L’INTERESSE DI MILANO Non si sono sentite molte riflessioni sul significato, per Milano, della crisi finanziaria del San Raffaele. Eppure non sono pochi i temi di riflessione suggeriti da questa triste vicenda. La grave situazione di insolvenza è anche una crisi della città nella misura in cui il San Raffaele è uno dei suoi punti di eccellenza e di vitalità economica: fornisce buoni servizi sanitari, con punte di altissima qualità; gode di un`alta .reputazione nazionale e, in alcuni casi, internazionale; è creatore di lavoro qualificato; fa ricerca seria; è uno di quei luoghi che gli economisti dell`Ottocento chiamavano «depositi di conoscenza»; è motivo di orgoglio e reputazione per chi ci lavora e per la città. Milano ha dunque un grande interesse a che la crisi finanziaria non travolga e umili questo importante bene comune. Questo interesse è accentuato dal fatto che il San Raffaele non nasce nel deserto ma nell`ambito della buona sanità lombarda. Molte delle sue eccellenze non si sono formate al San Raffaele ma in altri ospedali pubblici dai quali sono state strappate da don Verzé offrendo condizioni economiche e un ambiente di lavoro che gli ospedali pubblici non potevano assicurare. Il San Raffaele è dunque anche il risultato di una politica sanitaria lombarda che ha, intenzionalmente, punito la sanità pubblica. (…) (continua)
Marco Vitale, dal Corriere della Sera di mercoledì 27 luglio
« (…) Questo interesse è accentuato dal fatto che il San Raffaele non nasce nel deserto ma nell`ambito della buona sanità lombarda. Molte delle sue eccellenze non si sono formate al San Raffaele ma in altri ospedali pubblici dai quali sono state strappate da don Verzé offrendo condizioni economiche e un ambiente di lavoro che gli ospedali pubblici non potevano assicurare. Il San Raffaele è dunque anche il risultato di una politica sanitaria lombarda che ha, intenzionalmente, punito la sanità pubblica. (…) ». Leggo e rileggo questa frase davvero stupefacente nella sua sciolta franchezza. Se è vera, salvato (si spera) ciò che di buono c’è nel San Raffaele, dovrebbe indurre a riflettere sul carattere spregiudicatamente ideologico della sua missione, emblematico di un certo modo d’intendere la “libertà d’impresa” (anche “sociale”) italiana. Forse certo “pubblico” ha il “privato” che si merita. Ma è sostenibile anche il contrario.
Stupefacente, sì. E ancor di più lo è che solo Stefano lo abbia portato a livello di coscienza, e abbia reagito. Ricordo che ho avuto un trasalimento anch’io – e ho dimenticato subito.
È un esempio del fenomeno più inquietantedi questi anni – e di questi mesi. Mentre il rombo del temporale se ne sta acquattato sulla rete – ma esploderà, se Dio vuole! – ecco, tutti noi ci sentiamo dire le cose più grottesche, e non battiamo neanche più ciglio. Uno apre uffici ministeriali a Monza, l’altro invente una legge che neppure Ubu Roi avrebbe potuto concepire, la legge allunga-processi, un terzo commenta registrazioni giudiziarie con la propria voce dentro che dirige operazioni di esazione illecita di denaro e non trova di meglio che dire “basta fango”.
Restando al San Raffaele: ma perché noi docenti, perché gli studenti, non lanciamo insieme un appello a distinguere, dato che l’Università non ha a che vedere con la rovina della Fondazione, e viceversa? Perché non proviamo – voglio dire, altri più autorevoli di me non provano, perché in me è fortissimo – l’istinto di salvare almeno l’onore?