Un bell’articolo di Gloria Origgi sulle elezioni in Brasile, dove i protagonisti sono tutti di sinistra, e che contiene anche una riflessione sul linguaggio e l’eventuale “performatività” in senso lato di “espressioni di sinistra”.
Lo sguardo di chi arriva dalla vecchia e perfida Europa delle identità nazionali, dell’aziendalizzazione di scuole e ospedali, del mercato onnipresente che soffoca qualsiasi ideale, qualsiasi slancio, è incredulo: seduta davanti alla televisione giovedì 23 settembre per il terzo dibattito elettorale, mi trovo davanti a quattro, ben quattro candidati alla presidenza del Brasile tutti di sinistra! È mai possibile? Forse ho sbagliato canale e sto guardando la telenovela delle otto di sera di RedeGlobo, quella che fa sognare più di 100 milioni di brasiliani ogni giorno… ma no: è proprio la diretta dall’università cattolica di Brasilia e sono proprio loro che sfilano, Dilma Rousseff (PT, Partito dei Lavoratori, e soprattutto partito di Lula), José Serra (PSDB, Partito Socialdemocratico Brasiliano), Marina Silva (PV, Partito Verde) e addirittura il vecchio Plinio de Arruda Sampaio, ottant’anni di militanza socialista, ora candidato del PSOL, Partito del Socialismo e della Libertà, nato nel 2004 da un gruppo di dissidenti del PT che erano stati espulsi dal partito (continua).
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