Riceviamo e volentieri pubblichiamo l’articolo di Claudio Ciancio (Università del Piemonte Orientale), Mario Dogliani (Università di Torino), Federico Vercellone (Università di Torino) In difesa dell’Università. L’articolo ci è stato inviato a seguito della pubblicazione di quello di Roberta De Monticelli: Scene di ordinaria Università. Qualche appunto sul reclutamento universitario ed è stato inviato alla Presidenza della Repubblica lo scorso 23 luglio.
Qui è possibile leggere il testo della lettera di presentazione del documento.
«Il corpo accademico continua ad essere smarrito e silenzioso. È come un pugile frastornato: non reagisce ai colpi che vengono inferti all’Università – e dunque innanzi tutto a chi in essa vive e la fa vivere – da una campagna carica di disprezzo e di irrisione e da una serie di atti governativi devastanti (ampiamente condivisi, nella sostanza ispiratrice, anche dall’opposizione). Continua a subirli in silenzio, rannicchiato su se stesso. Non ha mai trovato le forme collettive di una reazione.
Qualcuno ha paragonato l’Università italiana di oggi alle Signorie del Cinquecento, che si rivolsero alle potenze straniere perché non sapevano risolvere i loro problemi. Ma l’immagine più propria è quella di una colonna di prigionieri stracciati e dagli occhi vuoti, che strascicano i piedi sotto il controllo di poche guardie armate.
Nel cap. 18 del Genesi si narra di come Dio si lasciò impietosire da Abramo promettendogli che avrebbe salvato Sodoma se si fossero trovati almeno dieci giusti. Il senso del racconto è chiaro: qualunque “luogo” può essere salvato da una minoranza. Anche l’Università, dove i giusti sono certamente più di dieci. La sanior pars del corpo accademico, però, non ci crede più. Le colpe per le malefatte di molti, nel corso almeno delle ultime generazioni, pesano come un macigno. È inutile nasconderlo. La paralisi politica di tanti studiosi di valore deriva da un senso di fatalità di fronte a un castigo collettivo percepito come inevitabile e, in fondo, giusto.
Ma chi ha finora giustamente operato non deve sentirsi oppresso e condannato irrimediabilmente all’impotenza da questo senso di colpa collettivo. E non deve nemmeno rassegnarsi a quelle componenti vili del mondo universitario che pensano basti piegarsi, come il giunco sotto la piena, perché nulla in sostanza muti. Con questa rassegnazione la miglior parte del corpo accademico – che non teme nessuna valutazione e nessun confronto scientifico – legittima le ragioni del disprezzo di cui esso è investito, e contribuisce con le sue stesse mani a corrompere la figura dell’Università italiana di fronte alla comunità scientifica internazionale. La prima internazionalizzazione che noi stessi avalliamo è quella del nostro disprezzo. (continua)»
Scarica l’intero articolo di Claudio Ciancio (Università del Piemonte Orientale), Mario Dogliani (Università di Torino), Federico Vercellone (Università di Torino) in formato Pdf.
Segnaliamo l’articolo di Guido Crainz, docente di Storia contemporanea nella Facoltà di Scienze della comunicazione dell’Università di Teramo, uscito ieri, mercoledì 28 luglio, su Repubblica: Università, la lunga storia di una catastrofe, ripreso dal sito Libertà e giustizia.