Lo scorso 28 ottobre il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge di riforma dell’università voluto dal ministro Maria Stella Gelmini (leggi le linee ispiratrici). Molti i commenti autorevoli seguiti (tra i più recenti, quello di Daniele Checchi e Tullio Jappelli, su La selezione del docente, on line su LaVoce.info).
Ben prima di questo passaggio istituzionale, quando tra polemiche e proteste era stato varato dal Governo, il 1 settembre 2008, il decreto legge Disposizioni urgenti in materia di istruzione e università, un Gruppo di Lavoro dell’Università Statale di Milano aveva steso e inviato al Ministro, il 30 marzo 2009, una proposta di riforma che, nonostante alcune novità interessanti contenute nel Ddl, ha ancora, credo, validità e attualità.
Il principale problema della versione del Disegno di legge di riforma passata in consiglio dei ministri, a mio personale giudizio, resta purtroppo la vaghezza. Ci sono molti principi condivisibili, che però non sono allo stato sostanziati da meccanismi di implementazione credibili.
1) L’abilitazione, per come è concepita, promette di essere un sistema todos caballeros, in cui difficilmente qualcuno si prenderà l’onere di non concedere il via libera a persone che rischierebbe poi di ritrovarsi colleghi in seguito. A ciò si sarebbe potuto ovviare o ponendo un numero chiuso alle abilitazioni o almeno rendendo i giudizi di abilitazione pubblici ed individuali, tali per cui ciascun membro della commissione si prendesse la responsabilità pubblica di fronte ai colleghi del proprio giudizio, senza annegare la responsabilità in un giudizio collettivo senza padri.
2) Il concorso di reclutamento è sostanzialmente un atto di libera cooptazione dei dipartimenti (come di fatto è sempre stato), e può funzionare solo se gli incentivi ad assumere docenti validi funzionano bene. Purtroppo al momento tali incentivi sono solo nominati astrattamente (premiare le università che vengono meglio valutate dall’Anvur, l’Agenzia di valutazione delle università italiane, con maggiori fondi), ma senza una comprensione più precisa di tali criteri (su cui, c’è da scommettere, ci saranno scontri pesanti), della percentuale dei fondi così distribuiti e dei fondi complessivi a disposizione il tutto è poco più che aria calda.
3) Un ulteriore problema è l’estrema concentrazione dei poteri nelle mani dei soli professori ordinari, che sono più che mai i veri padroni del sistema a livello sia di governance che di procedure concorsuali.
4) Vi è poi l’esplicita e ripetuta pretesa di fare questa riforma a costo zero. A questo proposito, credo sia molto indicativo che per la prima volta siano state esplicitamente previste procedure di commissariamento in caso di default universitari. Anche se l’idea di ridurre il numero dei corsi di laurea ed anche delle sedi universitarie ha le sue buone ragioni, sembra che l’intenzione sia quella di forzare questo processo sulla sola base dei default finanziari.
5) Un ultimo serio problema concerne i tempi di attuazione e transizione al nuovo sistema. Dalla tempistica prevista si evince che il nuovo sisema potrebbe essere in piedi al più presto a 18 mesi dall’approvazione, dunque, volendo essere ottimisti sui passaggi in aula, tra due anni. Da quel momento cominceranno a funzionare, nel migliore dei casi possibili, gli incentivi economici alla qualità, le procedure di abilitazione e poi di reclutamento. Questo significa che prevedibilmente niente cambierà per i prossimi tre anni almeno. Nel frattempo il sistema è già al collasso finanziario e didattico, a causa dei tagli operati dalla legge 133/2008 e dal blocco del turnover. Se non si riesce a guidare in modo illuminato questo periodo di transizione, alla fine non ci sarà alcun sistema accademico da riformare.
Sarebbe interessante, credo, che chi in Università lavora si assumesse la responsabilità d’intervenire in questo dibattito. Prima che il Ddl, riceva l’ultimo e definitivo via libera dal Parlamento. Chi fosse interessato, in calce può scaricarsi, in formato Pdf, il testo della proposta che il Gruppo di lavoro dell’Università Statale di Milano inviò al ministro Gelmini e, tra gli altri, al presidente della Conferenza dei Rettori (Crui), Enrico Decleva.
Scarica la proposta del Gruppo di lavoro dell’Università Statale di Milano (in formato Pdf)
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