L’Osservatore Romano del 28 maggio 2010 ospita una pagina su Dietrich von Hildebrand: un testo di Cristiana Dobner per ripensare il rapporto tra personalismo hildebrandiano e La trasformazione in Cristo; l’intervista concessa da Alice von Hildebrand, seconda moglie del filosofo.
Sulla weekly English Edition della prossima settimana lo speciale in inglese.
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di Lodovica Maria Zanet
Correva l’anno 2004 e negli Stati Uniti nasceva il Dietrich von Hildebrand Legacy Project: un centro di studio e di ricerca che avesse la finalità prima di far conoscere la straordinaria figura di quello che a detta di molti – oggi – sarebbe “il maggior filosofo cattolico del Novecento”. L’idea viene al figlio di uno degli studenti americani di Hildebrand, John Henry Crosby. Questi riesce, giovanissimo, a raccogliere il consenso di alcuni grandi studiosi di fama mondiale. Con l’idea di portarli a un confronto con la proposta speculativa di questo singolare filosofo, tedesco di famiglia, fiorentino di nascita, austriaco per adozione nei difficilissimi anni del regime nazionalsocialista di cui fu primissimo oppositore in Europa; quindi prima svizzero, poi francese e infine americano, al termine di una lunga quanto dolorosa peregrinazione per un’Europa in crisi, nella quale la libertà di pensiero era allo stesso tempo un bisogno vitale e un traguardo reso sempre più difficile dalle circostanze storiche. Dietrich von Hildebrand uomo del suo tempo è riuscito per prima cosa a saldare una personalissima ricerca di verità e la concretizzazione di questa verità nella vita: nel cuore, centro della persona dal quale si originano le decisioni che “fanno” una vita; e nel quale anche la verità diventa verità tangibile, “sentita” e “vissuta” ben prima che professata attraverso un gioco di concetti tanto forse erudito quanto in realtà sterile. Come John Henry Crosby ha detto al termine di una serrata intervista, il Legacy Project non si vuole limitare a raccontare chi sia Dietrich von Hildebrand, o a ottenere un esplicito assenso alla sua filosofia. Vuole, all’opposto, risvegliare nell’interlocutore la prontezza di una presa di posizione personale: di una presa di posizione efficace nella sola misura in cui libera. Per John H. Crosby la verità ha una sua forza trasfigurante a patto che sia “vera”: testimoniata nei fatti, e vissuta nella consapevolezza di un’intelligenza non certo sminuita, ma illuminata e perfezionata dal decisivo contributo della fede. Testimone del tutto unica di questa riflessione esistenziale attestata da Von Hildebrand è la moglie Alice: nessuno come lei avrebbe potuto raccontare, partendo dalla concretezza di una vita condivisa, chi Dietrich sia stato e quale impatto la sua filosofia oggi possa avere su ciascun uomo pensante del nostro tempo.
Dietrich von Hildebrand persona del suo tempo e maestro per l’oggi?
Sì. Tuttavia non si può comprendere chi sia Dietrich von Hildebrand, mio marito, senza ripercorrere, almeno per tappe, i momenti cardine della sua vita. Una vita che inizia a Firenze, nella casa paterna dove Dietrich viene al mondo nell’autunno del 1889: una “dimora perfetta” – l’ex convento francescano dedicato a San Francesco di Paola – acquistato dal padre di Dietrich e trasformato in dimora di famiglia. I von Hildebrand sono una famiglia circondata dalla bellezza: dal culto per la bellezza artistica in tutte le sue possibili forme.
Bellezza artistica, bellezza dell’anima? Quale impatto ha avuto questa bellezza sull’animo di Dietrich?
La famiglia di Dietrich viveva di un “raffinato paganesimo”. Una casa di non-praticanti. Nessuno – salvo il giovane von Hildebrand che arriva però dopo cinque sorelle ed è quindi considerato il piccolo di famiglia – è religious minded. Un episodio tra tutti lo illustra in modo meraviglioso.
Vale a dire?
La conversazione che ebbe con una delle sorelle maggiori all’età di quattordici anni. I due giovani prendono posizione in modo radicalmente diverso circa il senso del mondo e della vita. Per la sorella tutto è relativo: parlare di una verità come “della” verità non ha senso. Agli occhi di Dietrich questo relativismo assume i tratti di una provocatoria inconsistenza. Si inizia a delineare la sua anima credente, che si tradurrà a distanza di alcuni anni nella conversione al cattolicesimo.
Che cosa significa credere? Come si può attestare nei fatti la propria fede?
Credere significa per prima cosa credere che Dio esiste. E che Gesù Cristo è perfetto Dio e perfetto uomo. Vuol dire radicarsi nella tradizione e nel magistero della Chiesa. E vivere quanto creduto e proclamato. Da questo punto di vista, l’incontro di von Hildebrand con l’amico Max Scheler è determinante. Scheler è sì credente, ma la sua vita è spesso lontana dalla Chiesa.
Una coerenza che in von Hildebrand parrebbe invece brillare.
Sì. Anche e soprattutto nei momenti in cui per mantenersi fedele al magistero della Chiesa gli è stato necessario prendere le distanze dal proprio modo di pensare. In questi casi la risposta è sempre stata esemplare: un gioioso passo indietro rispetto alla propria soggettiva opinione.
Dietrich filosofo cattolico, che pare oggi dimenticato. Le ragioni?
Ha dovuto più volte ripartire da zero. Attivo oppositore dei totalitarismi novecenteschi, ha peregrinato attraverso moltissimi Paesi. Ogni volta, i suoi manoscritti e i suoi appunti andavano persi. Ricostruiva dalla povertà più totale. Non si è mai imposto come “grande nome”; si è invece reso presente attraverso il vivo di alcuni incontri. Ha sempre iniziato a incidere sul contesto in cui si trovava: studenti, colleghi, amici. Lasciando un segno e portandone molti alla conversione.
Si direbbe che in Dietrich verità e amore procedano in una inscindibile unità.
Veritas et amor si co-appartengono. Se la verità resta astratto gioco di concetti è sterile. La verità deve diventare vita.
Cuore “centro della persona”?
Certo. Nel rispetto però di una ben precisa gerarchia di valori e di beni. Non tutto sta sullo stesso piano: alcune cose – si pensi al comandamento nuovo dell’amore – ne precedono altre. Alcune seguono. Altre ancora devono essere rifiutate in modo esplicito.
Un motto per concludere? Un lascito che diventi mandato?
Joy in faith, la gioia nella fede e della fede. Il cristiano si riconosce dalla gioia. Una cosa che non ha certo impedito a Dietrich von Hildebrand di essere pensatore serio e rigoroso: un filosofo al cento per cento.
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