalmente autonomo quanto a indirizzi di ricerca e insegnamento dalla Chiesa cattolica. Il secondo punto è che l’Università è amministrativamente separata dall’Ospedale e che ad oggi i suoi bilanci non risultano inquisiti. Infine, come ho ribadito nell’articolo, i punti di merito della struttura universitaria costruita da don Verzé sono sotto gli occhi di tutti. Ora, se qualcosa per quanto riguarda ricerca, didattica, o anche solo il loro finanziamento, fosse macchiato dalle attuali vicende giudiziarie della Fondazione (Ospedale), lei avrebbe ragione. Ma questo non risulta. Io trovo invece che sarebbe scandaloso se il corpo docente non si pronunciasse oggi per una riforma completa della governance, che segni anche sotto il profilo istituzionale una radicale discontinuità, compresi i meccanismi per l’elezione di un nuovo rettore e di un nuovo presidente: ma il corpo docente si è finalmente pronunciato in questo senso, e all’unanimità. E allora cosa bisogna fare, secondo lei? Chiudere il solo Ateneo italiano dove medici, psicologi e filosofi possono fare ricerca insieme? Divertirsi a prendere a bastonate un uomo di novantun anni che ha già subito il ludibrio di tutta la nazione? Oltretutto sarebbe comunque necessario aspettare i risultati dell’inndagine giudiziaria per giudicare, non crede? Quanto ai miei studenti, io non ho esitato un solo momento a esprimere di fronte a tutti loro, nei modi e nelle circostanze opportune, esattamente gli stessi sentimenti e le stesse proposte di pubblica presa di posizione e azione, che ho difeso ed espresso di fronte ai miei colleghi e in pubblico, davanti alla società civile. Il risultato di queste prese di posizione, in un loro importantissimo nucleo condivise all’unanimità dai docenti, sarà spero presto visibile. Io ne ho dato conto, dal mio punto di vista, con il massimo di trasparenza possibile.

  3. Mario Colombo
    martedì, 27 Dicembre, 2011 at 09:57

    Carissimo Andrea, io ho studiato al San Raffaele. Trovo davvero insensato il suo intervento. Il San Raffaele è uno dei migliori ospedali d’Europa, il centro di ricerca è di gran lunga il migliore italiano (se si mettessero insieme tutti gli altri non si arriverebbe alla produzione scientifica e di brevetti del solo San Raffaele), uno dei pochi luoghi in questo nostro triste paese dove vige una meritocrazia limpida ed indiscutibile. L’univeristà è di ottimo livello e soprattutto libera. I docenti (De Monticelli compresa, che peraltro non conosco personalmente) sono di altissimo livello e non si trovano quelle “cordate familiari” che sono spesso frequenti in altri atenei. Per darle un’idea della serietà, la selezione degli studenti è talmente seria che ogni anno figli di professori di ruolo (ha capito bene, professori di ruolo!) non vengono accettati. Ora lei a causa delle follie (se provate) di un anzianissimo prete vorrebbe buttare via tutto questo? In nome di questa “superpurezza”? E chi è lei per giudicare? Io penso che se questa storia fosse vera i docenti, i medici, i ricercatori ed lavoratori tutti del San Raffaele sarebbero da considerare vittime, e non complici. Il suo discorso è spiacevolissimo: se il direttore di un supermercato pieno di clienti e con ottima merce viene scoperto come ladro devono dimettersi i dipendenti? Carissima De Monticelli, le faccio i miei migliori auguri sperando che l’università che così tanto mi ha dato possa uscire da questo momento difficile rinnovata e ancora più libera ed attiva di prima. A lei e a tutti i suoi colleghi: NON MOLLATE! Auguri di buon natale.

  4. Salvatore Obinu
    domenica, 1 Gennaio, 2012 at 19:21

    Cara Professoressa De Monticelli,

    preciso e sentito il suo articolo articolo su “Il Fatto quotidiano”. Niente da dire in più, se non grazie.
    Trovo invece difficilissimo credere che fior di Docenti, tra cui anche qualcuno che aveva ricoperto a lungo alti incarichi politici e amministrativi, per dieci anni di sèguito non si sia accorto di niente, fino al funesto colpo di pistola che finalmente ha aperto gli occhi a tutti.
    Davvero possiamo credere a una cosa del genere?
    Molti cordiali saluti e Buon anno.

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