Nel giorno dell’approvazione da parte del Senato del Ddl Gelmini di riforma dell’Università, riceviamo e volentieri pubblichiamo, di Tommaso Greco (Università di Pisa) questo (quasi) manifesto per un’Università che non si vergogna. L’articolo ci è stato inviato a seguito della pubblicazione di quello di Roberta De Monticelli: Scene di ordinaria Università. Qualche appunto sul reclutamento universitario.
Per chi volesse aderire, qui si trova l’elenco dei firmatari e i contatti.
Ormai da molti anni l’Università italiana mostra segni di difficoltà; per questo è oggetto di interventi della più diversa natura, spesso presentati come ‘riforme’, più o meno organiche. Chiunque rivesta posizioni di responsabilità in questo campo, appena nominato, dichiara di voler intraprendere un percorso che porti ad un rinnovamento, e in particolare al superamento di un sistema giudicato ‘vecchio’, inefficiente, improduttivo, malato.
Noi non vogliamo difendere a priori l’Università, presente o passata. Tutt’altro. Sono molti i mali che affliggono questa istituzione ed è necessario intervenire in modo sistematico e deciso. Tuttavia chi vuole mettere mano a questa terapia deve dimostrare di volere costruire e non solo distruggere anche quel che c’è di buono. Non ci si può limitare a togliere ogni risorsa impedendo persino di sopravvivere.
Negli ultimi anni si sono susseguiti interventi confusi che hanno azzerato le risorse, reso sempre più incerto il quadro normativo, bloccato il rinnovamento della classe docente. L’Università invecchia, chi insegna non può studiare, chi studia non potrà insegnare. Di fronte ad interventi che non è esagerato definire “violenti” (nelle loro conseguenze sulle persone, se non nelle loro intenzioni), l’Università ha reagito con un silenzio assordante. Forse sbigottita, probabilmente in attesa di un chiarimento, sembra vivere nella fiaba “I vestiti nuovi dell’imperatore”, dove nessuno dice ciò che vede per paura di passare per stupido.
Un motivo di questo silenzio è probabilmente dovuto ad una sorta di “vergogna” che il corpo docente prova di fronte al Paese, a causa di alcune realtà deprecabili di fronte alle quali tutto sommato non ha saputo reagire: di questo silenzio, certamente, bisognerebbe un po’ vergognarsi.
In un momento critico per tutti è però forse arrivato il momento di dire forte e chiaro che una parte dell’Università italiana non vuole restare in silenzio. Non si vergogna di quello che fa ed è orgogliosa di svolgere onestamente il proprio lavoro. Il nostro modo di contribuire ad invertire la rotta è quello di produrre risultati di qualità sia nell’attività didattica sia nell’attività di ricerca. Noi non ci vergogniamo di resistere. Continuiamo a studiare, a ragionare, ad insegnare.
Vogliamo dare il nostro contributo al rinnovamento cominciando a non lasciarci coinvolgere nel gioco del silenzio. Non siamo più disposti a tollerare interventi che portano verso l’annullamento del sistema formativo universitario e sviliscono la dignità di chi ci lavora, deprimendo ulteriormente ogni speranza di futuro per chi ancora decide di investire nello studio.
Crediamo che per rilanciare il Paese sia necessario che ognuno cerchi di ritrovare la dignità del proprio ruolo e il senso della propria missione, e perciò siamo disposti a collaborare per cambiare l’Università pubblica, purché si parta dal presupposto di volerne valorizzare appunto il ruolo e la missione, rispettando chi cerca, spesso con sacrificio, di raccogliere risultati che, nonostante tutto, sono ancora significativi. È venuto il momento di reagire ai colpi di mano di chi vuole distruggere l’Università senza riformare nulla.
Altri contributi su questo argomento sono disponibili su Pisanotizie.
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