Non sarà questa pagina enigma minore
di quelle dei Miei libri sacri
o delle altre che ripetono
le bocche inconsapevoli,
credendole d’un uomo, non già specchi
oscuri dello spirito.
Io che sono l’È, il Fu e il Sarà
accondiscendo ancora al linguaggio
che è tempo successivo e simbolo.
Chi gioca con un bimbo gioca con ciò che è
prossimo e misterioso;
io volli giocare coi Miei figli.
Stetti fra loro con stupore e tenerezza.
Per opera di un incantesimo
nacqui stranamente da un ventre.
Vissi stregato, prigioniero di un corpo
e di un’umile anima.
Conobbi la memoria,
moneta che non è mai la medesima.
Il timore conobbi e la speranza,
questi due volti del dubbio futuro.
Ed appresi la veglia, il sonno, i sogni,
l’ignoranza, la carne,
i tardi labirinti della mente,
l’amicizia degli uomini,
la misteriosa devozione dei cani.
Fui amato, compreso, esaltato e sospeso a una croce.
Bevvi il calice fino alla feccia.
Gli occhi Miei videro quel che ignoravano:
la notte e le sue stelle.
Conobbi ciò ch’è terso, ciò ch’è arido,
quanto è dispari o scabro,
il sapore del miele e della mela
e l’acqua nella gola della sete,
il peso d’un metallo sul palmo,
la voce umana, il suono di passi sopra l’erba,
l’odore della pioggia in Galilea,
l’alto gridio degli uccelli.
Conobbi l’amarezza.
Ho affidato quanto è da scrivere a un uomo qualsiasi;
non sarà mai quello che voglio dire,
sarà almeno la sua eco.
Dalla Mia eternità cadono segni.
Altri, non questi ch’è il suo amanuense, scriva l’opera.
Domani sarò tigre fra le tigri
e dirò la Mia legge nella selva,
o un grande albero in Asia.
Ricordo a volte e rimpiango l’odore
di quella bottega di falegname.
Jorge Luis Borges (Buenos Aires 1899 – Genève 1986)
Papa Francesco, Jorge Mario Bergoglio, commentava questi versi ai suoi studenti a Buenos Aires alla presenza del poeta,Borges, appositamente invitato.
Ritengo che il “Verbo incarnato” sia l’argomento che ha sempre affascitato gli artisti di tutti i tempi: nella musica Mozart ” Et incarnatus est”, nella pittura Tiziano “L’Annunciazione” in San Salvator a Venezia.
Qui senti che “non è più la terra, anche se non è ancora il cielo”.
la cosa più commovente che traspira da questi bellissimi versi è l’inspiegabile tenerezza e nostalgia che Dio ha degli uomini
Misteri della memoria. Come giustamente dice il poeta: “conobbi la memoria/ moneta che non è mai la medesima”. Il post è a mio nome, lo feci io 6 anni fa. Ma non ricordavo una sola riga di questa poesia, e meno che meno di averla letta, amata e condivisa. Dalla Tua eternità cadono segni: sarà questo il segno che l’ora di ritirarsi è giunta? “Altri, non questi che è il suo anmanuense, scriva l’opera”.